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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI FAMILIARI DEI MISSIONARI ITALIANI

Sabato, 11 marzo 1989

 

1. Rivolgo un saluto cordiale ai Vescovi, qui presenti, ai superiori provinciali degli istituti missionari, ai responsabili di vari organismi operanti per le missioni, ed a tutti voi, familiari dei missionari italiani, che avete voluto dare significato al vostro pellegrinaggio a Roma con questo incontro col successore di Pietro.

Questa vostra visita mi è particolarmente gradita perché è segno di una generosa e convinta partecipazione all’ansia missionaria della Chiesa e nello stesso tempo è segno di fedeltà al Papa, che di questa ansia missionaria è, per volontà del Signore, il primo interprete.

Il mio ricordo va, in questo momento, a tutti i missionari italiani, religiosi, religiose, sacerdoti e laici, - in massima parte vostri congiunti - che, nelle varie parti del mondo, operano con grande sacrificio e dedizione per il primo annuncio del Vangelo. Come diceva il Papa Paolo VI, di venerata memoria, “li si trova spesso agli avamposti della missione, ed assumono i più grandi rischi per la loro salute e per la loro stessa vita” (Evangelii Nuntiandi, 69) al fine di testimoniare e annunciare la “buona notizia” che Dio è Padre, e che, in Cristo, siamo diventati suoi figli.

Questo incontro può considerarsi una “celebrazione della missione” ed esprime, anche, il cammino che la Chiesa italiana ha compiuto in questi anni, approfondendo e vivendo il piano pastorale “Comunione e comunità missionaria”.

In questa circostanza è opportuno porre in evidenza il valore primario e insostituibile delle persone nell’azione missionaria: il Vangelo si è diffuso nel mondo, perché dagli inizi fino ai nostri giorni, ci sono stati “apostoli” che hanno speso la vita per questa causa.

2. La missione è una sfida con cui la Chiesa deve misurarsi incessantemente se vuol essere fedele al mandato che il Signore le ha consegnato.

Questa sfida si fa più pressante oggi, sia per il numero crescente di gruppi umani che hanno bisogno di ricuperare le loro radici cristiane, sia per il progressivo espandersi di popoli e culture che non conoscono Cristo. É soprattutto la missione ad gentes che pone alla Chiesa problemi urgenti e difficili a causa della vastità dei campi d’azione e della complessità delle situazioni. Ecco perché l’era dei missionari non è finita. Anzi, è necessario rafforzare ed arricchire le varie espressioni di missionarietà sorte in questi anni, ridar loro vigore e incremento. “La messe è molta, ma gli operai sono pochi” (Mt 9, 36): nel nostro tempo, più che in passato, il divario tra esigenze della missione e disponibilità di energie si fa sempre più accentuato. É perciò indispensabile rinnovare una coraggiosa promozione di vocazioni che, nelle diverse forme, si consacrino radicalmente all’impegno missionario.

Questa auspicata rifioritura di vocazioni è legata specialmente alla vitalità e disponibilità della famiglia cristiana: essa in primo luogo è chiamata a comprendere e a vivere l’esigente nobiltà di partecipare responsabilmente all’opera evangelizzatrice della Chiesa. La famiglia cristiana deve sentirsi a pieno titolo “soggetto missionario”, sia impegnandosi nel contesto storico in cui vive sia donando qualcuno dei “suoi” alla causa della missione universale. In quanto “chiesa domestica” essa deve essere cosciente che i valori di fede non sono un patrimonio da consumare all’interno delle sue pareti, ma costituiscono un dono da partecipare e condividere con tutti gli uomini. “Le famiglie cristiane portano un particolare contributo alla causa missionaria della Chiesa coltivando le vocazioni missionarie in mezzo ai loro figli e figlie e, più generalmente, con un’opera educativa che fa disporre i loro figli, fin dalla giovinezza, a riconoscere l’amore di Dio verso tutti gli uomini (Familiaris Consortio, 54).

Modello ideale a cui riferirsi in questo impegno è la famiglia di Nazaret, perché, più di ogni altra, ha saputo vivere la piena disponibilità al piano divino di salvezza, realizzata nella missione di Cristo.

Nella presentazione al tempio Maria e Giuseppe lo offrono a Dio come “sua proprietà”, disposti ad accogliere i misteriosi disegni che l’Onnipotente ha su di lui. Con la stessa fede e disponibilità accettano la “scelta” del dodicenne Gesù in - del pellegrinaggio a Gerusalemme: “Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2, 49).

Durante la vita pubblica Maria accompagna con la sua presenza discreta e rispettosa la missione del Figlio, ne accetta tutte le conseguenze, fino a condividere in pienezza il martirio ai piedi della Croce “soffrendo profondamente col suo Unigenito, e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui” (Lumen Gentium, 58).

3. Ma perché questa vocazione missionaria possa svilupparsi e realizzarsi autenticamente, domanda ai genitori la fede di accoglierla, il coraggio di favorirla e il sacrificio di accompagnarla lungo tutto il cammino, fino ad accettare, eventualmente, la prova drammatica del martirio. L’esperienza del martirio è la testimonianza più grande che oggi, come in passato, la “missione” offre ed è la conferma più credibile della sua autenticità. A questa esperienza sono stati chiamati, ultimamente, anche parecchi missionari, vostri figli, o fratelli o familiari: ciò vi ha causato indicibili sofferenze, ma nello stesso tempo vi ha introdotto nel cuore della missione e vi ha permesso così di associarvi all’amore redentivo di Cristo che salva gli uomini. L’esempio di dedizione offerto dalle vostre famiglie non può essere ignorato dalla comunità ecclesiale, anzi deve diventare stimolo perché essa sappia offrire con generosità quei figli che lo Spirito Santo vuole riservarsi per la missione universale.

La comunità cristiana sia disposta quindi a considerare come dono e grazia queste “chiamate”, nella consapevolezza che esse non la impoveriscono o le sottraggono forze per la sua pastorale, ma costituiscono invece il segno più eloquente della sua vitalità. Infatti, la maturità cristiana di una Chiesa si misura dalla sua capacità di generare vocazioni per la missione.

Cari familiari: nell’impartire la benedizione apostolica voglio affidare voi e i vostri missionari alle materne sollecitudini di Maria. Essa, che servì totalmente la missione del suo Figlio, vi conceda il conforto della sua benevolenza.

 

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