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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELL’AUSTRALIA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 28 maggio 1988

 

Cari fratelli Vescovi.

1. Abbiamo appena portato a compimento la celebrazione annuale della Chiesa dei grandi misteri della redenzione: la morte e risurrezione di Cristo, la sua Ascensione al cielo e la discesa dello Spirito Santo alla Pentecoste. È con gioia che vi accolgo per la vostra visita “ad limina” nel momento in cui la celebrazione di questi grandi misteri della fede è ancora così viva nella nostra mente e nel nostro cuore.

La Pentecoste, in particolare, ci ricorda che la Chiesa, anche dopo due millenni, è sempre giovane per l’opera dello Spirito Santo. E stato, in parte, per accrescere la consapevolezza di questo che il mio predecessore, Papa Giovanni XXIII convocò il Concilio Vaticano II. La sua preghiera fu che le meraviglie dello Spirito Santo si rinnovassero nei nostri giorni come in una nuova Pentecoste. Se guardiamo la lunga storia della Chiesa con gli occhi della fede, troviamo ampia conferma del fatto che le meraviglie dello Spirito Santo davvero si rinnovano in ogni secolo, nonostante gli ostacoli frapposti dalla umana fragilità e inclinazione al peccato. Con le parole del Concilio, “ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente nell’accresciuta fedeltà alla sua vocazione . . . La Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno” (Unitatis Redintegratio, 6). Dobbiamo aggiungere che la fedeltà della Chiesa alla sua vocazione significa fedeltà a una persona reale: Gesù Cristo. Attraverso di lui, suo sposo e Signore, essa entra in comunione con il Padre e con lo Spirito Santo.

2. Per noi Vescovi, il nostro rapporto con Dio, o, più precisamente, la nostra comunione con la Santissima Trinità, è ovviamente non solo un’esperienza individuale per nostro personale godimento. Piuttosto, in quanto dono ricevuto nel Battesimo e impresso nuovamente dallo Spirito alla nostra ordinazione episcopale, questo rapporto diventa la fonte reale del nostro ministero per il Popolo di Dio. Il ruolo del Vescovo nella sua Chiesa locale e nella comunione universale della fede è in un’intima e dinamica relazione con il suo impegno personale con Dio attraverso Gesù Cristo nello Spirito Santo.

Come ricorda il Concilio: “Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse” (Lumen Gentium, 9). Secondo san Paolo, insieme noi formiamo il corpo di Cristo (cf. 1 Cor 12, 27), con tutto ciò che implica per il nostro rapporto con Dio e tra noi, e per la missione che abbiamo ricevuto nel Battesimo e negli Ordini Sacri. Nel contesto di questo mistero di comunione ecclesiale desidero riflettere brevemente con voi su alcuni aspetti della vita della Chiesa in Australia.

3. La dimensione comunionale dell’esistenza della Chiesa è bene illustrata dalla sua vita cultuale e sacramentale. Il rinnovamento descritto dal Concilio includeva il profondo desiderio che tutti i fedeli siano formati a quella “piena, consapevole e attiva partecipazione” alla liturgia (Sacrosanctum Concilium, 14), e che “si accostino con somma diligenza a quei sacramenti che sono destinati a nutrire la vita cristiana” (Sacrosantum Concilium, 59). Mi rallegro con voi che il rinnovamento liturgico abbia finalmente condotto a una partecipazione al culto reso dalla Chiesa, e a una nuova consapevolezza che piena partecipazione significa condivisione attiva della missione della Chiesa nella vita quotidiana.

Nello stesso tempo riconosciamo che i cambiamenti della Chiesa, come anche la accentuata secolarizzazione della società sono stati l’occasione per alcuni di allontanarsi dalla vita sacramentale, in particolare l’Eucaristia domenicale. Questo fenomeno non è limitato all’Australia, ma so che questo non attenua la vostra preoccupazione per il fatto che la percentuale di cattolici nel vostro Paese che assiste regolarmente alla Messa domenicale è in diminuzione, nonostante l’apparente stabilità della presenza alla Messa dovuta all’aumento della popolazione cattolica.

Questa linea di tendenza ferisce in profondità il cuore della comunione ecclesiale, perché, come insegna il Concilio: “Il lavoro apostolico è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il Battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore” (Sacrosanctum Concilium, 10).

4. Una delle caratteristiche di rilievo della Chiesa in Australia è stata la forte testimonianza della fedeltà del popolo cattolico al culto domenicale. I vostri primi Vescovi e sacerdoti inculcarono in essi la verità che “la Messa è importante”. La gente superava le difficoltà della distanza e del clima per partecipare all’Eucaristia. Lo facevano per imitare i loro sacerdoti, il cui sacrificio personale per portar loro la Messa era in molti casi eroico. Desidero lodare voi e i vostri sacerdoti per la fedeltà a questa tradizione e per i vostri sforzi nel portare i sacramenti al Popolo di Dio. Vorrei sollecitarvi a considerare modi per approfondire una consapevolezza del supremo valore della partecipazione all’Eucaristia tra coloro che hanno abbandonato il culto domenicale.

Come aiuto per compiere questo lavoro, i documenti del Concilio prevedono il necessario orientamento. Costituiscono una grande fonte di ispirazione e riflessione per tutti coloro che cercano di approfondire la loro considerazione per il culto e la partecipazione alla liturgia. Per i Padri conciliari, la liturgia è una caparra del cielo, è l’azione sacra per eccellenza, in cui Dio è glorificato e noi siamo resi santi. Contribuisce alla nostra formazione interiore e fa nascere uno spirito cristiano autentico, ed è perciò di grande importanza per la vita spirituale. La liturgia anima la nostra ricerca della unità e la nostra pratica della carità. È davvero “il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù” (Sacrosanctum Concilium, 10). Lungi dall’essere semplicemente un obbligo, la partecipazione all’Eucaristia è un’attualizzazione e rafforzamento di tutto ciò che di più vitale e sacro c’è nella vita cristiana. La gente ha bisogno che le siano ricordate le immense ricchezze spirituali che porta loro la partecipazione all’Eucaristia, in quanto membri di un sacerdozio regale.

5. Il mezzo più efficace per impartire questo insegnamento conciliare è la testimonianza di pastori la cui vita irradi un amore riverente basato su una profonda comprensione dei sacri misteri, specialmente l’Eucaristia. Una catechesi completa è di capitale importanza per la piena partecipazione ai sacramenti. La catechesi sul significato e la necessità del culto domenicale deve essere fatta in casa e nelle scuole. Quelli che non sono più a scuola, in particolare i giovani, devono essere costantemente incoraggiati a ricevere i sacramenti e dovrebbero sempre essere bene accolti dalla comunità. Come ho puntualizzato nella Catechesi Tradendae, “la vita sacramentale si impoverisce e diviene ben presto un ritualismo vuoto, se non è fondata su una seria conoscenza del significato dei sacramenti. E la catechesi diventa intellettualistica, se non prende vita nella pratica sacramentale” (Catechesi Tradendae, 23).

La catechesi in generale, e specialmente quella riguardo all’Eucaristia, deve insistere sul contenuto soprannaturale della dottrina cattolica. Diversamente, la fede del Popolo di Dio rischia di essere ridotta al livello di soggettive sensazioni religiose, o a un “moralismo” staccato da un fondamento dottrinale. La fedeltà all’oggettivo contenuto della fede è fondamentale nella vita e nella missione della Chiesa. Difendere questo contenuto e trasmetterlo alle nuove generazioni è tra le più gravi responsabilità dell’insegnamento e dell’ufficio pastorale del Vescovo. Desidero incoraggiarvi a fare di questo un aspetto principale del vostro ministero.

6. Quanto ho detto sull’Eucaristia si applica anche al sacramento della Penitenza. In altre occasioni ho sottolineato lo stretto legame tra questi due sacramenti (cf. Redemptor Hominis, 20 et Dominicae Cenae, 7). L’Introduzione al Nuovo Ordinamento della Penitenza lo esprime molto bene, quando stabilisce che “Nel sacramento della Penitenza . . . il Padre riceve il figliol prodigo, Cristo si pone sulle spalle la pecora smarrita e la riporta all’ovile, e lo Spirito Santo santifica di nuovo il suo tempio e dimora in esso più pienamente. Tutto questo si manifesta in una rinnovata e più fervente partecipazione alla mensa del Signore dove c’è grande gioia nel banchetto preparato dalla Chiesa di Dio per il figlio tornato da lontano” (“Ordo Poenitentiae”, Praenotanda, 6d.).

Come l’Eucaristia, il sacramento della Penitenza richiede un’accurata catechesi. Un’evidente stima di questo sacramento da parte dei preti stessi aiuterà i laici a rendersi conto della necessità e del valore della Confessione individuale e dell’assoluzione per la crescita nella santità e come mezzo ordinario con cui la persona, consapevole della gravità del peccato, si riconcilia con Dio e con la Chiesa (cf. Codex Iuris Canonici, can. 960).

7. Desidero ricordare anche il legame tra la vitalità della pratica sacramentale e le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, così importanti per il futuro delle vostre Chiese locali. Il dono di Dio della vocazione al sacerdozio e alla vita religiosa è misteriosamente collegato con la partecipazione dei fedeli al sacrificio eucaristico con devozione e con la dignità conferita dal sacramento della Penitenza. In quanto fonte principale della carità pastorale (cf. Presbyterorum Ordinis, 14), l’Eucaristia non solo sostiene i sacerdoti e i religiosi in una vita di fede e di amore disinteressato; ma anche accende quella carità pastorale nei potenziali sacerdoti e religiosi, così che anch’essi possano servire Cristo e la sua Chiesa in queste vocazioni particolari.

Incoraggiare l’amore per i sacramenti tra i giovani, e in particolare l’amore per l’Eucaristia, è una parte importante nella promozione delle vocazioni.

Dobbiamo anche pregare, perché in gioco non è un nostro progetto umano, ma piuttosto la realizzazione del disegno di Dio (cf. Congr. Pro Clericis “Postquam Apostoli”, die 25 mar. 1980). Durante il suo ministero terreno, Gesù riconobbe che “la messe è molta, ma gli operai sono pochi” (Lc 10, 2). Egli allora ci rivelò la nostra grave responsabilità per superare lo squilibrio tra le necessità del Popolo di Dio e il numero degli operai apostolici, quando ci raccomandò di “pregare dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe” (Lc 10, 2). Anche qui, l’intensità della nostra preghiera per le vocazioni è intimamente legata al nostro amore e comprensione dei sacramenti.

Nello stesso tempo le Chiese locali, come anche le comunità religiose, devono essere energiche nel mettere in atto la ricerca, la pianificazione e l’organizzazione necessari per la promozione delle vocazioni. La qualità e il numero delle persone e delle risorse assegnate a questo lavoro sono non solo un segno della priorità data a questa sfida, ma anche una testimonianza della ferma convinzione, da parte delle varie diocesi e comunità religiose, che la generosità di Dio non mancherà di sostenere i nostri umani sforzi. Dobbiamo costantemente rinnovare la nostra fiducia nell’immensa potenza del mistero pasquale di Cristo di suscitare e sostenere nuove vocazioni nella Chiesa.

Cari fratelli, mentre l’Australia celebra il suo bicentenario, voi e il vostro popolo siete chiamati a riflettere sul contributo che la Chiesa ha dato e dà attualmente alla vostra vita e storia nazionale. E stata una grande gioia per me testimoniare di prima mano questo contributo durante la mia visita pastorale. Insieme con voi, prego che il popolo dell’Australia non manchi di edificare una società fondata sull’amore e sul culto a Dio Onnipotente. Siano sempre i cattolici un esempio luminoso di questo per i loro fratelli e sorelle! In quest’anno dedicato a Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, affido voi e i vostri sacerdoti e il popolo alla sua amorevole intercessione e cordialmente imparto la mia apostolica benedizione.

 

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