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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA ROMANIA IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 23 marzo 1991

 

Venerati fratelli nell’Episcopato,

“Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum!” (Sal 133, 1).

1. Ben si addicono all’odierna circostanza le parole del salmo. Grande è infatti la gioia di incontrarci dopo lunghi decenni di sofferenza e di tribolazioni. Benedico assieme a voi con animo grato la Provvidenza divina che ha aperto sentieri di speranza anche per la Chiesa in Romania e a voi tutti porgo il più caloroso e fraterno benvenuto. Abbraccio con affetto ciascuno di voi e ringrazio Monsignor Alexandru Todea, Presidente della Conferenza Episcopale, per i sentimenti che a nome vostro ha voluto esprimermi partecipandomi anche le speranze delle vostre diocesi in questo incontro che per alcuni aspetti possiamo definire storico. È come un sogno che si realizza, un appuntamento a lungo sospirato che finalmente può avverarsi. Ne ringraziamo il Signore dal fondo del cuore! In voi saluto la comunità cristiana della cara Nazione romena così duramente provata in questi anni. In voi rendo omaggio alla folla innumerevole dei credenti che hanno conservato la fede durante il tempo prolungato della prova, testimoniando, talora a prezzo della propria vita, l’indomito attaccamento a Cristo e alla sua Chiesa.

Vi accolgo con le parole con cui l’apostolo Paolo si rivolgeva alla comunità cristiana di Efeso: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità” (Ef 1, 3-4).

La vostra presenza permette di riallacciare i contatti con l’Episcopato romeno. Di particolare commozione è oggi ripieno il mio cuore, poiché questa vostra prima visita “ad limina” avviene dopo 43 anni di gravi sofferenze. In realtà iniziava, in quel 21 ottobre 1948, profondamente impresso nella vostra memoria, una dolorosa stagione di restrizioni e di isolamento. Ma nelle vostre comunità ecclesiali non si è mai spenta la fiamma della fedeltà al Vangelo. Ed ora siamo lieti di darne, tutti insieme, gloria a Dio.

2. Vorrei ricordare, in proposito, gli intrepidi sei Presuli imprigionati alla fine del 1948 e dai quali l’autorità statale esigeva il rinnegamento della fede cattolica e la rottura delle relazioni con la Sede apostolica. Essi, tuttavia, rimasti saldi nella verità, resistettero a blandizie e tentazioni. Tre morirono quasi subito in prigione; Monsignor Ioan Balan si spense, poi, nel 1959; Monsignor Alexandru Rusu nel 1964, e l’ultimo, il venerato Monsignor Iuliu Hossu spirò a Caldarusani il 28 maggio 1970, come primo Cardinale romeno, creato “in pectore” dal mio predecessore Paolo VI, nel Concistoro del 28 aprile 1969 e reso pubblico nel successivo Concistoro del 5 marzo 1973. “Un insigne servitore della Chiesa -disse di lui il Pontefice -altamente benemerito per la sua fedeltà e per le sue prolungate sofferenze e privazioni di cui essa gli fu causa; simbolo e rappresentante egli stesso della fedeltà di molti Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli della Chiesa romena di rito bizantino”. “Fu lui stesso -aggiungeva ancora Paolo VI di venerata memoria -a farci giungere -conosciuta la nostra determinazione -l’ardente preghiera di non darvi seguito: con ragioni di tale dignità, di tale edificante distacco dalla sua persona e di commovente spirito di servizio alla sua Chiesa, che ci sentimmo obbligati a rispettare il suo desiderio almeno nel senso di non annunciare allora la sua elevazione alla Porpora. Essendo ora egli scomparso dalla scena del mondo, che ancora conserva però commosso il suo ricordo, ci reputiamo quasi in dovere di far sì che la Chiesa intera, e quella romena in specie, conosca, a conforto e ad incoraggiamento, e quale sia stata la nostra volontà e quali i motivi per i quali essa non è stata resa nota prima d’oggi” (Pauli VI, Allocutio in Consistorio secreto, die 5 mar. 1973: Insegnamenti di Paolo VI, XI [1973] 194).

Sento oggi il dovere di rendere omaggio alla memoria di questi intrepidi Vescovi e di unire nel ricordo i numerosi sacerdoti, religiosi, e laici, che nel tempo della persecuzione hanno conservato inalterata la loro fede.

3. Permangono, certo, tuttora ragioni di preoccupazioni e difficoltà, ma si può ben sperare che in Romania l’alba, che si è appena levata, preannunci un nuovo giorno foriero di giustizia, di libertà e di pace. I grandi rivolgimenti che hanno di recente segnato l’ampia Regione dell’Est europeo, hanno aperto anche nel vostro Paese, pur fra tante sofferenze, gli animi alla fiducia. Insperate possibilità apostoliche si offrono ora alla comunità dei credenti in una delicata e difficile fase di cambiamento sociale: si tratta di offrire un contributo determinante alla costruzione di una società riconciliata e solidale. Vasta è pertanto la vostra missione. Vi attende prima di tutto l’impegno a ricostruire le strutture delle vostre Diocesi. Dovete, poi, pensare all’elaborazione di un comune programma pastorale, in modo tale che la vostra voce parli all’unisono di fronte ai fedeli e di fronte alla società.

“Come tu, Padre; sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,20). La preghiera di Cristo, che riascolteremo il Giovedì Santo, sia guida costante di ogni vostra azione e programma. Dimorate nella mutua concordia e conducete le comunità affidate alle vostre cure verso un’unità di fede e di vita sempre più vigorosa e più costruttiva. In realtà, anche voi siete consapevoli che la vostra Conferenza Episcopale potrà raggiungere gli obiettivi sperati, solo se è alimentata da una progressiva ed intensa comunione fra tutti i Presuli. Un’intesa fraterna cementata dalla comunione costante, sotto la guida dell’unico Spirito, che dà vita alla Chiesa nella molteplicità delle lingue e nella varietà dei riti. “È per opera dello Spirito Santo che noi possiamo operare “in persona Christi”, celebrando l’Eucaristia e svolgendo tutto il servizio sacramentale per la salvezza degli altri” (Ioannis Pauli PP. II, Lettera ai sacerdoti per il Giovedì santo, 10 marzo 1991).

4. L’unità fra voi, vivificata dall’ascolto della Parola di Dio e dalla partecipazione all’unica Eucaristia “sacramento di amore, segno di unità, vincolo di carità” (Sacrosanctum concilium, 47), vi sosterrà, grazie al sincero dialogo e alla fattiva collaborazione, nell’affrontare e nel risolvere i problemi con i quali vi trovate confrontati. Vi aiuterà anche, ne sono certo, a ricercare soluzioni possibili per le difficoltà esistenti con la Chiesa Ortodossa, nel mutuo rispetto e nello sforzo di reciproca comprensione, secondo la nota dottrina del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Rivolgo ora un pensiero particolare alle comunità orientali di rito bizantino-cattolico che dopo i 40 anni di prove dolorose sono chiamate a riorganizzarsi e dare impulso rinnovato alla loro vita interna e alla loro attività pastorale. Il Concilio Ecumenico Vaticano II offre al riguardo chiare indicazioni perché le Chiese Orientali conservino quella tradizione derivata dagli Apostoli che costituisce una parte dell’indivisibile eredità di tutta la Chiesa: “Vige tra le Chiese particolari o riti una mirabile comunione, di modo che la varietà nella Chiesa non solo non nuoce alla sua unità, ma anzi la manifesta; è infatti intenzione della Chiesa cattolica che rimangano salve e integre le tradizioni di ogni Chiesa o rito particolare, e parimenti essa vuole adattare il suo tenore di vita alle varie necessità dei tempi e dei luoghi” (cf. Orientalium Ecclesiarum, 2).

Questo testo conciliare concerne ovviamente anche la Chiesa cattolica di rito bizantino-romeno. L’evangelizzazione in Romania fu di radice latina sino all’alto Medio Evo, quando le terre romene caddero sotto il dominio della Bulgaria e venne introdotta con il rito bizantino la lingua slava come lingua liturgica. Facendo parte della Chiesa bulgara, i Romeni si sentirono di fatto nell’orbita di Bisanzio, già separata da Roma.

Non cessarono durante i secoli i tentativi di rinsaldare l’antica unità sino al pieno ristabilimento della comunione nel Sinodo in Alba Julia, il 7 ottobre 1698. In tale Assemblea il Vescovo Atanasie, insieme a 2270 sacerdoti, pronunciava, com’è noto, la professione di fede cattolica. Tra sette anni la Chiesa che è in Romania celebrerà con la Chiesa Universale il 300 anniversario di così felice e benedetto avvenimento e voi, Venerati fratelli, insieme col clero e il popolo di Dio vi apprestate a riviverne la memoria. Prego il Signore affinché la comune preparazione stimoli tutti voi ad una collaborazione sempre più stretta seguendo le indicazioni del recente Concilio che così afferma: “Le Gerarchie delle varie Chiese particolari, che hanno giurisdizione sullo stesso territorio, procurino col mutuo scambio di consigli in periodici incontri, di promuovere l’unità di azione, e, con forze congiunte, di aiutare le opere comuni, onde far progredire più speditamente il bene della religione e più efficacemente tutelare la disciplina del clero” (Ivi, 4). Sperimenterete l’efficacia dell’intervento dello Spirito che rinnova anche oggi i prodigi della Pentecoste e matureranno nelle vostre Chiese particolari frutti abbondanti di giustizia e di santità. Perché ciò avvenga in pienezza, la vostra sollecitudine per il gregge di Cristo affidatovi, lo sforzo per la diffusione e il consolidamento del Regno di Dio si ispirino sempre al comando del Signore trasmesso ai Discepoli durante l’ultima cena: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 34-35).

5. Alla luce del comandamento della carità siate innanzitutto voi, venerati fratelli nell’Episcopato, intrepidi apostoli della verità e costruttori di amore concreto, restando senza sosta in ascolto dello Spirito che vi ha consacrati con l’unzione e vi ha mandati (cf. Is 61, 1) a testimoniare nella misericordia e nella solidarietà la benevolenza divina verso tutti. Con sollecitudine costante sentitevi padri dei sacerdoti, vostri primi e preziosi collaboratori nella vigna del Signore; interessatevi alle loro condizioni materiali e spirituali, e al loro necessario aggiornamento teologico e pastorale; cercate di assicurare un congruo sostentamento ai presbiteri anziani e malati. La cura dei futuri ministri dell’altare sia, inoltre, vostro impegno prioritario. Grati al Signore per la promettente fioritura di vocazioni al ministero presbiterale e alla vita religiosa, non dimenticate che ogni vocazione va coltivata con sacrificio e dedizione senza tralasciare alcun aspetto della formazione umana, culturale e spirituale.

La presenza degli Istituti di Vita Consacrata costituisce un prezioso dono della Provvidenza per le vostre Diocesi: è vostra missione, pertanto, discernerne i carismi e sostenerne la testimonianza evangelica con ogni mezzo possibile poiché “torna a vantaggio della Chiesa stessa che gli Istituti abbiano una loro propria fisionomia ed una loro propria funzione” (Perfectae caritatis, 2).

Non potrebbe, tuttavia, esserci nella Chiesa piena vitalità senza l’apporto determinante dei laici e soprattutto della famiglia cristiana, cellula primaria dell’organismo ecclesiale. Per tale ragione vi incoraggio a porre la Famiglia di Nazaret come modello e base dell’intera vostra azione missionaria. Guardare alla Sacra Famiglia vi renderà più attenti a tutto ciò che fa crescere nella famiglia l’unità e l’amore. Il rispetto e la difesa della vita, il rifiuto del divorzio e dell’aborto, la promozione delle virtù domestiche, l’educazione dei figli quale compito fondamentale dei genitori, l’incremento della spiritualità familiare, l’impegno dei laici nel mondo rappresentano altrettanti temi progettuali sui quali converrà che si concentrino la vostra riflessione e il vostro programma pastorale.

6. Non potrei concludere quest’incontro, particolarmente fraterno, senza rivolgere un saluto speciale alla gioventù, speranza della Chiesa e del popolo romeno. Non sono forse i giovani coloro che hanno maggiormente sofferto in questi ultimi decenni? Non portano essi ancora i segni di tale dolorosa prova? Il futuro è nelle loro mani, nelle loro intelligenze, nei loro cuori. Per questo la Chiesa, madre vigile e provvida, sente il dovere di additare loro il sentiero della verità e della pace, proporre loro un itinerario di fede cristiana adulta e responsabile che assuma con coraggio tutti i valori del Vangelo. Si preoccupa di sorreggere i giovani con una formazione religiosa sistematica e continua ben confacente ad ogni loro situazione.

Venerati fratelli nell’episcopato, vi affido i giovani! Portateli a Cristo ed Egli colmerà la loro sete di verità, di giustizia, di amore. In essi è già presente la Chiesa del futuro, la Chiesa del terzo Millennio cristiano, verso il quale camminiamo accomunati dallo sforzo di una nuova impegnativa evangelizzazione.

Annunciare il Vangelo di Cristo: ecco la sfida missionaria che vi attende nei prossimi anni! L’utilizzo dei mezzi moderni di comunicazione sociale non sia da voi tralasciato per conseguire un così importante traguardo. Il Redentore dell’uomo che vi ha guidati sino ad oggi non vi lascerà soli in questa ulteriore tappa della vostra storia.

Affido a Maria, Madre della Chiesa i progetti, le speranze e le difficoltà dell’ora presente. Affido a lei la vostra Patria: sotto il patrocinio della celeste Regina della pace possa la Romania conoscere l’auspicata primavera di vero progresso sociale.

L’ora presente è un momento provvidenziale per irradiare la luce e la forza del Vangelo in tutta la società romena. Senza paura, fiduciosi nell’assistenza del Signore, aiutate le vostre Comunità ad essere artefici di riconciliazione e di solidarietà.

Vi accompagni anche la mia benedizione apostolica che con affetto imparto a voi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle famiglie e alle intere comunità ecclesiali della vostra, a me tanto cara, Nazione romena.

 

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