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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI GIORNALISTI CATTOLICI

Venerdì, 10 febbraio 1989

 

1. A tre anni dall’incontro del febbraio 1986, sono lieto di ritrovarmi qui con voi, rappresentanti di una professione molto delicata e perciò di grande responsabilità, quale è quella del giornalista.

Vi saluto tutti con grande affetto, e ringrazio l’unione cattolica della stampa italiana, l’UCSI, per essersi ancora una volta fatta promotrice di questa iniziativa, che mi consente di continuare un dialogo che considero molto utile: per voi, che attendete una parola di orientamento e di incoraggiamento per la vostra professione; e poi anche per la Chiesa, che, come sapete, si attende molto dalla vostra testimonianza e la segue con partecipe sollecitudine.

2. La vostra libera responsabilità vi porta a giudicare gli avvenimenti; ma questo deve essere fatto sempre nella più scrupolosa obiettività dei fatti. La verità deve essere la fonte ed il criterio della libertà anche nell’informazione. Chi considera vero ciò che è falso non è libero; chi afferma il falso, contrabbandandolo come vero, non è leale: e si può non rispettare la verità sia dicendo positivamente il falso, sia dicendo solo una parte della verità, tacendo intenzionalmente l’altra.

Tutti siamo consapevoli che la società odierna - grazie alla diffusione dell’istruzione, alle possibilità offerte dai mezzi moderni di comunicazione, all’affermarsi di sempre nuove e più sofisticate tecnologie - non può vivere senza informazione. Questa, e voi ne siete i più diretti testimoni oltre che gli artefici, è divenuta indispensabile nella vita di oggi. Ma l’informazione non è fine a se stessa. Del resto voi, più volte, avete riconosciuto che il fine della comunicazione è servire la vita, dare dignità alla vita, favorire la solidarietà del vivere, stimolare l’impegno di tutti a costruire un mondo degno della grandezza dell’uomo e dell’amore infinito di Dio.

3. Di qui l’irrinunciabile dimensione etica della comunicazione, dalla quale deriva la esigenza obiettiva della competenza professionale e della responsabilità morale, dato che solo quando la comunicazione obbedisce ad una seria disciplina morale, essa garantisce la vera libertà di informazione. “È evidente - rileva l’Inter Mirifica, riferendosi ai giornalisti, agli scrittori, agli editori - quali grandi responsabilità li riguardino nell’evolversi della società odierna, avendo essi la possibilità di indirizzare al bene o al male l’umanità con le loro informazioni e pressioni” (Inter Mirifica, 11).

Volendo dunque tracciare l’“identikit” di una autentica libertà di informazione, potremmo dire che essa consiste nella sintesi vitale tra autonomia, verità, senso del bene comune e senso di responsabilità.

Tutti dobbiamo perciò prendere coscienza di questa problematica e delle sue dimensioni reali, consapevoli che la stampa ha recato all’umanità grandi possibilità, aprendo le vie per un nuovo stile di vita e per una rinnovata adesione delle coscienze ai valori portanti della vita sociale, senza i quali è impossibile elaborare ed attuare insieme un nuovo progetto d’uomo e di società.

La Chiesa guarda perciò con molta fiducia a voi, chiamati, per vocazione, ad essere, allo stesso tempo, testimoni e servitori. Testimoni del mondo, innanzitutto, del quale dovete mettere in luce, con oggettività e secondo il grado di importanza che essa comporta, la storia e la cronaca, con le aspirazioni, le sofferenze e le esigenze degli uomini, con i segni di speranza che scaturiscono dagli avvenimenti; ma anche testimoni della verità, della giustizia e di tutti quei valori morali e spirituali che nobilitano l’uomo. Ma dovete essere anche servitori degli uomini, non per assecondare le loro passioni o per dire ciò che ad essi può far piacere, bensì per indicare la via per la loro crescita umana, perché, conoscendo la verità, diventino più liberi, più responsabili, più maturi, e il nuovo progetto d’uomo sia veramente aperto ad una visione integrale della persona, della società, della storia.

E il segreto per essere veri servitori degli uomini è quello di essere servitori di Dio: chi rispetta ed ama Dio, rispetta ed ama l’uomo, e quindi lavora efficacemente per il suo vero bene. Non è la ricchezza materiale che fa liberi gli uomini, ma la verità. Gli uomini e i popoli saranno sempre più liberi nella misura in cui accoglieranno liberamente e vivranno responsabilmente la buona Novella di Cristo.

4. La libertà di comunicare che tutti consideriamo bene supremo, “diritto insopprimibile”, come afferma la legge che regola il vostro ordinamento professionale, è condizione perché possiate agire ed esprimervi secondo i dettami della vostra coscienza, del vostro intelletto, della vostra volontà. Questa libertà vi fa assumere una funzione di tramite, in qualità di informatori e di orientatori, nei confronti dei più diversi aspetti della realtà, dei più diversi argomenti e delle più diverse tesi, privilegiandone, attraverso una obiettiva valutazione, le parti positive. È ancora quella libertà professionale che, mediante l’uso di un linguaggio chiaro, aperto, comprensibile, prudente e semplice, permette al lettore di affrontare i problemi del nostro tempo nella loro complessità, fornendo gli elementi di giudizio e di conoscenza sufficienti per affrontarli; aiutandolo nelle scelte, per essere voce attiva nel contesto sociale, politico e religioso che ferve nella comunità di oggi.

5. Per tutte queste considerazioni, penso che occorra un sempre maggiore impegno per qualificare e valorizzare meglio le diverse forme di presenza dei cattolici già operanti nei giornali, nella radio e nella televisione, oltre che crearne eventualmente di nuove là dove fosse utile e necessario. Oltre a produrre luoghi adatti di confronto e di coordinamento, occorre soprattutto preparare adeguatamente i comunicatori di domani, ampliando e rafforzando le scuole di formazione; aiutando in particolare i giovani a scoprire in se stessi un’eventuale vocazione ad operare nel mondo della comunicazione, arricchendosi di una formazione ancorata ai valori cristiani e, al tempo stesso, professionalmente valida e artisticamente creativa. Pur senza trascurare i canali primordiali e generalmente più diretti di evangelizzazione, la Chiesa non può rimanere estranea a questa problematica, così come i cattolici, attraverso le loro strutture, da quelle universitarie a quelle associazionistiche e di impegno ecclesiale, debbono adoperarsi a formare professionisti, pubblicisti, operatori della comunicazione, educati non solo all’uso tecnico degli strumenti, ma anche e soprattutto alla responsabilità morale, che nasce dalla conoscenza e dalla coscienza dei gravi problemi culturali e sociali connessi con l’informazione.

Di fronte a tante voci che riversano nel mondo i loro messaggi umani, la loro pubblicità, è legittimo, anzi doveroso, il richiamo ad una più qualificata presenza dei cattolici nel settore sempre più vasto dell’informazione. Su tutto questo desidero richiamare la particolare attenzione dei dirigenti e soci l’unione cattolica stampa italiana, dato che tra i compiti indicati dal loro statuto, vi sono anche quelli della preparazione e dell’aggiornamento professionale, dell’animazione cristiana nel mondo dell’informazione e negli organismi di categoria, affinché il giornalismo sia sempre più “un fatto di verità, di cultura e di progresso, nel quale la società possa riflettersi costruttivamente”. Una testimonianza che acquista un particolare significato dal momento che l’UCSI si appresta a celebrare il trentennio della sua fondazione, avvenuta nel 1959 per iniziativa di benemeriti giornalisti. Tra questi è doveroso ricordare illustri maestri come Giuseppe Dalla Torre, Guido Gonella e Raimondo Manzini, la cui memoria so quanto sia viva tra voi, come lo è nel mondo ecclesiale, per i preziosi servizi resi alla Chiesa, alla società, al giornalismo italiano ed anche sul piano internazionale.

6. Cari giornalisti!

I compiti che vi stanno davanti sono estremamente impegnativi. Molto semplicemente vorrei dirvi che dovete operare insieme. Le vostre strade devono convergere. Insieme dovete continuare ad operare, per diffondere e per affermare i valori della libertà, della fraternità, della pace, dell’amore per la verità, del rispetto di Dio e della persona umana.

Con questi sentimenti, invoco su di voi, sulle vostre famiglie, sulle vostre organizzazioni, qui autorevolmente rappresentate, la protezione del vostro patrono, san Francesco di Sales. E soprattutto invoco la luce di Dio, affinché vi illumini e vi sostenga nell’assolvere nel modo più alto e degno la vostra professione.

Con una benedizione particolare a voi, ai vostri cari, al vostro lavoro.

 

© Copyright 1989 - Libreria Editrice Vaticana

 


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