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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL KENYA IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 20 febbraio 1988

 

Cari fratelli Vescovi.

1. Il significato spirituale della vostra visita “ad limina”, che è un ritorno alle tombe dei beati apostoli Pietro e Paolo, ci offre una meravigliosa opportunità di confessare ancora una volta insieme la fede che ci unisce e che ci è stata tramandata dagli apostoli, testimoni privilegiati di quanto Gesù disse e fece “incominciando dal Battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo” (At 1, 22). È per noi occasione di sperimentare l’intensa gioia della particolare comunione fraterna e apostolica che ci unisce nel Collegio dei successori di quei primi testimoni, al cui posto siamo stati nominati.

Miei cari fratelli, in questa gioia e unità del cuore e della mente vi accolgo e saluto cordialmente. Alla vostra presenza io sento presente l’intera Chiesa del Kenya, i suoi sacerdoti, religiosi e laici. Rendo grazie a Dio per la grazia e la santità di vita che continuamente accorda a coloro che lo cercano con cuore sincero, per la vitalità delle vostre Chiese locali, per l’amore che unisce ed edifica l’intera comunità di fede nel vostro Paese.

2. Nel corso del mio ministero apostolico nella sede di Pietro, ho già avuto diverse occasioni di rivolgermi a voi, pastori della Chiesa in Kenya. Ricordo con grande piacere le due visite nel vostro Paese: la prima nel 1980 e la seconda in occasione del 43° Congresso internazionale eucaristico tenuto a Nairobi nel 1985. Ci incontrammo anche nella vostra precedente visita “ad limina”, nel dicembre del 1982. In queste occasioni ho cercato di compiere il compito a me affidato nella Chiesa: incoraggiarvi e confermarvi nella fede, rafforzarvi nell’unità, nell’amore e nella comunione con tutto il Corpo di Cristo.

Sono pienamente consapevole della vostra generosa dedizione al vostro ministero episcopale, alle necessità del vostro compito profetico, sacerdotale e pastorale nelle diocesi affidate alla vostra cura. Imploro Dio di sostenervi in questo servizio ecclesiale, per il bene spirituale e integrale di coloro che voi guidate nel nome di Cristo, a vantaggio di coloro che ancora non credono nel messaggio evangelico e per il bene delle future generazioni di kenioti che avranno anch’essi il diritto di ricevere da voi il dono della fede, autentico e completo. Come vostro fratello nel ministero apostolico, gioisco “al vedere la vostra condotta ordinata e la saldezza della vostra fede in Cristo” (Col 2, 5).

3. Oggi desidero accennare brevemente ad alcune delle principali questioni del vostro ministero, particolarmente in vista del centesimo anniversario dell’evangelizzazione del vostro Paese che cominciò con l’arrivo dei missionari Spiritani nel 1889, seguiti presto da altri discepoli di Cristo, uomini e donne. Un tale anniversario è un ottimo punto di osservazione da cui considerare quanto è stato fatto per costruire e consolidare “la casa di Dio” (1 Tm 3, 15) in mezzo a voi.

I vostri seminari e le case religiose di formazione sono piene. Il Kenya oggi può contare su molti candidati al sacerdozio e alla vita religiosa. Questa è una grande benedizione del Signore per tutta la Chiesa. È una situazione che suscita gratitudine verso il “padrone della messe” che desidera mandare dei lavoratori nella sua vigna (cf. Lc 10, 2). E questo richiede attenzione e adeguate iniziative da parte vostra e da parte delle Congregazioni religiose per quanto riguarda la scelta e la formazione dei candidati. La recente introduzione di un “anno spirituale” prima dell’inizio degli studi di filosofia è un’indicazione del vostro desiderio di fare tutti i passi necessari per garantire che i vostri futuri sacerdoti abbiano il tempo necessario e l’opportunità per maturare la loro consapevolezza della vocazione e la loro risposta per amore di Cristo.

Il futuro della Chiesa in Kenya dipende in modo particolare dalla vita e dal ministero dei suoi sacerdoti. A loro volta, essi saranno propriamente formati per il loro ministero se i vostri seminari offriranno loro una intensa e completa formazione spirituale, intellettuale e umana, specialmente in relazione al generale crescente livello dell’educazione del Paese. Direttori e insegnanti del seminario devono essere acutamente consapevoli dell’importanza del loro lavoro, e devono ricevere il pieno incoraggiamento e sostegno della Chiesa locale. Devono ovviamente essere scelti tra i migliori ed essere adeguatamente preparati al loro compito (cf. Optatam Totius, 4.5). I vescovi devono resistere alla tentazione di conservare i preti migliori “per quei compiti che, sebbene di più grande significato all’apparenza, non possono in alcun modo essere paragonati con quello del seminario, che è fondamentale e indispensabile” (Pii XI, “Ad Catholici Sacerdotii”, die 20 dec. 1935: AAS 28 [1936] 37).

4. I seminaristi hanno bisogno dell’attenzione personale di uno staff esperto, specialmente riguardo alla loro più profonda formazione spirituale. Hanno bisogno di insegnanti e direttori che sappiano creare un clima di mutua fiducia, amicizia e apertura dentro la comunità del seminario, essenziale per lo sviluppo di un giusto atteggiamento di rispetto e obbedienza all’autorità, nel modo richiesto dal Vangelo e fortemente riaffermato dai decreti conciliari. Una comunità salda in seminario aiuta nello sviluppo delle virtù cristiane e nello stile di vita sacerdotale. In particolare contribuisce a stabilire un ben fondato apprezzamento e pratica della castità. Sarebbe ingiusto verso gli individui coinvolti e verso la comunità ecclesiale presentare all’ordinazione dei candidati non sufficientemente qualificati spiritualmente e intellettualmente. Per quanto urgenti siano le necessità di una diocesi, deve essere rispettato il principio conciliare che in ogni selezione e prova dei seminaristi, devono essere sempre fermamente rispettati dei criteri necessari (cf. Optatam Totius, 6). Vi esorto, cari fratelli Vescovi, a fare di questa una delle priorità assolute nel vostro impegno comune.

Attraverso di voi invio un cordiale saluto ai vostri sacerdoti kenioti e ai molti missionari, sacerdoti e religiosi, impegnati nel lavoro di formazione. La mia stessa esperienza di insegnamento mi fa comprendere le loro speranze e il loro profondo impegno, come anche le difficoltà che accettano di buon grado per l’edificazione del Corpo di Cristo, la Chiesa. Spero che tutti voi siate convinti della centralità di questo compito.

5. I vescovi sono chiamati a stabilire uno speciale rapporto di amicizia e fiducia con tutti i loro sacerdoti, che sono i più vicini e reali collaboratori nel ministero pastorale. La pace e il bene di una diocesi, così come la sua energia e il suo zelo, dipendono in larga misura dall’esistenza di un positivo rapporto tra il Vescovo e i sacerdoti e i religiosi (cf. Christus Dominus, 16).

Voi, più di tutti, conoscete la bontà e l’impegno dei vostri sacerdoti. Voi conoscete anche le difficoltà che affrontano quando certi fattori culturali e sociali si scontrano con la dottrina cristiana o le esigenze del sacerdozio cattolico. Talvolta essi sono privi di sostegno fraterno perché devono vivere soli e lontani gli uni dagli altri. L’esperienza dimostra che c’è un solo reale ed efficace rimedio: una profonda fede personale, alimentata da una costante preghiera, e uno stile di vita fondato sulla donazione di sé, e sull’umiltà, nel tentativo di identificarsi sempre più pienamente con Cristo, il sommo sacerdote che offrì se stesso senza macchia a Dio (cf. Eb 9, 11-14). Per questo motivo ogni cosa che fate in collaborazione con gli altri e con le comunità religiose, per sostenere e aumentare la crescita spirituale e la comunione fraterna dei sacerdoti che lavorano nelle vostre diocesi, è un meraviglioso servizio a loro e alla Chiesa.

6. Per la loro vita e il loro ministero, i sacerdoti e i religiosi nel vostro Paese hanno un compito e una responsabilità speciale nell’“incarnazione” del Vangelo nella cultura del popolo che essi servono. La Parola di Dio è diretta a tutte le culture, e il lavoro da compiere è di tradurre il deposito della fede, nella sua originalità e senza tradimenti, nella legittima varietà di espressioni presenti presso i vari popoli del mondo. L’inculturazione non è semplice assimilazione di costumi locali, espressioni o prospettive nella vita della Chiesa. Essa deriva soprattutto dall’autentico potere del Vangelo di trasformare, purificare ed elevare il genio e i valori di ogni cultura.

Una volta che gli elementi di una particolare cultura siano visti fedelmente conformarsi alla rivelazione così com’è posseduta e trasmessa dalla Chiesa, essi potranno venire incorporati nel culto, nella vita e nel ministero della comunità ecclesiale. C’è sempre bisogno di un autentico discernimento che è soggetto al carisma pastorale affidato al magistero dei Vescovi.

7. Ricordare l’importante ruolo dei catechisti e degli insegnanti cattolici nell’evangelizzazione del vostro Paese vuol dire qualcosa di evidente per voi che lavorate con loro ogni giorno e da loro dipendete nel vostro ministero pastorale. Sono consapevole dei molti sforzi che fate per dare loro la formazione e il sostegno necessari. A tutti loro mando un saluto speciale nel Signore, e gli chiedo di rafforzare la loro fede e sostenerli nel consolidare le comunità cristiane in cui lavorano. Oggi c’è bisogno anche di una migliore catechesi degli adulti, per quanti si avvicinano alla fede per la prima volta e per i fedeli in generale che sono chiamati a vivere la loro vita cristiana in un mondo sempre più complesso e talvolta secolarizzato. La difesa della famiglia cristiana, il sostegno della dignità della persona umana di fronte a vecchie e nuove forme di violenza contro l’immagine di Dio in ogni individuo, compreso il bambino non ancora nato, sono gravi provocazioni che richiedono l’unità e la collaborazione tra clero e laicato. Sono anche aree in cui può portare benefici risultati uno spirito di collaborazione ecumenica con i membri di altre Comunità cristiane e un dialogo con i seguaci di altre tradizioni religiose.

Nello spirito del recente Sinodo dei vescovi sui laici, la Chiesa è chiamata a incoraggiare l’impegno dei laici a tutti i livelli, nelle parrocchie, attraverso le organizzazioni laicali e aiutando i laici ad assumere il proprio ruolo di responsabilità nelle attività della Chiesa. Molto è già stato fatto in questo campo, e voi avete manifestato la vostra intenzione di continuare su questa strada nelle vostre Chiese locali, cercando di incrementare la formazione dei laici per i loro compiti specifici, ecclesiali e sociali. Non esitate a promuovere la formazione di leaders cattolici capaci di assumere un ruolo preminente nella vita pubblica e culturale del vostro Paese. Per raggiungere questo scopo, avete a Nairobi l’Istituto Superiore Cattolico dell’Africa orientale, che ho avuto la gioia di inaugurare durante il Congresso eucaristico internazionale del 1985. L’Istituto offre inesauribili risorse per l’educazione dei leaders laici, e anche per tutta la vita spirituale ed ecclesiale delle vostre Chiese locali che stanno crescendo. Vi esorto a portare a compimento i molti progetti che avete in mente per il continuo miglioramento dell’educazione cattolica.

Da questo punto di vista è confortante sapere che viene data più attenzione alla presenza dei cattolici nei mass-media, e che state per dare risposta al bisogno di un giornale cattolico. I promotori di queste iniziative devono muoversi per il desiderio sincero di servire il progresso reale e il bene dei loro concittadini.

8. Miei cari fratelli Vescovi: chi guarda allo stato della Chiesa in Kenya è subito colpito dal senso di impegno, il duro lavoro e la donazione di sé che caratterizza voi, Pastori, e i vostri collaboratori. Tanto avete fatto in questi cento anni! E sempre nuovi progetti vengono iniziati. Il progresso della Chiesa nella vostra terra è simbolizzato, in un certo senso, dalla creazione di quattro nuove diocesi negli ultimi quattro anni. Nairobi stessa è la sede di varie organizzazioni internazionali e regionali e degli uffici africani di varie organizzazioni cattoliche, le quali tutte saluto e incoraggio nelle loro attività.

Ma è soprattutto la profonda vita dello Spirito, la crescita in grazia e santità, che costituisce il vostro principale impegno. Dobbiamo rendere grazie umilmente a Dio per la sua grazia e la sua misericordia. Possiate voi mettere in atto con sempre maggior successo le parole che il Concilio ha rivolto ai Vescovi: “«Perseveranti nella preghiera e nel ministero della parola» (At 6, 4), pongano ogni loro impegno, perché tutti quelli che sono affidati alle loro cure siano concordi nella preghiera, e perché, frequentando i santi sacramenti, crescano nella grazia, e siano fedeli testimoni del Signore” (Christus Dominus, 15).

In questo anno mariano vi affido alla beata Vergine Maria. La sua intercessione e il suo esempio di discepola costituiscono una delle fonti più fruttuose di forza e ispirazione per i vostri e nostri fratelli e sorelle nella fede.

Vi prego di portare al vostro popolo i miei saluti e il mio amore nel Signore Gesù Cristo. Con la mia apostolica benedizione.

 

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