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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CONSIGLIO DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE

Venerdì, 6 maggio 1988

 

1. Ringrazio il Cardinale Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli per il devoto indirizzo rivoltomi, ed insieme a lui saluto monsignor presidente delle Pontificie Opere Missionarie i segretari generali, i consiglieri e tutti voi, direttori nazionali che rappresentate queste opere in tutto il mondo.

È per me motivo di gioia e di conforto questo annuale incontro, che mi riconferma tutto il vostro impegno per la dilatazione del Regno di Dio.

L’apostolo Pietro paragona i cristiani a “pietre vive”, impegnate per la costruzione del Regno di Dio (1 Pt 2, 5). Si, spetta a voi, spetta alle Pontificie Opere Missionarie, in quanto strumento privilegiato della cooperazione missionaria di cui dispongono il successore di Pietro e tutto il corpo episcopale in ogni Chiesa locale, contribuire efficacemente all’impresa grandiosa della edificazione del Regno del Signore, grazie alla quale si amplia “la stirpe eletta, il sacerdozio-regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui” (1 Pt 2, 9).

Sappiamo bene che il preziosissimo sostegno delle Opere Pontificie allo sforzo missionario della Chiesa non è solo di ordine economico, ma primariamente di ordine spirituale: esse, infatti, come dichiarano i loro statuti, “costituiscono . . . per ciascuna diocesi l’istituzione specifica e principale per l’educazione allo spirito missionario universale, per la comunione e la collaborazione interecclesiale, a servizio dell’annuncio del Vangelo (“Statuti delle Pontificie Opere Missionarie”, Roma 1980, I, 6).

In effetti, grazie al loro collegamento con il dicastero missionario esse sono in grado, più di ogni altro organismo, di stimolare ed eseguire a raggio mondiale quel lavoro organico di formazione e animazione di uno spirito autenticamente e profondamente cattolico, che costituisce la loro ragion d’essere; tale lavoro facilita l’aprirsi delle singole Chiese locali agli orizzonti della universale azione apostolica, e quindi, il crescere in esse di quella coscienza missionaria, da cui, sola, può scaturire una efficace cooperazione alla attività evangelizzatrice.

2. Se validissimo è stato il lavoro fino ad oggi realizzato, è tuttavia necessario compiere un ulteriore sforzo: tali e tante sono, infatti, le urgenze del mondo missionario, e così grave è il compito della evangelizzazione, che si deve fare ancora di più, dando sempre maggiore spazio, in maniera capillare e penetrante, all’opera di animazione, nel generale coinvolgimento di ogni categoria di fedeli: fanciulli, giovani, adulti, sacerdoti, religiosi, seminaristi, suore, ammalati, uomini e donne, in modo che spontanea e forte, come un’onda benefica e salutare, la collaborazione di tutti si riversi sull’impresa missionaria della Chiesa.

Tante, purtroppo, sono ancora le “pietre”; che nel mondo attendono di essere chiamate alla vera vita per edificare il Regno celeste!

Ma noi confidiamo nella potenza del messaggio evangelico: è Parola di Dio! È parola di verità e di vita! È parola che, con la grazia dello Spirito Santo, può dar vita anche alle “pietre” inerti! L’evangelizzazione, il cui nucleo è la proclamazione della buona novella, racchiude in sé una potenza soprannaturale, infinita ed inesauribile!

Le Pontificie Opere Missionarie cooperano a questa divina impresa nel modo loro proprio, mediante una illuminata ed organica strategia spirituale, diretta ad informare, formare, animare - scuotendole in profondità - le coscienze di tutti i cristiani, per renderli ferventi “collaboratori di Dio” (1 Cor 3, 9), evangelizzatori dei loro fratelli.

L’informazione e la formazione sono, peraltro, e non solo nel campo strettamente missionario, ma dell’educazione cristiana in genere, gli strumenti indispensabili per liberare il campo dai molti e gravi ostacoli che si oppongono al progresso del Vangelo e per promuovere la costruzione del Regno di Dio.

Occorre, pertanto, che i responsabili delle Opere Missionarie, coadiuvati da generosi cooperatori, in particolare dai volontari laici che lodevolmente vanno moltiplicandosi, facciano presso i fedeli innanzitutto una larga opera di “conferma” nella fede, perché il maligno non distrugga quanto lo Spirito Santo ha seminato.

È questo, cari fratelli e sorelle, il “mandato speciale” delle Pontificie Opere Missionarie, che l’anno passato ho voluto richiamare nel mio messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale: esse, dal centro della Chiesa evangelizzatrice in cui agiscono, debbono sviluppare questo formidabile lavoro di formazione-animazione missionaria, in modo che ogni cristiano pervenga ad acquisire il vero, genuino “sensus ecclesiae”, e si faccia per gli altri portatore di luce con la parola e la testimonianza, cooperando secondo le proprie possibilità ed il proprio stato alla diffusione del Vangelo.

3. È naturale che il vostro impegno si volga innanzitutto a coloro che del Popolo di Dio sono le guide e i maestri: i sacerdoti e i religiosi. Essi devono essere coinvolti in questo vasto movimento di sensibilizzazione delle coscienze; cominciando fin dai seminari, poiché qui si formano i sacerdoti. Scriveva il mio venerato predecessore Pio XII: “Noi desideriamo che nei seminari i candidati al sacerdozio acquistino una profonda conoscenza dei problemi missionari, conoscenza che è quanto mai idonea a fortificare la loro formazione sacerdotale e che inoltre riuscirà molto utile a preparare i seminaristi alle diverse funzioni ed attività cui ciascuno di essi verrà destinato secondo i disegni della Provvidenza” (Pii XII “Saeculo Exeunte”: AAS 32 [1940] 254).

Ebbene, si faccia in modo che ogni seminario divenga un vero cenacolo di fervore missionario; qui il candidato al sacerdozio apprenda, anche mediante l’insegnamento della teologia orientata in tal senso, che il sacerdozio che lo configura a Cristo, sommo ed eterno sacerdote, inviato dal Padre a salvare l’intero genere umano, fa per ciò stesso di lui un missionario al servizio dell’intero Corpo mistico (cf. Lumen Gentium, 28; Presbyterorum Ordinis, 10). In questo compito è impegnata particolarmente l’Unione Missionaria del Clero.

Ma quest’opera di sensibilizzazione missionaria deve aprirsi all’intero Popolo di Dio. A tale scopo è soprattutto chiamata in causa la Pontificia Opera della Propagazione della Fede, che ha come obiettivo quello di interessare e coinvolgere nella evangelizzazione le congregazioni religiose, le famiglie, le comunità di base, le parrocchie, le scuole, i movimenti, le associazioni, in modo che tutta la diocesi prenda coscienza della sua vocazione missionaria universale (cf. “Statuti delle Pontificie Opere Missionarie”, Roma 1980, II, 9/a).

È poi motivo di particolare compiacimento il fatto che la Opera di san Pietro apostolo, di cui l’anno prossimo si celebrerà il centenario, abbia finora tanto aiutato la costruzione di nuovi seminari nelle Chiese missionarie, favorendo così le vocazioni sacerdotali ed anche religiose locali, che sono il più prezioso contributo alla “plantatio Ecclesiae”.

L’Opera della Santa Infanzia, infine, si occupa di infondere il senso cattolico-missionario nei fanciulli, i prediletti del Signore, che debbono essere educati a conoscere, aiutare, amare tutti i loro coetanei del mondo, specialmente quelli che soffrono.

4. Ogni cristiano può applicare tale collaborazione, in tanti modi, a seconda delle sue possibilità, soprattutto con la preghiera e l’offerta delle proprie sofferenze, per non parlare della massima forma di cooperazione che consiste nel consacrare la propria vita all’ideale missionario, sia per sempre - è la donazione più perfetta -, sia “ad tempus”, come i sacerdoti “Fidei donum” o tanti volontari laici che, in numero sempre crescente, decidono di trascorrere alcuni periodi in territori di missione.

In particolare vorrei nuovamente sottolineare la necessità della valorizzazione della sofferenza, educando i fedeli a comprendere l’incommensurabile valore, per la dilatazione del Regno di Dio nel mondo, di ogni dolore sia fisico che morale offerto al Padre celeste in unione con i meriti del Redentore.

Aiutate gli ammalati e i sofferenti in genere ad approfondire questa straordinaria, sublime verità: che la sofferenza non è inutile! Che, anzi, chi è nel dolore può, se lo vuole, svolgere ed adempiere un servizio insostituibile, come ho rilevato nella mia lettera apostolica Salvifici Doloris (n. 27), perché, completando “quello che manca ai patimenti di Cristo” (Col 1, 24), egli coopera alla salvezza dei suoi fratelli, conserva “nelle proprie sofferenze una specialissima particella dell’infinito tesoro della redenzione del mondo” e può “condividere questo tesoro con gli altri” (Salvifici Doloris, 27).

Sì, ogni attimo della nostra esistenza, e soprattutto della nostra sofferenza, può arricchire in modo mirabile il Corpo mistico. La Chiesa ha un assoluto bisogno di questa sterminata schiera di fratelli oranti e sofferenti, che formano la parte eletta di tutte le forze della evangelizzazione e che, portando impresse nella carne o nel cuore le piaghe del Redentore crocifisso, costituiscono anche l’enorme “riserva” di energia spirituale che, se fatta debitamente fruttificare, contribuirà a dare uno slancio potente alla diffusione del Vangelo da un capo all’altro della terra.

Carissimi fratelli, a conclusione di questo gioioso incontro, desidero formulare l’augurio che il vostro ardore apostolico, alimentato dalla devozione a Maria santissima, presente nel cenacolo con gli apostoli il giorno di Pentecoste, vi renda sempre più generosi nel tradurre e concretizzare “l’idea missionaria” in potente, dinamica forza motrice di tutte le vostre iniziative spirituali e pastorali. Il tesoro della fede cattolica potrà così essere partecipato sempre più ai nostri fratelli che ancora non lo possiedono, ed hanno il diritto di possederlo.

Vi sostenga nel vostro lavoro la benedizione che vi imparto di cuore, intendendo abbracciare con essa tutti coloro che generosamente sostengono le vostre iniziative ed attività.

 

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