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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL SEMINARIO DI STUDI PROMOSSO DALLA CEI
SUL TEMA «ETICA E DEMOCRAZIA ECONOMICA»

Sabato, 18 febbraio 1989

 

1. Con gioia porgo il mio più cordiale saluto a tutti voi, riuniti qui a Roma per un seminario di studio sul tema: “Etica e democrazia economica”, promosso dalla commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro della CEI, che ha chiamato a collaborare per la sua realizzazione l’istituto internazionale Jacques Maritain, coinvolgendo proficuamente dei laici cristiani, particolarmente competenti sui problemi sociali ed economici della nostra società e animati dall’ispirazione che proviene dal grande maestro a cui è dedicato il loro istituto. Saluto in particolare il Presidente della commissione episcopale, monsignor Fernando Charrier, e tutti i Vescovi presenti, il presidente dell’istituto Maritain, professor Ramon Sugranyes de Franch, ed i suoi membri.

Il pensiero va con riconoscente affetto a Jacques Maritain, grande testimone della fede ed insigne filosofo del nostro secolo, nel ricordo dell’illuminante contributo da lui offerto alla formazione di tanti cristiani laici impegnati nel campo sociale e politico e dell’appassionato e lungimirante impegno profuso a sostegno dei diritti dell’uomo e della democratizzazione della società.

Il tema della vostra attenta riflessione trova luce nella dottrina sociale della Chiesa, là dove essa afferma che il diritto dell’uomo all’iniziativa economica deve esercitarsi nell’ambito di un sistema sociale che veda coinvolti tutti i cittadini in una prospettiva di corresponsabilità e di partecipazione (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 15).

2. Ci troviamo, oggi, di fronte all’affermarsi di modelli economici che, accanto ad innegabili successi, presentano al loro interno dei germi pericolosi di degenerazione, sia a livello dei singoli paesi che su scala internazionale. Ne sono segni evidenti la crescita delle vecchie e nuove povertà, l’aumento del divario tra paesi ricchi e paesi poveri, il degrado ambientale.

In questa situazione per certi aspetti drammatica si impone ai cristiani, come dovere inderogabile, il compito di esercitare la solidarietà sociale e politica (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 39-40; Christifideles Laici, 42-43), apportando i necessari correttivi ai modelli di sviluppo, che non devono essere finalizzati esclusivamente al profitto di alcuni ma devono promuovere il bene integrale della persona umana e dell’intera umanità.

Infatti, “in una visione cristiana delle cose - dicevo ad un altro convegno promosso dalla CEI sui problemi del lavoro - l’economia, pur godendo, come ogni altro settore specifico dell’agire dell’uomo, di una sua relativa autonomia, rimane intrinsecamente legata all’etica, che è misura universale dell’autentico bene umano” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. X, 3 [1987] 1160).

3. I diversi modelli di sviluppo economico sono legati, più o meno direttamente, a particolari concezioni dell’uomo, dalle quali discendono determinate norme di comportamento. Avviene non di rado che certe concezioni dell’uomo e le relative norme comportamentali entrino in conflitto con la verità sull’uomo, che la Chiesa custodisce come un tesoro prezioso donatole dal Signore Gesù Cristo. In tal caso la Chiesa non può tacere.

Così, davanti ad affermazioni unilaterali della centralità del profitto e della totale autonomia del potere aziendale, essa, nella sua missione di serva degli uomini (cf. Christifideles Laici, 36), ricorda che “tra tutte le creature terrene, solo l’uomo è “persona”, soggetto cosciente e libero e, proprio per questo, “centro e vertice” di tutto quanto esiste sulla terra” (Christifideles Laici, 37); “Contano non tanto i beni del mondo, quanto il bene della persona, il bene che è la persona stessa” (Christifideles Laici, 37).

Dal riconoscimento coraggioso e coerente della centralità della persona umana potranno trarre vantaggio le stesse scienze economiche: la persona umana, infatti, nella concretezza delle sue esigenze, delle sue aspirazioni, dei suoi propositi è la prima e fondamentale risorsa di ogni sviluppo.

La Chiesa, che non intende proporre un particolare modello economico (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 41), incoraggia la ricerca dei cultori delle scienze economiche e li invita ad un dialogo fecondo affinché siano colte tutte le dimensioni della persona umana. ivi compresa la sua imprescindibile dimensione etica.

È peraltro motivo di soddisfazione constatare che la disponibilità a considerare la realtà integrale e la nativa dignità della persona è presente anche in molti operatori economici. Accanto allo sforzo di dotarsi di nuovi strumenti e metodologie in vista di un miglioramento del sistema economico, vi è in molti di loro il sincero desiderio di far partecipare all’economia tutti gli attori della vita sociale.

Occorre dunque non stancarsi di ricercare le vie migliori per integrare lo sforzo di razionalizzazione tecnica, proprio di questa complessa fase dello sviluppo, nella prospettiva di una piena crescita umana e morale.

4. Il dialogo che si intende incoraggiare tra etica cristiana e regole economiche non può non toccare il problema della democrazia economica e dei suoi rapporti con la democrazia politica. Oggi sempre più l’informazione, la consultazione, la partecipazione alle decisioni, sono viste come espressione naturale della soggettività dei cittadini (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 15), e come elementi indispensabili della riuscita stessa dell’impresa economica.

L’economia deve ritrovare dunque la sua dimensione umana ed essere concepita come espressione della vita globale dell’uomo, respingendo l’errore di isolare l’interesse individuale dalla solidarietà sociale.

5. Il dialogo tra etica ed economia va sviluppato particolarmente a livello mondiale, come ho indicato nella lettera enciclica Sollicitudo Rei Socialis.

A questo proposito si rivela sempre più urgente una maggiore partecipazione di tutti i soggetti interessati allo sviluppo mondiale nelle sedi dove vengono prese le decisioni che riguardano la vita dell’intera umanità.

Quello che possiamo chiamare il “principio di mondialità”, secondo cui è di competenza mondiale tutto ciò che è di interesse mondiale, dev’essere posto a fondamento dei rapporti sociali, economici e politici. L’interdipendenza non può più essere soltanto il risultato di determinati processi storici: dal punto di vista morale essa si pone ormai come criterio delle scelte e dei comportamenti della famiglia umana. Ciò richiede una revisione profonda dei principi che hanno regolato finora i rapporti internazionali.

6. Al termine di questo incontro desidero confermarvi l’apprezzamento per il lavoro che andate svolgendo ed esortarvi ad ampliarlo e ad approfondirlo, nella luce del Magistero sociale della Chiesa, come autentico servizio culturale e scientifico al bene comune.

Di questi voti è pegno l’apostolica benedizione, che volentieri imparto a voi tutti e a quanti nella Chiesa italiana condividono la vostra ricerca e sollecitudine.

 

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