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VISITA PASTORALE NELL’ARCIDIOCESI
DI SORRENTO-CASTELLAMMARE DI STABIA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON LA CITTADINANZA DI SORRENTO IN PIAZZA TORQUATO TASSO

Sorrento (Napoli) - Festività di San Giuseppe
Giovedì, 19 marzo 1992

 

Signor Sindaco,
Onorevole Ministro, rappresentante del Governo,
Carissimi fratelli e sorelle!

1. Mentre poco fa dall’elicottero ammiravo le bellezze della natura, il cielo, il mare, il digradare dei colli e l’incantevole spettacolo offerto dall’insieme della penisola sorrentina, mi tornavano alla mente le parole del Salmista: “Signore, nostro Dio, com’è grande il tuo nome su tutta la terra!” (Sal 8, 2). Ero preso da un sentimento di stupore, quasi di religiosa ammirazione, dinanzi alle meraviglie ambientali di cui Iddio ha arricchito la vostra terra. E in questo momento, nel mio primo incontro con voi, avverto tutto il calore del vostro affetto, che mi fa sentire subito fra amici, aperti e accoglienti. Grazie per la vostra immediata simpatia e per la calda accoglienza che mi avete riservato; grazie a ciascuno e all’intera comunità, che popola le pendici e la costa di quest’ultimo lembo del golfo di Napoli. Mi rivolgo con gratitudine, innanzitutto, al Signor Sindaco e all’Onorevole Ministro, Rappresentante del Governo Nazionale e li ringrazio per le gentili espressioni di benvenuto che mi hanno indirizzato a nome di tutti voi. Saluto le autorità civili, amministrative e militari della Regione, della Provincia e del Comune. Dirigo, poi, il mio affettuoso pensiero al venerato Pastore dell’Arcidiocesi, Mons. Felice Cece, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, e a quanti lavorano senza sosta al servizio del Vangelo. Uno speciale saluto ai Signori Cardinali e ai Vescovi qui presenti. Permettetemi, carissimi abitanti di queste località note in tutto il mondo, di stringervi tutti in un cordiale abbraccio spirituale. Sono veramente lieto di trovarmi fra voi; sono lieto di rendere visita, in occasione della solennità di San Giuseppe, al “particolare santuario” delle vostre famiglie e del vostro lavoro.

2. Osservando il palco sul quale mi trovo, mi colpisce subito l’originale opera d’intarsio con cui è stato allestito. Da essa traspare l’ingegnosità e l’amore per l’arte che vi contraddistinguono, e la sintesi armoniosa che la vostra gente non cessa di comporre tra bellezze naturali e valori morali: fra storia e fede, fedeltà all’uomo e gloria a Dio, lavoro e gratuità, operosità e preghiera, azione e contemplazione. Voi siete nati e dimorate in luoghi veramente suggestivi; avete alle spalle una lunga tradizione popolare, ispirata agli ideali evangelici; costituite un popolo industrioso e ottimista. Siate di ciò riconoscenti alla divina Provvidenza. Sappiate rispettare il creato; apprezzate i doni ricevuti e conservate in voi la capacità di ammirare con cuore aperto le meravigliose ricchezze naturali, che rendono famosa nel mondo la vostra terra.

3. Fin dall’antichità la vostra Regione è stata meta di visitatori attratti dalla mitezza del clima, dal profumo degli agrumeti, dall’incanto della costa. Da alcuni decenni, poi, il turismo da fenomeno elitario si è trasformato, un po’ come su tutto il territorio nazionale, in fenomeno di massa. L’intensificarsi dell’attività turistica vi offre, così, non soltanto il modo di valorizzare le bellezze naturali, ma anche l’opportunità di incontrare persone sempre nuove nelle quali riconoscere l’immagine di Dio. Non si può, infatti, riconoscere l’intervento del Creatore nella natura che ci circonda, senza soffermarsi a riflettere sulla dignità della persona, resa unica e irripetibile dalla carità divina. L’uomo, come opportunamente osserva S. Ireneo, è la gloria del Dio vivente. Già il Salmista, pur estasiato dinanzi al cielo e alle stelle, riconosce che è l’uomo l’apice dell’intera creazione. E, rivolto verso il Signore, si chiede: “Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato!” (Sal 8, 5-6). Coltivate in voi, carissimi fratelli e sorelle, tali considerazioni spirituali, e sappiate tradurle in gesti di fraterna accoglienza nei confronti dei turisti, che desiderano trascorrere, in queste amene località, giorni tranquilli di distensione e riposo. Non considerate mai i vostri ospiti come semplici utenti di servizi, ma fratelli e sorelle da rispettare e servire. Fatevi promotori, con ogni mezzo, della cultura del rispetto e della solidarietà verso tutti.

4. Il contatto con persone di diverse tradizioni e abitudini religiose e sociali interpella necessariamente la vostra identità di credenti. Per questo è indispensabile che vi sentiate apostoli nel vostro quotidiano lavoro, “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15). Animati da profonda fede, non cedete mai a compromessi ispirati dal desiderio del facile guadagno. Promuovete sempre, in maniera autentica, la causa dell’uomo. Mentre vi sforzate di migliorare e rendere più efficienti i servizi per il tempo libero, non chiudete gli occhi dinanzi a tanti fratelli vicini e lontani, privi ancora del necessario. È forte, infatti, la tentazione di aderire alla “congiura del silenzio”, che, soprattutto nelle località turistiche, cerca di allontanare, o addirittura di rimuovere, il ricordo di chi ha fame, o giace nella miseria, o è senza casa, o è privato dei propri diritti fondamentali. In tale contesto è da incoraggiare lo sforzo di coloro che s’impegnano, non senza sacrifici, a offrire, accanto alla distensione e allo svago, anche concrete opportunità di incontri religiosi e culturali, affinché il turismo diventi preziosa occasione di maturazione umana e spirituale.

5. Carissimi fratelli e sorelle, coloro che qui vengono a trascorrere le loro vacanze possano ritornare a casa non solo con il ricordo del vostro clima mite e di paesaggi unici al mondo, ma anche, e soprattutto, della testimonianza della vostra operosità, della trasparenza della vostra onestà, della saldezza della vostra religiosità e dell’entusiasmo attivo della vostra gioventù. Vegli su ogni vostro lavoro la Vergine Madre di Dio, venerata in Arcidiocesi con i titoli di Santa Maria del Lauro e di Santa Maria di Pozzano; interceda per voi San Giuseppe, di cui oggi celebriamo la festa, e i vostri Santi Patroni, Antonino e Catello. Mi domando perché sono venuto oggi a Sorrento e a Castellammare. Sono venuto per passare insieme con voi una giornata in preghiera e in riflessione e anche per condividere le vostre preoccupazioni. Non solamente per ripetere le diverse lamentele molte volte giustificate, ma anche per cercare le vie della speranza, le prospettive. E sono venuto nella giornata della solennità di San Giuseppe, quando si contempla la sua breve vita. Ma nella Sacra Scrittura si vede una ricchezza immensa, che è soprattutto il Mistero di Dio. Giuseppe è stato il testimone più diretto, accanto alla Vergine sua sposa, del Mistero dell’Incarnazione di Dio, del Mistero dell’Emmanuele, “Dio con noi”. D’altra parte, è stato un uomo che ha sperimentato tante difficoltà nella vita. Lo si capisce attraverso la lettura dei Vangeli che la sua vita è stata piuttosto difficile, in diversi sensi, anche nel senso socio-politico: è stato costretto a fuggire per salvare la vita di Gesù e forse anche la sua e quella della sua sposa. È stato costretto a soffrire di diverse privazioni, cominciando da Betlemme e anche negli anni di Nazaret. Egli è il Patrono a noi vicino. Attraverso questa persona che è così vicina a tutte le generazioni delle persone umane, è vicino a noi anche il Figlio di Dio. Cerchiamo di seguire questo itinerario di San Giuseppe nelle diverse tappe del mio pellegrinaggio e cerchiamo di trovare in lui anche un grande motivo della nostra speranza. Forse la nostra vita, che molte volte pensiamo tanto difficile, è ancora più facile della sua. Un’ultima osservazione “climatica”. Speravo di trovare qui un gran caldo. Questo vento ci invita invece a trascorrere qui non solo i giorni caldi, ma anche quelli freddi, nella speranza che dopo i giorni freddi, arrivino quelli caldi.

 

 



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