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VISITA PASTORALE A TORINO

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI OPERATORI SCOLASTICI NEL DUOMO DI TORINO

Torino - Domenica, 4 settembre 1988

 

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo.

1. Sono particolarmente lieto di trovarmi tra voi in questa stupenda Cattedrale di Torino, in cui è simboleggiata e realizzata l’unità di questa arcidiocesi, molto cara al mio cuore. Essa infatti è quanto mai ricca di storia e di fedeltà, di laboriosità e di generosità per il Vangelo, di fede e di testimonianza di amore nell’eroica sequela di Cristo e nel servizio disinteressato a tutti i fratelli, ma soprattutto ai più poveri e bisognosi.

Vorrei ringraziare il vostro portavoce, che ha presentato la storia e la realtà della educazione in Torino, famosa per i nomi di tanti educatori, soprattutto di san Giovanni Bosco; e le ha presentate in modo così realistico e concreto.

Considero privilegiato questo incontro con voi, cari educatori impegnati nel mondo della scuola, lo considero privilegiato perché voi realizzate uno dei compiti più importanti e più delicati per il futuro della Chiesa e della società.

Esso s’inquadra, in quest’occasione, nella celebrazione del primo centenario della morte di san Giovanni Bosco, “padre e maestro della gioventù”, “il missionario dei giovani” (“Messaggio di apertura del Capitolo Generale”, 10 gen. 1984).

Celebrare un centenario è un avvenimento profondamente significativo. Vuol dire custodire una preziosa eredità storica e spirituale e possedere la grazia di farla rifiorire. È un invito a ritrovarci insieme per guardare ed approfondire la traiettoria di un uomo che, ispirato ed illuminato da Cristo, ha saputo vivere e diffondere con chiarezza il contenuto e la prassi di un nuovo stile di vita, vissuto alla luce del Vangelo.

A cent’anni di distanza, la Chiesa vuol riesprimere la testimonianza e la forza della fede di don Bosco nel valore dell’educazione come servizio urgente ed improrogabile per superare il dramma della rottura tra Vangelo e cultura (Pauli VI Evangelii Nuntiandi, 20).

2. Sono venuto oggi tra voi per porre in evidenza la mia predilezione appassionata per la gioventù, per riaffermare, come ebbi occasione di segnalare dinanzi ai membri dell’UNESCO, che “il compito primario ed essenziale della cultura in generale, e anche di ogni cultura, è l’educazione. Questa consiste nel fatto che l’uomo diventi sempre più uomo, che possa «essere» di più e non solamente che possa «avere» di più, e che, di conseguenza, attraverso tutto ciò che egli «ha», tutto ciò che egli “possiede”, sappia sempre più pienamente «essere» uomo” (“Lutetiae Parisiorum: allocutio ad eos qui conventui Consilii ab exsecutione internationalis organismi compendiariis litteris UNESCO nuncupati affuere”, 11, die 2 iun. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980] 1644).

Sì, sono qui per dirvi di essere sempre più coscienti della missione affidatavi dai genitori per l’educazione dei loro figli!

Essi hanno riposto in voi la loro fiducia. D’altra parte, la Chiesa vi considera come suoi cooperatori, nella formazione dei giovani e costruttori della dignità della persona.

A voi spetta di offrire ai giovani studenti la verità sull’uomo e di insegnare loro a vagliare le nuove conoscenze. Poche sfide sono così stimolanti come l’istruzione, soprattutto quella che si impartisce nell’ora di religione, e poche così difficili per la saggezza e la creatività profetica che sono loro richieste.

3. Come educatori e operatori scolastici, sperimentate le ambiguità e i gravi conflitti che caratterizzano l’attuale società. Come ebbi già ad osservare nella lettera per il centenario, “la situazione giovanile nel mondo d’oggi - a un secolo dalla morte del santo - è cambiata e presenta condizioni ed aspetti multiformi, come ben sanno gli educatori ed i pastori” (“Iuvenum Patris”, 6).

Le profonde e numerose mutazioni scientifiche e tecnologiche che continuano a contrassegnare la nostra epoca hanno rotto la stabilità, con tutti i vantaggi e gli inconvenienti che presenta. Nel breve spazio di una generazione abbiamo potuto vedere cambiamenti enormi nei valori sociali e nelle situazioni economiche. La crisi che stiamo affrontando è la crisi dell’uomo strappato dal suo contesto e dalle sue relazioni.

Anche se “non mancano oggi tra i giovani di tutto il mondo gruppi genuinamente sensibili ai valori dello spirito, desiderosi di aiuto e di sostegno nella maturazione della loro personalità” (“Iuvenum Patris”, 6), non sono estranee tuttavia ad essi le ambiguità, le antinomie e le contraddizioni che si manifestano, specialmente quando i giovani si trovano sommersi, minacciati e spesso schiacciati da un universo amorfo, unidimensionale e disumanizzante; quando i valori del Vangelo sembrano talora sopraffatti dalla povertà relazionale a tutti i livelli, dall’eccesso di informazioni contraddittorie e senza scale di valori, dalla mancanza di senso della vita e dall’angoscia per le incertezze dell’avvenire, dalla carenza di ideali, da un certo “lasciarsi andare” che può arrivare alla criminalità, al consumismo dannoso che corrode l’amore e isterilisce la vita.

A questo quadro complesso che condiziona non poco la gioventù, si aggiunge la crisi della scuola, spesso sofferente per la carenza di valori da porgere ai giovani e infeconda per generare sapienza e cultura, e della famiglia, in cui l’amore è talora soffocato.

Ecco una sfida che richiede un urgente impegno nell’opera educativa!

Come maestri e formatori dovete cercare di affrontare con intelligenza creativa questi cambiamenti, che sono la situazione quotidiana del vostro servizio professionale e l’ambito della vostra testimonianza cristiana.

4. In questo mondo contemporaneo, Cristo vuole essere di nuovo presente con tutta la forza dirompente del suo mistero di amore. Vuole andare incontro all’uomo di oggi attraverso maestri e formatori che siano veri educatori, ricchi di una forte predilezione per i giovani, attinta da Cristo che possiede la verità sull’uomo, e dotati di una grande sapienza per umanizzare tutte le nuove scoperte (cf. Familiaris Consortio, 8), e per restaurare l’armonia della persona.

Oggi il mondo ha bisogno, da una parte, di maestri dotati di un forte pensiero che possa riportare l’uomo al suo posto originale e, dall’altra, di formatori, ricchi di inventiva per superare la crescente distanza tra la civiltà umana e la fede cristiana e ripristinare l’alleanza tra la scienza e la sapienza (Familiaris Consortio, 8). Bisognerà allo stesso tempo arricchire il sapere, incitare all’azione solidale e risuscitare la vita interiore.

Si rende necessario pertanto ricuperare la coscienza del primato delle verità e dei valori perenni della persona umana, in quanto tale; affrontare con fermezza la sfida di dare un’educazione che nei suoi programmi miri più all’uomo e alla dignità della sua persona che alle cose, più alla ricerca della sapienza che alla materia.

È necessario che i giovani delle vostre scuole imparino ad elevarsi. Assaliti da un movimento sempre più rapido di stimoli esterni, come è possibile salvare la facoltà della concentrazione e la maturazione silenziosa della fede? Come illuminare le coscienze? Come insegnare a dialogare con se stessi? Come pensare alla propria dignità e a quella degli altri? Come coltivare ancora il senso dell’ammirazione e dell’attenzione che sono, in definitiva, la possibilità, che abbiamo a disposizione, per amare in profondità, con dedizione e rinuncia di sé? È necessario per tutto questo riaffermare con don Bosco la convinzione che in ogni giovane ci sono energie di bene e qualità interiori che, se opportunamente stimolate, possono dare sapienza all’uomo.

5. A questo proposito, un aspetto fondamentale della vostra missione è di guidare i giovani a Cristo.

Cristo è il punto di costante riferimento del maestro cristiano. Solo Gesù Cristo è la risposta adeguata ed ultima alla domanda suprema circa il senso della vita e della storia. Ma non basta dirlo con le parole.

I vostri allievi devono percepire dalla testimonianza della vostra vita che l’uomo non ha senso al di fuori di Cristo; che Cristo è la vostra opzione suprema e il nucleo centrale di tutte le vostre iniziative. Insegnare non significa solo trasmettere le conoscenze che possedete, ma rivelare quello che siete, vivendo quello che la fede vi ispira.

Donarsi ai giovani e partire da essi significa appunto divenire capaci di leggere la condizione di questa società, tenendo conto del loro giusto punto di vista, e di esprimere il disagio che si siano generate una cultura e una società che invece di dedicarsi ad accoglierli, si concentra su altri interessi marginali. Partite dai giovani! È lì il vostro campo di missione e il vostro laboratorio di cultura più prezioso. Siate missionari dei giovani! Andate fino al loro cuore! Scendete nella loro intimità spirituale! Coglierete, lì, il fondo autentico di una personalità che si sente provocata ad uscire da sé, dalla propria misura, dai propri progetti, per aprirsi alla realtà trascendente di un grande destino. Cercate di guardare i giovani con gli occhi stessi di Cristo. Pur nella consapevolezza delle deficienze che i giovani hanno, abbiate la convinzione che il Vangelo, se seminato all’interno del processo della loro formazione umana, li può condurre a impegnarsi generosamente nella vita.

Per questo privilegiate l’ora di religione!

Datele priorità nelle vostre cure. In essa i giovani devono essere in grado di poter trovare Cristo e il suo Vangelo e sentire tutto il fascino della sua persona.

6. I giovani oggi sono attratti dai richiami che giungono loro dal mondo. Ma sono pure desiderosi di incontrare valori solidi e durevoli che possono dar senso e orientamento alla loro vita. Il messaggio salvifico del Vangelo dovrà dir loro dove possono trovare questo appoggio e la giusta direzione lungo il processo educativo. Questa missione certo è impegnativa. Richiede da voi un duplice senso di responsabilità: indirizzare la coscienza e l’esperienza del giovane verso il mistero di Cristo e mostrarvi voi stessi, allo stesso tempo, veri scultori di uomini, dotati di un alto senso di spiritualità.

Questa capacità di rivolgere lo sguardo a Cristo e questo senso spirituale sono la molla nascosta di tutta l’educazione e la cultura. È in questa linea che l’insegnamento potrà, allo stesso tempo, coltivare il pensiero, arricchire l’azione e promuovere la vita interiore.

7. Don Bosco è un educatore santo che “propone la santità quale meta concreta della sua pedagogia” (“Iuvenum Patris”, 5). “Proprio un tale interscambio tra «educazione» e «santità» è l’aspetto caratteristico della sua figura: egli è un «educatore santo», si ispira a un «modello santo», san Francesco di Sales, è discepolo di un «maestro spirituale santo», san Giuseppe Cafasso e sa formare tra i suoi giovani un «educando santo», Domenico Savio” (“Iuvenum Patris”, 5).

Che grande esigenza quella dell’educatore di poter convincere ciascuno dei discepoli di essere chiamato alla santità! Preoccupatevi, dunque, anche di rendere visibile il Vangelo nella vostra vita quotidiana. Solo così potrete avere un coinvolgente influsso evangelico sugli alunni a cui insegnate.

Oggi è necessario riproporre il grande tema della santità. Gli obiettivi specifici dell’educazione cristiana che ci traccia il Concilio Vaticano II vanno in questa linea. Sono una vera sfida e descrivono con chiarezza il delicato lavoro educativo: “L’Educazione cristiana . . . tende soprattutto a far sì che i battezzati, iniziati gradualmente alla conoscenza del mistero della salvezza, prendano sempre maggior coscienza del dono della fede, che hanno ricevuto; imparino ad adorare Dio Padre in spirito e verità (cf. Gv 4, 23), specialmente attraverso l’azione liturgica, si preparino a vivere la propria vita secondo l’uomo nuovo, nella giustizia e santità della verità (Ef 4, 22-24) e così raggiungano l’uomo perfetto, la statura della pienezza di Cristo (cf. Ef 4, 13) e diano il loro apporto all’aumento del corpo mistico” (Gravissimum Educationis, 2).

Non posso fare a meno di ricordare con profonda gratitudine tutti quegli educatori, sacerdoti, religiosi e religiose, laici qualificati che, affrontando e superando non sempre facili problemi, sanno rendere incisiva e proficua la loro funzione educatrice.

Ringrazio quelli di loro che sono qui presenti. Nel salutarli cordialmente, intendo esprimere il mio incoraggiamento a questa iniziativa che mira ad un rinnovato impegno.

La Chiesa attribuisce fondamentale importanza alla scuola cattolica. Non esistono, oggi, forme alternative che possano sostituire con efficacia la qualità di un’educazione orientata verso la pienezza della vita cristiana, quale dovrebbe offrire una scuola cattolica preoccupata di tradurre in atto le proprie specifiche finalità; ossia, di essere un vero laboratorio di cultura che si ispira al Vangelo per un cammino da cristiani nel mondo d’oggi.

Di fronte ad un ambiente povero di relazioni, la scuola cattolica trasmette e rafforza il senso della comunità, della preoccupazione sociale e della solidarietà universale. La sua finalità, attingendo di continuo alle sorgenti del mistero di Cristo, è di preparare i giovani a sentirsi protagonisti della salvezza umana, impegnandosi concretamente con dinamismo apostolico, secondo il proprio stato, alle esigenze delle situazioni.

Il servizio rinnovato della scuola cattolica, oggi più che mai, è di liberare i giovani dal materialismo invadente e dall’edonismo ossessivo, per guidarli con bontà e fermezza verso le altezze della verità piena e dell’amore oblativo.

8. Faccio appello anche e soprattutto ai genitori, che sono i primi educatori e maestri dei propri figli.

È a tutti noto quale importanza abbia avuto mamma Margherita nella vita di san Giovanni Bosco! Non solo ha lasciato nell’Oratorio di Valdocco quel caratteristico “spirito di famiglia” che sussiste ancor oggi, ma ha saputo forgiare il cuore di Giovannino a quella bontà e a quell’amorevolezza che lo faranno l’amico e il padre dei suoi poveri giovani.

È maturato il tempo, ormai, delle associazioni dei genitori cristiani! Esse concorrono all’amicizia fra le famiglie e con gli educatori, ed aiutano i genitori a comprendere meglio le attuali mutazioni socio-culturali e ad utilizzare i metodi educativi più appropriati.

Cari educatori e genitori: la formazione cristiana delle nuove generazioni è in buona parte nelle vostre mani. Siatene consapevoli!

Il Signore vi invita a riconoscere l’urgenza primaria della formazione dei giovani.

Vi assista Maria santissima, vostra maestra e guida; vi illumini con il suo materno intervento nel trasmettere la verità e nell’essere maestri di bontà e di coraggiosa testimonianza di fede. Vi accompagni anche la benedizione che noi, poveri pastori della Chiesa, vogliamo offrirvi alla fine di questo incontro. Grazie per questa vostra buona accoglienza. Mi sono sempre, sentito, come Vescovo, un educatore fra gli educatori. E i gruppi con cui più avevo contatto durante le visite pastorali nelle parrocchie erano sempre educatori. E venivano spontaneamente, nonostante i divieti venuti dalla ideologia amministrativa. Si vedeva che l’educazione è superiore ad una ideologia che vorrebbe solamente ridurre tutto all’amministrazione: l’educazione non si riduce all’amministrazione. Io non vorrei diminuire l’importanza della parte amministrativa anche nell’educazione; ma voglio dire che l’educazione è sempre l’emanazione della paternità e della maternità. E così è legata alla famiglia, è legata a Dio Padre. Cosa è la Sacra Scrittura? Un grande libro della educazione dell’umanità, di come Dio Padre ha saputo educare l’umanità, attraverso le diverse tappe, quelle conosciute dalla rivelazione, e infine attraverso la incarnazione di suo Figlio. Ecco, preghiamo questo Padre, primo educatore di noi tutti.  

Dopo il canto del “Pater Noster” il Papa così prosegue:  

Penso che questo discorso certamente era molto centrato sull’evento salesiano, possiamo dire, quello del centenario della morte di don Bosco. Era un po’ anche centrato sulla realtà italiana, ma il problema che voi rappresentate è un problema universale. Io lo vedo, lo sento, incontrando i Vescovi di tutto il mondo: sia che si tratti del mondo ricco americano del nord, sia che si tratti, soprattutto, del mondo povero, del Terzo Mondo. Il problema principale è quello dell’educazione. E soprattutto il problema della educazione a livello dei seminari. Quanti Vescovi mi ripetono: “A noi mancano gli educatori, i formatori”. Perché si è creata una confusione nel mondo di quelli che erano formatori. E mancano i formatori: proprio i formatori di questi indigeni non sono ancora maturi. Naturalmente sempre supplisce la formazione fondamentale che viene dalla famiglia; ma per andare avanti, per una inculturazione, per lo sviluppo della Chiesa, dell’evangelizzazione, soprattutto con una Chiesa indigena, sono necessari i seminari, sono necessari i formatori. È un problema mondiale e penso non solamente nel campo della Chiesa, ma anche nel campo delle società civili. Non si può educare se non nella verità e nell’amore. Allora, educatori sono quelli che sono capaci di rappresentare questi valori: verità e amore. E se ci sono tali educatori, i giovani seguono. Non solamente seguono: non è importante che seguano, perché possono seguire anche quelli che portano ideali falsi; ma soprattutto è importante quello che seguono sviluppandosi nella loro umanità, nella loro cristianità. È un problema mondiale. E voi, carissimi fratelli e sorelle educatori, dovete molto pregare per gli educatori di tutta la Chiesa, di tutto il mondo. Direi che questo è fra i problemi principali della Chiesa: si parla di “sollicitudo socialis”, ma se voi leggete dentro la Sollicitudo Rei Socialis, dentro c’è il problema dell’educazione. Perché il progresso di cui si parla, lo sviluppo, è finalmente progresso dell’uomo come tale, della persona umana; e di questo si parla adesso, cioè dell’educazione. Non attraverso l’economia: l’economia sì, può aiutare, ma può anche danneggiare, può distruggere. Vi ringrazio per la vostra attenzione.

 

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