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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA PLENARIA DEL SEGRETARIATO PER I NON-CREDENTI

Sabato, 5 marzo 1988

 

Signori Cardinali,
cari fratelli nell’episcopato,
cari amici.

1. Sono felice di ricevervi nell’occasione dell’assemblea plenaria del Segretariato per i non-credenti, riunita sotto la presidenza del Cardinale Paul Poupard, che aveva come tema di riflessione: “Ideologie, mentalità e fede cristiana”.

Avete scelto questo tema per mettere a fuoco meglio il complesso fenomeno dell’ateismo, della non-credenza e dell’indifferenza religiosa e per scoprire le motivazioni profonde dell’uomo contemporaneo.

2. Le ideologie, nate dalle lotte sociali e dalle utopie atee del XIX secolo, manifestano ancora vigore in alcune zone del mondo, tuttavia esse tendono a ristagnare o indebolirsi, anche là dove godono di una posizione ufficiale. Di contro, un’ondata di secolarizzazione si è diffusa per tutto il mondo. Si manifesta nelle società consumiste nell’edonismo, il pragmatismo e la ricerca del successo, senza considerazione per le norme etiche, nel non riconoscimento del carattere sacro della vita. Tutto questo troppo spesso porta al relativismo morale e all’indifferenza religiosa. In sostanza, come bene dimostrano le vostre richieste, si può dire che ci sono meno atei dichiarati, ma più non-credenti, persone che vivono come se Dio non esistesse e che si collocano al di fuori della problematica fede-non credenza, essendo Dio come scomparso dal loro orizzonte esistenziale.

Nello stesso tempo, è apparso un nuovo tipo di mentalità neo-scientista, che tende a ridurre l’attività della ragione alla sola razionalità scientifica. In questa prospettiva riduttiva, il resto dell’attività umana non dipenderebbe perciò che dal sentimento. Ancora, l’atto di fede non sarebbe che un’opzione gratuita non fondata sulla ragione. La struttura ragionevole dell’atto di fede è così svalorizzata come un modo non pertinente di conoscenza simbolica, nell’ottica di una razionalità che si ritiene la sola attività spirituale rigorosamente “scientifica”.

3. Questa visione, che è abbastanza generalizzata negli ambienti scientifici e che impregna largamente di sé la mentalità popolare influenzata dai media, tende però a perdere la sua sicurezza. Questo perché il disinganno del progresso tecnologico è sempre più frequente. L’intervento dell’uomo sulla natura non rischia forse di provocare, a un ritmo accelerato, delle catastrofi ecologiche come quelle che i media ci hanno fatto conoscere negli ultimi anni? Per non parlare del pericolo di una esplosione termo-nucleare e dei rischi delle manipolazioni genetiche.

4. Davanti a questi interrogativi angosciosi, che rimettono in causa i postulati della mentalità scientifica e tecnologica, nuovi spazi si aprono per il dialogo tra la Chiesa e quella che già viene chiamata la post-modernità. Per la sua esperienza imparagonabile, per il suo messaggio universale, per la sua saggezza millenaria attinta alle fonti della rivelazione, la Chiesa è sempre più chiamata a proporre, in nome dell’antropologia che le è propria, la sua visione integrale dell’uomo, come persona libera e responsabile, a immagine e somiglianza di Dio. Essa si sforza di illuminare le molteplici iniziative che nascono dalla coscienza inquieta dei nostri contemporanei a favore della pace, del rispetto della natura, dello sviluppo integrale e solidale, dei diritti dell’uomo. Essa si sforza di dare un’anima ai cambiamenti culturali nel campo del pensiero, della creazione artistica e della ricerca scientifica. Di fronte ai mutamenti di un mondo sconvolto da una rivoluzione scientifica e tecnica senza precedenti, davanti alla non-credenza e all’immanentismo antropologico che ne sono spesso, di fatto, le conseguenze, la Chiesa non cessa di aprire le prospettive della trascendenza. Così, ella serve i genuini valori e impedisce che il progresso tecnologico si ritorca contro l’uomo.

Ecco quindi tutto l’interesse dei vostri incontri con i non-credenti, nello spirito del Concilio Vaticano II (cf. Gaudium et Spes, 12), per discutere con loro su che cosa sia veramente l’uomo, il suo vero bene, le esigenze di un autentico progresso umano, le condizioni della sua vita personale e sociale in armonia con la sua natura profonda. Voi l’avete fatto a Ljubljana e a Budapest. Lo farete ancora, in futuro.

5. Per quanto riguarda l’ateismo, la non-credenza e l’indifferenza religiosa, la Chiesa ha preso maggiore coscienza di questo grande dramma del nostro tempo e della sfida che esso rappresenta. Ma le vostre inchieste, mentre mostrano senza compiacimento la crescita dell’ateismo pratico, accompagnato spesso dal senso di angoscia e solitudine, rivelano nello stesso tempo il permanere nell’uomo del bisogno religioso e il suo rinascere anche là dove questa dimensione fondamentale dell’esistenza sembrava definitivamente nascosta e quasi sepolta sotto le occupazioni invadenti di una vita tutta materiale.

6. Anche nel cuore delle società più secolarizzate, sorge una nuova generazione di credenti, assetata di punti di riferimento etici e di valori religiosi permanenti, che cerca forme nuove per esprimere la fede: piccole comunità e grandi raduni, celebrazioni festive, pellegrinaggi, solida formazione biblica e teologica, gruppi di preghiera e di riflessione.

Questi uomini e queste donne, riuniti dall’amore di Cristo, danno ogni giorno viva testimonianza che ogni essere umano, in qualunque situazione sia, è amato personalmente da Dio, è personalmente chiamato a condividere la sua vita. Questo è il dialogo della vita dei credenti con i non-credenti. E questo dialogo è vitale.

7. Per l’uomo moderno, che spesso non crede più alla vita dopo la morte, avvolto nei fumi delle ideologie terrene che riducono i suoi desideri alle realtà visibili e tangibili, questi cristiani sono la viva testimonianza e la prova sperimentabile dell’amore e della speranza manifestati in Gesù Cristo morto e risorto. Quest’amore e questa speranza devono essere inscritti nel cuore e nella vita quotidiana dei cristiani che, nelle loro diverse realtà, devono mettere in pratica l’annuncio di liberazione delle beatitudini. Sono le comunità cristiane vive, i laici, i religiosi e le religiose, con i sacerdoti intorno ai Vescovi, a parlare in modo credibile all’uomo di oggi secolarizzato di una luce diversa dallo splendore delle cose visibili, di una gioia diversa dalla felicità terrena. In questo mondo del nichilismo, della solitudine e della frustrazione, la testimonianza delle beatitudini è estremamente importante: attraverso l’esperienza fraterna dell’oggi, apre alla speranza di un’altra vita, all’affermazione di un avvenire senza limiti: i cieli nuovi e la terra nuova in cui “non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate . . . E chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita” (cf. Ap 21, 4 e 22, 17).

8. Fratelli e amici, membri e consultori del Segretariato per i non-credenti, senza dimenticare i collaboratori del Segretariato a san Callisto, vi ringrazio del difficile lavoro che fate. Per la Chiesa oggi è necessario. Continuate a indagare la complessa realtà dell’ateismo contemporaneo, impressionante, sotto tutte le forme ed espressioni. Si tratta di un’opera di chiarificazione intellettuale e di sensibilizzazione pastorale. L’assemblea plenaria vi consente di conoscere meglio le preoccupazioni della Chiesa nei diversi ambiti culturali dove si trova ad affrontare la non-credenza. Vi trovate a incontrare molteplici esperienze di dialogo. Mi auguro che questi scambi di vedute siano di stimolo per tutti e permettano al Segretariato di svolgere meglio la sua missione di coordinamento e di iniziativa.

Continuate il dialogo con i non-credenti e con coloro che si presentano spesso sotto un’apparente indifferenza. Abbiate negli occhi e nel cuore ciò che ho affermato nell’enciclica Dominum et Vivificantem (cf. Dominum et Vivificantem, 56-57). In ogni uomo si svolge un dramma: o accoglie o respinge Dio, cedendo alle lusinghe del “padre della menzogna”. L’ateismo, nel cuore dell’uomo, non è anzi tutto l’effetto di una teoria più o meno capziosa, l’ateismo è una scelta. Una scelta nel profondo della coscienza, in un momento della vita. Chi può dire come è avvenuto che chi si dichiara indifferente sia giunto a disinteressarsi del senso della sua vita e del mistero della sua morte? Penso con angoscia a questi milioni di uomini e donne, e con speranza al dialogo perseverante dei cristiani con loro.

Cari amici, la fede cristiana ci fa vedere in ogni uomo un fratello, qualsiasi siano le sue convinzioni, un uomo che Dio chiama per nome e invita a vivere la sua vita, un uomo cui, in tanti modi diversi, Dio non cessa di offrire il suo amore. Di qui il carattere serio, drammatico del dialogo con il non-credente. Che il Signore vi permetta di svolgere il vostro compito, difficile e necessario, e di aiutare i membri della Chiesa in questo impegnati. In questo anno mariano, affido questa grave preoccupazione alla Vergine Maria, “colei che ha creduto” (Lc 1, 45).

Vi do la mia apostolica benedizione.

 

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