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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE APPARTENENTI AL CONSIGLIO DELLA
«NATIONAL ORGANIZATION OF ITALIAN AMERICAN WOMEN»

Sabato, 29 settembre 1990

 

1. A tutte voi, appartenenti al Consiglio della “National Organization of Italian American Women”, esprimo il mio cordiale benvenuto e il mio vivo compiacimento per l’iniziativa della vostra Conferenza e per la scelta degli argomenti che sono stati oggetto delle vostre riflessioni. Ringrazio l’on. Tina Anselmi per le parole con le quali ha presentato questo incontro.

Pur essendo nate fuori d’Italia, voi non avete dimenticato le radici della nazione italiana che ha dato i natali ai vostri antenati. Infatti uno degli scopi statutari della vostra Organizzazione è quello di fare in modo di essere “modelli per i giovani italoamericani, promuovendo la coscienza delle proprie radici”, e quindi della propria matrice culturale che è profondamente impregnata dalla fede cristiana.

Questo è un compito molto stimolante, ma anche molto impegnativo perché, sebbene viviamo in un mondo in cui non mancano numerosi segni della presenza di una fede vissuta, si avverte un forte disagio spirituale a causa di una sorta di frattura tra gli ideali del Vangelo e certe espressioni culturali, che ne sono la negazione. I principi che ispirano le soluzioni sociali e i comportamenti pratici di molti uomini non sono sempre ispirati ai valori spirituali ed etici recati a noi dalla buona novella.

Essere modelli vuol dire non solo avere una coscienza chiara dei valori umani e cristiani, ma anche percepire la necessità intrinseca di viverli in prima persona e di tramandarli così alle nuove generazioni. Giustamente il mio predecessore Paolo VI diceva che “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri è perché questi sono testimoni” (Insegnamenti di Paolo VI, XII [1974] 895-896). Essere modelli vuol dire pertanto testimoniare con la propria vita i valori a cui si crede.

Il Concilio, nel messaggio alle donne, richiama tale necessità, quando le esorta a trasmettere ai propri figli e alle proprie figlie le “tradizioni dei padri”. Ogni madre, infatti, nei propri figli deve sentirsi artefice anche di quell’avvenire che ella forse non potrà vedere.

Tutto questo vi dovrà impegnare e tenere pronte a difendere la vita “e a lottare perché a qualsiasi problema dell’uomo si trovino soluzioni oneste che rifuggano dall’uccisione di nuove vite, perché non ci sia mai contraddizione tra le leggi divine di trasmettere la vita e i doveri umani di un autentico amore per le persone” (Gaudium et spes, 51).

2. Le ragioni della vostra Associazione le avete voi stesse sintetizzate nelle parole “sviluppo e progresso”. Sta a voi pertanto promuovere e incrementare codesto compito che nasce, oltre che dal vostro statuto, dalla stessa cultura dalla quale provenite. Sviluppo e progresso non possono attuarsi soltanto su un piano tecnico-materiale, e neppure su quello meramente sociale, ma vanno promossi anche e soprattutto alla luce dei valori spirituali di amore, di giustizia, di libertà e di solidarietà fraterna.

Anche il problema della donna va colto dentro questi valori, che implicano rapporti diversi della donna all’interno della famiglia, della Chiesa e del mondo del lavoro. Questo significa che non ci può essere un’effettiva evoluzione sociale se non passa attraverso il cambiamento d’una mentalità chiusa nel proprio guscio e la revisione dei diversi rapporti interpersonali. In tale prospettiva la donna deve riscoprire che il suo compito non è solo quello di complementarità, in quanto l’uomo e la donna sono fatti l’uno per l’altra; ma anche di reciprocità, in quanto l’uomo e la donna sono chiamati a prendere coscienza del dono scambievole di se stessi.

3. Mentre vi esorto a continuare con nuova e accresciuta dedizione la vostra delicata missione nella famiglia, nella Chiesa e nella società, vi invito a innalzare il vostro sguardo a Maria, e ad aprire il vostro animo a Colei che ha vissuto in modo pieno la sua vocazione di donna, perché totalmente immersa nel mistero del suo Figlio, Redentore dell’uomo.

A conferma di questi pensieri, vi imparto la benedizione del Signore, estensibile a tutti i membri della vostra Organizzazione e a tutti i vostri cari.

 

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