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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A GENITORI, STUDENTI E DOCENTI
DELLE SCUOLE CATTOLICHE

Sabato, 23 novembre 1991

 

1. “Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono” (Gv 13, 13).

Queste parole di Gesù nel momento solenne dell’Ultima Cena, accompagnate dall’umile servizio della lavanda dei piedi agli Apostoli, fanno parte del testamento che il Signore ha affidato alla sua Chiesa come tesoro inalienabile. Da quel momento in poi ricordare la memoria di Gesù significa sempre incontrare il Maestro che serve, colui che con profondo amore dice la verità all’uomo e che secondo la verità insegna la via di Dio (cf. Mc 12, 14.32). È, quindi, ritrovare alla sorgente la verità di ogni magistero ecclesiale, sempre memori del detto del Signore: “Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli” (Mt 23, 8).

Considerando questa immagine del Cristo Maestro, la scuola cattolica ritrova la sua identità profonda, ed insieme il coraggio e la forza di procedere nella sua missione, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, talora gravi, che essa incontra.

È quanto emerge dal Convegno che avete svolto in questi giorni e che ora desiderate concludere qui con il Papa, per avere una parola di orientamento, di stimolo e di incoraggiamento.

2. Esprimo la mia viva gratitudine a quanti poco fa, interpretando i sentimenti e le preoccupazioni di voi tutti, hanno introdotto e motivato questo importante incontro.

Ringrazio di vero cuore la Conferenza Episcopale Italiana per essersi fatta promotrice del Convegno. Saluto il Cardinale Presidente della Conferenza Episcopale, il Cardinale Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, il Segretario Generale, la Commissione episcopale della CEI per l’Educazione Cattolica, la Scuola, la Cultura e l’Università e tutti i Vescovi presenti.

Saluto i Presidenti dell’Unione Superiori Maggiori e della Conferenza Italiana Superiori Maggiori, i Superiori Generali e Provinciali delle Congregazioni maschili e femminili impegnate nella Scuola Cattolica. So che al vostro Convegno hanno collaborato religiosi e religiose con tanta disponibilità e spirito di collaborazione.

Saluto le Autorità Civili e ringrazio il Signor Ministro della Pubblica Istruzione per la sua presenza.

3. Si legge nel Vangelo che Gesù Cristo, mentre svolgeva il suo ministero, “vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose . . . e spezzò i pani e li diede ai discepoli perché li distribuissero” (Mc 6, 34.41). La persona di ciascuno, nei suoi bisogni materiali e spirituali, è al centro del magistero di Gesù; per questo la promozione della persona umana è il fine della scuola cattolica.

È necessario ricordare che si tratta della persona dei giovani, chiamati a divenire responsabili della loro stessa vita e di quella della società. Si sa come la condizione giovanile sia ricca di possibilità, segnata da fermenti positivi, vero fondamento del futuro di un popolo e della Chiesa; ma è anche noto il rischio grave di una crescita deformata, a causa di visioni culturali e di modelli di vita francamente inaccettabili. Contrastare i segni negativi tramite una serena, profonda e chiara proposta educativa, che trova la sua piena realizzazione nella consapevole adesione alla fede cristiana: ecco una sfida tanto alta quanto necessaria, cui la Chiesa è chiamata a far fronte nelle molteplici forme di azione pastorale.

4. È doveroso riconoscere, anzitutto, che il primo impegno della scuola cattolica è di essere scuola, cioè luogo di cultura e di educazione, di cultura ai fini dell’educazione. Tale scopo sarà da ricomprendere ininterrottamente perché sia aderente alla realtà, così mutevole ed insieme bisognosa di intervento competente, tempestivo e coraggioso. Non dovranno mancare il dialogo e il confronto con il mondo della cultura religiosa e di quella laica, e con le altre forme di scuola, per il conseguimento di quei fini che la comunità civile attende dalle scuole.

Rimane vero che tratto costitutivo irrinunciabile della scuola cattolica è il suo riferimento esplicito, ricercato ed attuato a Cristo Maestro, così come viene proposto dalla Chiesa. Con parole semplici ed incisive si potrebbe dire che suo scopo è formare alunni ad un corretto uso della ragione e all’ascolto della Parola della Rivelazione, ossia alla percezione di come Dio intenda intervenire per illuminare, salvare ed elevare ogni esperienza umana.

In questa prospettiva diventa compito certamente alto, ma di grande importanza, tradurre nella scuola cattolica quelle che sono le “antiche” e sempre “nuove” parole della tradizione cristiana: fede, solidarietà, impegno per la giustizia e la pace, legge morale, nella speranza che razionalità e fede abbiano a fare sintesi sapienziale e di grande incidenza morale.

Ci rendiamo conto, infatti, che la preoccupante situazione morale, civile, istituzionale in cui versa l’Italia non può non diventare per la scuola cattolica un invito diretto e pressante ad assumere, con i mezzi che le sono propri, gli obiettivi di una rinnovata formazione di persone che abbiano una chiara coscienza delle proprie responsabilità.

Per questa via la scuola cattolica potrà ottenere un altro titolo di merito, fino ad ora forse poco riconosciuto, ma di singolare efficacia: in essa, proprio perché scuola e comunità educante, la pastorale della Chiesa potrà trovare delle risorse quanto mai significative e adeguate per la crescita di testimoni qualificati.

5. Un altro tratto distintivo della scuola cattolica, che le proviene dalla storia, è la sua vocazione popolare. Tale indirizzo rimane sempre al primo posto nel pensiero della Chiesa: donare cultura al povero significa dargli la prima libertà e dignità, quella, cioè, di riconoscere la verità di se stesso come persona, creata ad immagine di Dio, chiamata alla parità dei diritti e dei doveri. Volere, dunque, una simile scuola, potenziarla, adeguarla alle esigenze attuali delle nuove povertà è certamente nel pensiero di Cristo Maestro e nelle attese della sua Chiesa.

La realizzazione di questo servizio alle fasce sociali più deboli e la promozione del bene sociale trovano attuazione più diretta in due esperienze che oggi vivono particolari situazioni di disagio. Mi riferisco, anzitutto, alle scuole materne, la cui opera educativa rimane sempre necessaria alla società. Nulla si può fare di più prezioso per il futuro del mondo che incoraggiare e sostenere tutte le istituzioni che prendono a cuore la crescita dei bambini.

Il mio pensiero va, poi, anche ai centri di formazione professionale: essi sono stati titolo di onore, lungo i secoli, per tante famiglie religiose e per altre istituzioni ecclesiali. Le scuole professionali possono recare un contributo non piccolo alla soluzione della questione sociale, proprio perché esse perseguono prima di tutto la promozione completa della persona e l’integrazione tra cultura e professione. Ma a questo fine non posso non sottolineare la necessità che anche questo canale di educazione ottenga dalle autorità competenti il riconoscimento effettivo della pari dignità educativa.

Nel contesto poi dell’orizzonte universale cui Cristo Maestro chiama la sua Chiesa ed ogni credente in essa, la scuola cattolica, proprio in forza di tale qualifica, si distingue per l’apertura ai grandi avvenimenti del mondo, formando gli alunni all’atteggiamento di solidarietà generosa. In questi tempi è lo stesso continente europeo che interpella la scuola, la quale ha accolto con partecipe consapevolezza il progetto delineato per la prossima Assemblea Speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi. Quale fattore caratterizzante la scuola cattolica, ed insieme garanzia delle connotazioni precedenti, va rimarcata ancora oggi e con rinnovata forza, anche nel confronto dell’Italia con gli altri Paesi europei, l’esigenza di libertà e di pluralismo. Tale esigenza si rivolge alle istituzioni statali, perché garantiscano in concreto alle scuole cattoliche il diritto di esistere e di vivere con pari dignità, senza essere gravate da oneri talmente pesanti che di fatto compromettono la loro stessa sussistenza, riconoscendo piuttosto - perché è la verità - che da queste scuole debitamente attrezzate deriva alla comunità civile un incalcolabile contributo di cultura e di valori morali e spirituali.

6. La scuola cattolica si realizza attraverso l’opera dei docenti laici e di quelli religiosi.

I primi, in forza della loro stessa condizione laicale, hanno il dono di contribuire ad una più incisiva educazione umana e cristiana nei riguardi delle realtà terrene e dei valori temporali fatti oggetto di cultura nella scuola. Invece ai religiosi è dato, in un certo modo, di completare il processo culturale aprendolo alla profezia del Regno, in forza - si potrebbe dire - della loro stessa consacrazione, proponendo nuovi e più radicali valori all’esistenza umana. Ne deriva una forma complementare di educazione, che armonizza entrambe queste due prospettive educative. È giusto ricordare che, in tale ottica, il laico docente cristiano si inserisce nella scuola quale soggetto responsabile a pieno titolo, grazie anche ad onesta contrattualità retributiva.

Ai docenti laici, assieme alla riconoscenza per il loro prezioso lavoro, raccomando un peculiare impegno che proviene dalla loro vocazione laicale: fate in maniera che siano comprese ed interiorizzate dagli alunni le intenzioni cristiane della vostra scelta professionale, curate in particolare la maturazione etica delle coscienze ed insieme sappiate cogliere e coltivare le istanze ai valori del vero e del bene, emergenti nel mondo dei giovani.

I docenti religiosi rappresentano, per tantissima parte in Italia, coloro che portano l’evangelico “pondus diei et aestus” (cf. Mt 20, 12) della scuola cattolica. Ad essi non può non andare una parola di vivo ringraziamento. Le vostre scuole sono parte importante della storia culturale ed educativa di questo Paese. A voi la scuola di oggi può sembrare talmente sovraccarica di oneri gestionali, amministrativi ed organizzativi da non consentire sempre una presenza pastorale diretta. Può anche avvenire che in diversi religiosi si apra un conflitto tra esercizio di docenza e vocazione, dato l’assillo richiesto da una competente professionalità scolastica.

Io vi invito ad avere coraggio, a ritenere che il dialogo tra fede e cultura, che voi impostate ed attuate nella scuola, ha in sé i germi decisivi che potranno sostenere, lo sforzo della nuova evangelizzazione della Chiesa. La Chiesa si aspetta molto dalla scuola cattolica per la sua stessa missione in un mondo, in cui la sfida culturale è la prima, la più provocante e gravida di effetti. Tocca a voi di ripensare il vostro compito, sapendo che la scuola cristianamente assunta è e rimane luogo di autentica vocazione religiosa, di testimonianza missionaria e di cammino di grande santità.

7. Voi, cari genitori, siete chiamati ad accogliere e sostenere il progetto educativo della scuola. È troppo preziosa la vostra condizione di sposi e di genitori per non prolungare in un certo modo il vostro ruolo paterno e materno nell’educazione che la scuola cattolica propone come servizio allo sviluppo della vita, secondo la visione del Vangelo. Partecipare, dunque, alla vita della scuola cattolica è un titolo di merito che esige sempre più attenta considerazione da parte di tutti i soggetti educativi.

Voi, alunni, che siete al centro delle attenzioni degli educatori, sappiate che è per voi che si è fatto questo Convegno, ma che è con voi che si riuscirà a realizzarne gli obiettivi. Consentitemi di tornare un poco al tempo in cui ero anch’io alunno come voi. Che cosa si teme di più nella scuola? Sono le interrogazioni. Vi auguro di non essere mai bocciati. Ma non lo sarete, se saprete rispondere alle interrogazioni. Gesù Maestro faceva molte domande e, interrogato, dava risposte sapienti. Ecco un traguardo che darà pienezza alla vostra personalità: saper interrogare, cioè andare a fondo delle cose, oltre le apparenze, e diventare onesti cercatori della verità, in particolare di quella religiosa; ed insieme saper ascoltare le risposte, quelle dei docenti e dei genitori. Dovete far sì che la vostra scuola sia attiva, aperta, in grado di curare la formazione integrale della vostra persona.

8. Alle comunità ecclesiali ricordo il compito di riscoprire il dono della scuola cattolica nel proprio ambito e, quindi, la responsabilità di conoscerne l’identità, le funzioni, le esigenze, aiutandone lo sviluppo, difendendone con coraggio la libertà e i diritti, valorizzandone le possibilità formative pastorali.

Allo stesso tempo, prego i responsabili della società civile di voler valutare il contributo di cultura, di valori educativi e didattici, di formazione dell’uomo e del cittadino, cui la scuola cattolica tende con la originalità della sua ispirazione cristiana. Non bisogna dimenticare che tanti sono i bisogni della società italiana, in particolare nell’ordine della educazione delle nuove generazioni: solo una proficua e leale collaborazione di tutte le istituzioni, che tendono a tale scopo, può recare i frutti tanto attesi.

È ciò che ricordava il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, nella sua nota Dichiarazione sull’educazione cristiana: “I pubblici poteri, a cui incombe la tutela e la difesa della libertà dei cittadini, nel rispetto della giustizia distributiva debbono preoccuparsi che le sovvenzioni pubbliche siano erogate in maniera che i genitori possano scegliere le scuole per i loro figli in piena libertà, secondo la loro coscienza” (Gravissimum educationis, 6).

9. “Le mie parole sono spirito e vita” (Gv 6, 64), ha detto un giorno il Maestro Gesù, nella piena consapevolezza, testimoniata dai fatti, che chi cammina dietro a lui, non cammina nelle tenebre (cf. Gv 8, 12). Nell’imminenza della festa di Cristo Re, mi è caro raccogliere le fatiche e i frutti del vostro Convegno e farne offerta a Dio, affinché egli consacri i vostri sforzi generosi e vi ridoni l’energia e la gioia di continuare il vostro cammino di educatori cristiani nella scuola cattolica per il bene della società.

 

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