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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI
ALLA II ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
DELLA PASTORALE PER GLI OPERATORI SANITARI

Martedì, 11 febbraio 1992

 

1. Sono molto lieto di porgere il mio saluto a voi tutti, partecipanti alla II Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari. Ringrazio il Signor Cardinale Fiorenzo Angelini per le cortesi parole rivoltemi e per la presentazione che ha fatto dei vostri lavori. Mi congratulo con voi e a voi mi unisco nel render grazie al Signore per quanto vi è stato possibile realizzare in questi anni di attività del vostro Consiglio. Attraverso di esso la Chiesa svolge, in modo specifico, una parte importante della sua missione al servizio dell’uomo. Le implicazioni della pastorale sanitaria sono molteplici e complesse: come tali, richiedono costante attenzione, dedizione qualificata e notevole disponibilità al dono generoso di se stessi agli altri.

2. Prima di accennare alle iniziative più rilevanti da voi condotte, credo giusto sottolineare l’assiduo e proficuo lavoro impropriamente detto ordinario, che i responsabili, i membri, i consultori, il personale e i collaboratori volontari del vostro Dicastero quotidianamente assicurano. Mi riferisco all’incremento delle relazioni con i Rappresentanti pontifici e con le Conferenze episcopali; al crescente dialogo con i Vescovi delegati per la Pastorale sanitaria nelle Chiese locali; alle numerose visite pastorali a ospedali; agli incontri col personale religioso sanitario, con le associazioni di medici, di infermieri e di volontariato; alla pubblicazione in più lingue della vostra apprezzata rivista; alla preparazione di sussidi di pastorale sanitaria; al contributo offerto alle Assemblee ordinarie e speciali del Sinodo dei Vescovi; all’elaborazione del Codice deontologico per gli Operatori Sanitari; all’attenta azione svolta per avviare la Federazione internazionale degli Ospedali Cattolici.

3. Il mio particolare apprezzamento va, inoltre, alle Conferenze internazionali che il vostro Dicastero, dalla sua istituzione, ha promosso ogni anno affrontando, con un approccio interdisciplinare scientifico, filosofico, teologico, questioni di grande attualità quali: i farmaci al servizio della vita umana, l’umanizzazione della medicina, la longevità e la qualità della vita, l’Aids, la mente umana, la droga e l’alcolismo. So che già siete al lavoro per preparare la prossima Conferenza, in programma per l’autunno 1992, sul tema dei disabili e dei portatori di handicap. L’intervento di prestigiosi relatori, la sempre più numerosa e qualificata partecipazione di operatori sanitari, l’accoglienza incontrata dagli Atti tempestivamente pubblicati sono altrettante conferme del valore e dell’utilità di queste Conferenze internazionali. Vi incoraggio, perciò, a continuare su questa strada che si è dimostrata tanto proficua, contribuendo a far crescere, a ogni livello, la coscienza della gravità e dell’urgenza dei problemi legati al mondo della sanità e della salute. Apprezzamento merita pure la dedizione con cui il Pontificio Consiglio è più volte intervenuto, in maniera discreta e in spirito di carità, per alleviare sofferenze e situazioni di profondo disagio, collaborando con le Conferenze Episcopali, con i Pastori delle Chiese locali, con le Istituzioni religiose e con tutti gli Organismi impegnati nel difendere e promuovere la vita là dove si trova ad essere più gravemente in pericolo.

4. Ma non vogliamo soffermarci soltanto a ricordare il passato. Il pensiero si volge, soprattutto verso il futuro, per individuare le sfide emergenti e assicurare nuovo impulso alla vostra azione. Proprio a tale sentita esigenza intende rispondere l’attuale “Plenaria” con gli argomenti che ne costituiscono l’ordine del giorno. Il Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari mi sta particolarmente a cuore, perché ritengo fondamentale il contributo che esso è chiamato a dare allo svolgimento della missione della Chiesa nel nostro tempo. Come ho scritto nell’Esortazione apostolica Christifideles laici, “nell’accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole o malata, la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione, tanto più necessaria, quanto più dominante si è fatta una «cultura di morte»” (n. 38).

5. Il pensiero va alle parole riferite dall’evangelista Giovanni: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” (Gv 11, 21). Esse non sono soltanto il lamento e quasi un velato e amorevole rimprovero a Gesù di due sorelle, Marta e Maria, profondamente addolorate per la morte del loro fratello Lazzaro. Sono anche il lamento che si rinnova lungo la travagliata storia del genere umano: il lamento del dolore, della malattia, della morte. Su questa condizione di umana miseria getta vivida luce la fede in Cristo Risorto. Da essa sorretti, noi sappiamo che Cristo è con noi, che lui è la risurrezione e la vita, e che perciò, chi crede in Lui, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in Lui non morrà in eterno (cf. Gv 11, 25-26). Cristo ha iniziato il suo ministero evangelizzando il dolore, la malattia e la morte, “affinché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (Mt 8, 17; cf. Is 53, 4). Come buon Samaritano dell’umanità, si è fatto “prossimo” dei sofferenti che incontrava sul suo cammino, chinandosi sulle loro infermità, lenendone il dolore col balsamo della sua parola, e spesso guarendone le stesse malattie. Secondo la parola di Pietro, Egli “passò beneficando e risanando tutti” (At 10, 38). Gesù continua questo suo ministero a favore degli uomini, suoi fratelli, mediante gli uomini stessi. Egli chiama ciascuno ad essere suo collaboratore in questa premura per l’altro; a vedere, quindi, con gli occhi dell’amore la grandezza dell’uomo - l’unica creatura sulla terra che Dio ha voluto per se stessa (cf. Gaudium et spes, 22) -, grandezza spesso celata dietro il velo della debolezza fisica.

6. In questo contesto si collocano le proposte che voi indicate come urgenti per la pastorale sanitaria nell’immediato avvenire. Di fatto, gli argomenti da voi trattati in questi giorni di lavoro si trovano al centro dell’attenzione dell’umanità: la difesa e la promozione del valore incommensurabile di ogni vita umana dal suo concepimento fino al suo naturale tramonto; l’integrazione sociale dei disabili e dei portatori di handicap; l’aiuto alla ricostruzione dei Paesi dell’Est europeo, dove urgenti sono i problemi sanitari e dove la collaborazione con le Chiese Orientali nel campo della pastorale sanitaria può contribuire alla promozione del dialogo ecumenico; e infine, l’evangelizzazione. La pastorale sanitaria si conferma così quale componente integrale della missione della Chiesa. Chiamata a recare il Vangelo di salvezza a tutto il mondo, la Chiesa non può fare a meno della testimonianza di un amore che si china su chi soffre, per condividerne la pena e cercare di alleviarla per quanto è possibile.

7. Carissimi fratelli e sorelle, irradiate con zelo crescente il Vangelo della sofferenza, convinti che l’aiuto generoso a chi soffre è un fattore di unità nella carità e una premessa di nuove solidarietà tra gli uomini. Vi sostenga in tale provvida azione la fiducia nell’Uomo-Dio, che proprio dalla Croce volle trarre a sé ogni cosa, santificando il dolore e trasformandolo in forza redentrice. Dal mistero pasquale s’effonde una luce singolare sul compito specifico che la pastorale sanitaria è chiamata a svolgere nel grande impegno dell’evangelizzazione. L’attenzione al malato, sperduto talora nell’anonimato di corsie affollate, rappresenta una vera priorità nel ministero degli operatori sanitari: dall’infermiere al medico, al volontario, dal religioso alla religiosa, soprattutto, al sacerdote, ministro della misericordia e dell’amore divino. Gesù, attraverso queste persone si rende operativamente presente al fianco del malato, lo consola, lo conforta, ne perdona i peccati e non di rado gli restituisce il dono della salute.

8. Preziosa è inoltre la missione dei sofferenti. Al servizio di chi soffre, la Chiesa può ricevere da loro il più efficace sostegno alla sua azione missionaria (Lett. Enc. Redemptoris missio, 78), perché essi partecipano da vicino, con Maria, ritta presso la croce (Gv 19, 25), al sacrificio redentore di Cristo. Siate voi stessi consapevoli di ciò e diffondete tale messaggio soprannaturale da cui scaturisce la luce della speranza, disperdendo le ombre che incombono sull’arcipelago della umana sofferenza. Tanto più efficace sarà il vostro apostolato quanto maggiormente inserito nella pastorale di insieme della Chiesa. La memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, nella cui ricorrenza volli istituire il vostro Dicastero mediante il Motu proprio Dolentium hominum, illumina anche questa vostra Plenaria. So che state lavorando alla proposta dell’istituzione della Giornata Mondiale per il Malato, nella duplice finalità di far sentire a chi soffre l’importanza del dono della sua sofferenza e a tutto il Popolo di Dio il dovere di farsi prossimo verso ogni malato. La Beata Vergine, celebrata e invocata a Lourdes come Salute degli Infermi, sia modello di un così fondamentale apostolato. Lei, madre dell’amore e del dolore, benedica il vostro lavoro.

Con questo auspicio, anch’io vi benedico di cuore.

 

© Copyright 1992 - Libreria Editrice Vaticana



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