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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI NOVIZIE PARTECIPANTI
AD UN CORSO DI FORMAZIONE ALLA VITA RELIGIOSA

Lunedì, 10 aprile 1989

 

1. Mi è grato salutarvi e intrattenermi con voi, care novizie, unitamente alle maestre che vi accompagnano.

In questi giorni vi è stata presentata la dinamica del cammino di iniziazione alla vita di totale consacrazione a Dio. Il noviziato è infatti la prima fase di questo “cammino”, che prevede già una certa chiarezza in colei che desidera rispondere seriamente alla chiamata di Cristo: “Va’, vendi quello che hai . . .; poi vieni e seguimi” (Mt 19, 21).

L’esperienza del noviziato comporta un cambiamento radicale rispetto al genere di vita condotto in precedenza. L’inserimento effettivo nella missione dell’istituto scelto e la presa di coscienza, molto più diretta, delle esigenze che segnano l’avvenire della nuova esistenza, richiedono una volontà decisa di approfondire la propria vocazione, di sperimentare lo stile di vita della rispettiva congregazione religiosa, per constatare la serietà del proposito di voler proseguire nella via intrapresa.

2. La sequela di Cristo esige totale libertà del cuore, assoluta disponibilità nel dimenticare se stessi e le proprie cose per essere capaci di un amore gratuito e disinteressato. Punto focale del noviziato e cuore della formazione è l’esperienza di Gesù risorto. È essenziale vivere intimamente con lui, come l’“unum necessarium”, con un amore di intimità e di servizio. Seguire Cristo vuol dire, in concreto, mettersi sulle sue orme; condividere il suo cammino; stabilire con lui un rapporto personale di amore e di comunione, per partecipare con lui - inviato dal Padre - alla sua stessa missione redentrice nel mondo.

Con questa formazione e a questa scuola permanente vi sarà poi non difficile dedicare un’attenzione profonda a ciò che l’umanità intera vive in questo momento, ai suoi problemi, alle sue aspirazioni, alle sue attese.

A voi - giovani speranze del futuro della vita religiosa, figlie e continuatrici della missione delle vostre fondatrici e dei vostri fondatori - è affidato il compito di preparare per il 2000 una vita religiosa sempre più feconda e capace di rispondere ai bisogni del mondo e degli uomini del vostro tempo, nella fedeltà costante al Vangelo.

3. In questo, voi trovate un modello incomparabile in Maria, vero tipo di donna consacrata. Dio incontra in lei una giovane con un nome preciso e in una concreta situazione di vita, per chiamarla ad un compito specifico nella storia della salvezza. La risposta di questa giovane è fortemente caratterizzata dal fatto di essere persona unica, irripetibile, ma insieme persona che ha in comune con voi uno specifico modo di essere donna.

Maria riceve così la rivelazione della sua essenza più vera di donna amata gratuitamente da Dio, e di quello che è chiamata ad essere nel suo disegno di salvezza per l’umanità: la madre del Dio fatto carne, colei che dà corpo umano al Verbo di Dio. La Vergine di Nazaret si rende pienamente disponibile al progetto di Dio sulla sua vita; ma la sua collaborazione non si basa sulle proprie attitudini personali, ma nasce unicamente dall’abbandono totale e fiducioso alla volontà del suo Dio, nella certezza che egli è costantemente presente nella sua vita ed è sempre lui che coordina e dirige ogni avvenimento della sua storia a beneficio dell’umanità intera.

4. Il periodo pasquale, che stiamo vivendo, offre ricchi insegnamenti per questa vostra fase di formazione, sia per le formatrici che per le giovani formande. L’episodio di Emmaus, che troviamo nel Vangelo di Luca (cf. Lc 24, 13-35) è molto ricco di simboli biblici e di importanti ammaestramenti.

Esso ci ricorda che per scoprire le ricchezze di Cristo dobbiamo “viaggiare” con lui in un itinerario che implica l’attenzione al risorto, l’ascolto della sua Parola e la preghiera, per poter attuare un autentico discernimento della vocazione e garantire un servizio di sincero amore all’uomo. Emmaus ci indica ancora che Gesù, il vero formatore, ha saputo accompagnare, istruire e sostenere nella loro formazione i due discepoli, dubbiosi e scoraggiati. Infatti, vedendo che “i loro occhi erano impediti di riconoscerlo” (Lc 24, 16), col suo atteggiamento egli mostra loro che li ama e che desidera illuminarli per aprire il loro cuore alla verità. Questa sua benevolenza amichevole fa accettare ai discepoli il salutare rimprovero: “O stolti e tardi di cuore nel credere alle parole dei profeti!” (Lc 24, 25). Ma soltanto alla fine, nella preghiera e nella comunione, i loro occhi riescono a riconoscerlo. Questo racconto vuole dimostrare che la formazione richiede anche persone capaci di pazienza e di ascolto, che non pretendono risultati immediati, ma sappiano attendere e rispettare i diversi tempi di crescita delle singole persone. Per fare questo però occorre che coloro che assumono un tale compito, abbiano anzitutto scoperto la presenza del Signore nella loro vita, convinte che, soltanto specchiandosi in lui, possono realizzare la loro identità di formatrici, le quali sanno dare gratuitamente, senza attendere ricompense o gratificazioni. Anche a Gesù, del resto, fu necessario l’intero viaggio da Gerusalemme a Emmaus per poter entrare in comunicazione con i suoi discepoli.

5. Vi auguro, care novizie, che la testimonianza gioiosa della vostra “sequela Christi” a servizio del Vangelo, per l’edificazione del Regno di Dio, diventi premessa di provvidenziale mediazione, perché altre giovani possano avvertire nell’intimo del loro animo la forza irresistibile e trasformatrice della voce di Cristo che le chiami per nome, come fece con la Maddalena il giorno della Risurrezione.

Con questo augurio e con l’auspicio che i propositi da voi formulati in questi giorni di preghiera e di comunione fraterna, siano tradotti in pratica, per comprendere e vivere radicalmente la vostra specifica vocazione, imparto di cuore, a voi, alle vostre madri superiore e a tutte le consorelle dei vostri istituti, l’apostolica benedizione.

 

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