Index   Back Top Print

[ EN  - IT ]

VIAGGIO APOSTOLICO IN ZIMBABWE,
BOTSWANA, LESOTHO, SWAZILAND, MOZAMBICO

CERIMONIA DI BENVENUTO

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Aeroporto Internazionale di Harare (Zimbabwe)
Sabato, 10 settembre 1988

 

Signor Presidente,
fratelli nell’episcopato,
fratelli e sorelle in Cristo,
cari amici.

1. Nel baciare il suolo dello Zimbabwe ho desiderato rendere omaggio a tutta la nazione e manifestare la mia gratitudine all’Onnipotente che mi ha permesso di visitare il vostro amato paese. A lui dal profondo del cuore rendo grazie per avermi condotto ancora una volta in Africa: continente pieno di speranza e di promesse per il futuro dell’umanità.

È significativo che la mia visita pastorale in cinque paesi dell’Africa meridionale cominci qui, nello Zimbabwe, una nazione che vive un nuovo inizio, dove si sta instaurando una nuova era di pace e di riconciliazione tra non poche difficoltà - una nazione alla quale tutta l’Africa, e certamente il mondo, guarda come ad un segno che è possibile costruire un futuro migliore sulle basi della giustizia e della fratellanza in Dio senza discriminazioni.

2. Signor Presidente, desidero esprimerle la mia profonda gratitudine per il benvenuto nello Zimbabwe che mi ha dato. Nel corso della sua visita in Vaticano nel maggio del 1982 lei mi chiese di venire nel suo paese e recentemente lei ha rinnovato questo cordiale invito. Le esprimo la mia profonda stima nei suoi confronti, nei confronti dei membri del governo e di tutta la popolazione che tanto calorosamente mi ha accolto come un amico.

In Africa lo Zimbabwe è il paese che ha conseguito più di recente la sua indipendenza. Il vostro popolo conserva vivo il ricordo della mezzanotte tra il 17 e il 18 aprile del 1980, quando venne issata la bandiera nazionale e venne proclamata la nuova repubblica, inaugurando quello che lei stesso ha chiamato un “tempo per la riconciliazione, la ricostruzione e la creazione di una nazione”. Queste nobili parole costituiscono ancora la meta a cui si ispirano i suoi sforzi e quelli dei suoi compatrioti. Un tale programma offre una struttura appropriata per una proficua e reale collaborazione di tutte le forze sociali sulla via del progresso e della pace. Vi assicuro il sostegno e l’incoraggiamento della mia preghiera.

Desidero anche congratularmi con lei signor Presidente per il suo ruolo di presidente in carica del Movimento Internazionale delle Nazioni Non-Allineate. Lo Zimbabwe e gli altri membri di questo gruppo affermano quanto ho espresso nella mia ultima enciclica e cioè: “Il diritto di ogni popolo alla propria identità, alla propria indipendenza e sicurezza, nonché alla partecipazione sulla base dell’eguaglianza e della solidarietà, al godimento dei beni che sono destinati a tutti gli uomini” (Sollicitudo Rei Socialis, 21). A questo proposito ripeterò qualcosa che ho già detto in una mia precedente visita in questo continente: “È mia convinzione che tutta l’Africa, nel momento in cui verrà lasciata libera di farsi carico delle sue vicende, senza che nessun potere o gruppo esterno possa interferirvi o esercitare pressioni, non solo stupirà il resto del mondo per i risultati conseguiti, ma riuscirà a condividere la sua saggezza, il suo senso della vita e il suo rispetto per Dio con gli altri continenti e nazioni, instaurando così quello scambio e quella collaborazione nel rispetto reciproco, che sono necessari per il vero progresso di tutta l’umanità” (“Allocutio ad Exc. mum Virum Alhaji Shehu Shagari, Nigeriae Praesidem, in palatio vulgo «State House» cognominato habita”, 3, die 12 febr. 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 1 [1982] 372 s).

3. Sfortunatamente nella regione dell’Africa meridionale questi diritti son lungi dall’essere rispettati, queste aspirazioni lungi dall’essere realizzate. Le forze politiche, economiche ed ideologiche che detengono il potere mettono in pericolo l’assetto ancora precario di paesi che hanno appena cominciato a consolidare l’indipendenza recentemente conquistata. Queste forze ostacolano l’autodeterminazione dei popoli; fomentano conflitti ideologici, etnici e tribali; ritardano il processo di sviluppo.

Laddove situazioni di grave ingiustizia hanno causato e continuano a causare un’immensa sofferenza, la speranza di un esito pacifico e di una soluzione giusta deve includere un dialogo genuino e sincero tra punti di vista opposti. Ciò vale tanto per il grave problema dell’apartheid quanto per tutte le violazioni dei diritti umani. Mi appello a tutti coloro che sono responsabili del destino dei popoli di questa regione, di qualunque estrazione ideologica, perché rinuncino all’uso della violenza come metodo per conseguire i loro fini. Essi hanno l’obbligo di fronte alla storia di risolvere i loro dissidi con mezzi pacifici, nell’unico modo che si addice alla vocazione dell’uomo al trascendente. È tempo di intraprendere questo cammino!

4. Lo scopo principale di questo mio pellegrinaggio è quello di visitare i miei fratelli e sorelle nella fede cattolica. Sono molto lieto di essere in mezzo a voi e di gioire con voi nella vita di fede e sacramentale che ci unisce nel corpo di Cristo. Penso già alla celebrazione di questa unione con voi, nell’Eucaristia. Vengo per incoraggiare tutti voi, specialmente voi, miei fratelli Vescovi e sacerdoti, nel vostro importante compito di evangelizzazione e nei vostri molteplici servizi alla comunità nazionale.

Saluto anche i miei fratelli e le mie sorelle, rappresentanti e guide delle altre comunità ecclesiali dello Zimbabwe. E vi esprimo il mio affetto sincero nel nostro Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo.

Come pellegrino di pace, cercando di seguire l’esempio di Gesù Cristo, il Buon Pastore, saluto tutti i cittadini dello Zimbabwe: gli uomini e le donne di ogni condizione sociale, i bambini, i giovani, gli anziani; in modo speciale, i malati e i poveri, e tutti coloro che sono afflitti nel corpo e nello spirito. Possa l’amore di Dio abbracciare tutti voi!

Dio benedica lo Zimbabwe! Dio benedica l’Africa.  



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana