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VIAGGIO APOSTOLICO IN ESTREMO ORIENTE E A MAURITIUS

RIFLESSIONI DI GIOVANNI PAOLO II
SULLA VISITA PASTORALE IN IN INDONESIA

Jakarta (Indonesia) - Venerdì, 13 ottobre 1989

 

Saluto tutti i Vescovi dell’Indonesia qui riuniti, ed esprimo la mia gratitudine, per questa visita considerata un’esperienza ed un dono della Provvidenza, la quale mi ha dato questa possibilità. Prima della visita ho preparato un testo indirizzato ai Vescovi, che distribuirò. Dopo aver fatto l’esperienza di questa visita potrei dire che tutto ciò di cui si parla in questo discorso è vero, ma per me non è abbastanza. Perciò vorrei analizzare ancora una volta questa visita e i suoi molteplici aspetti. Dovrei riflettere su tanti elementi di cui ho avuto esperienza qui; su tanti elementi che ho visto e che ho sentito. Sono arrivato a una visione personale e più profonda di ciò che è l’Indonesia, di ciò che è la Chiesa in Indonesia. Ciò che è l’Indonesia è certamente un problema storico. Chiedendo che cosa l’Indonesia è chiediamo nello stesso tempo cos’era l’Indonesia: la parte antica del mondo, con molti popoli; specialmente che cos’è la moderna Indonesia. Cos’è l’Indonesia oggi? Cosa è stata negli ultimi quarantacinque anni?

E poi cos’è la Chiesa in questo contesto, naturalmente cos’era nel contesto precedente, nel contesto storico? La cristianità in Indonesia, qualche volta, come per esempio a Flores, è vecchia di alcuni secoli. Ma oggi assistiamo a una nuova realizzazione della stessa cristianità, della stessa Chiesa. Mi sembra che questa realizzazione corrisponda profondamente alla visione del Concilio Vaticano II. È necessario prendere nelle proprie mani, avere davanti agli occhi, nella mente, la visione della Chiesa in se stessa e della Chiesa nel mondo, dopo i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II, le sue costituzioni, e poi entrare in questa esperienza. Ieri nel seminario di Maumere mi è stato chiesto perché ho fatto questa visita. Ho risposto che la sto facendo perché il Signore ha detto: “Vai fino ai confini del mondo”. Ma per un motivo speciale io sto facendo questa visita a causa del Concilio Vaticano II. Mi sembra che il Concilio Vaticano II abbia non solo facilitato ma stimolato l’esercizio dell’ufficio petrino nella Chiesa. La Chiesa ha facilitato il perseguimento dell’idea principale del Concilio Vaticano II. Sentiamo che la migliore realizzazione di questa idea principale è semplicemente andare, fare esperienza, incontrarsi, parlare, toccare. Il Papa naturalmente ha un dovere, un dovere espresso da nostro Signore, e poi da molti padri, san’Ireneo ed altri: ha il dovere di mantenere l’unità e l’universalità della Chiesa. E nel nostro tempo il compito di mantenere l’unità e l’universalità della Chiesa può essere svolto in questo modo: visitare, incontrare, toccare, udire, partecipare. Naturalmente la mia esperienza di ciò che è l’Indonesia e di ciò che è la Chiesa in Indonesia non è completa. È solo di una parte, soltanto di alcuni punti di questa grande area, piena di acqua, ma anche piena di isole e di esseri umani.

Non è abbastanza. Specialmente rimpiango profondamente di non aver potuto visitare l’Indonesia settentrionale e nord-orientale, ma cercherò di completare almeno la mia visione. È una Chiesa che cresce, che è visibile, che sta diventando adulta. Era una Chiesa di missionari. Tra di noi ci sono molti Vescovi missionari, soprattutto Vescovi olandesi che hanno portato la cristianità all’Indonesia. Ma adesso è una Chiesa indonesiana e la maggioranza dei Vescovi sono Vescovi indonesiani e stanno prendendo nelle loro mani tutta la responsabilità della Chiesa e del suo futuro, ed anche del futuro della società.

Forse dovrei dire alcune parole sul compito apostolico dei missionari e dei religiosi, uomini e donne. Ma sono stato colpito profondamente ieri dalla presenza, dalle attività e dall’apostolato dei laici. Di alcuni elementi - io presento questi elementi insieme con il testo che ho preparato -, ho fatto una nuova e diretta esperienza durante questa visita. E continuerò le mie riflessioni insieme con i miei fratelli Cardinali, con tutta la Curia romana, con la segreteria di Stato, e specialmente con la congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Sono convinto che il Cardinale Tomko ha fatto le sue speciali osservazioni durante questa visita. Dopo il nostro ritorno a Roma rifletteremo su come approfondire questa esperienza, su come rendere questa esperienza indonesiana più fruttuosa per noi, per la Chiesa di Roma, per la Santa Sede, nella responsabilità verso l’unità e l’universalità della Chiesa. Ma su come rendere questa esperienza più fruttuosa anche per voi, Chiesa in Indonesia. Voi sapete che la struttura spirituale, divina ed umana della Chiesa è una struttura di comunione. Cosa è la comunione? Dice la Lumen Gentium: la comunione è portare, uno porta agli altri, gli altri ricevono e nel ricevere portano a loro volta: è uno scambio. Spero che la Chiesa in Indonesia possa portare alla nascita di nuove forze, di una nuova vita, di nuovi elementi, di un nuovo carisma alla Chiesa universale, alla Chiesa di tutti i paesi del mondo nei diversi continenti.

Così concludo questa allocuzione non preparata “in scriptis”, ma preparata nel cuore, non completa, ma che deve essere completata.

 

© Copyright 1989 - Libreria Editrice Vaticana

 



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