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VISITA PASTORALE IN FRIULI-VENEZIA GIULIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
NELLO STABILIMENTO DELLA «ZANUSSI»

Pordenone - Venerdì, 1° maggio 1992

 

Ho celebrato la festa di San Giuseppe in diversi ambienti di lavoro italiani. Per la prima volta lo faccio qui e per la prima volta lo faccio nel giorno del primo maggio, perché la tradizione delle mie celebrazioni è piuttosto legata al 19 marzo. Ma la persona è la stessa e il mistero, possiamo dire così perché noi celebriamo il mistero della fede, è lo stesso: San Giuseppe.

In questo mistero, come in tutto il mistero cristiano, è profondamente iscritta la realtà dell’uomo. Questo è un significato specifico del cristianesimo, che lo distingue dalla altre religioni dove, sì, è Dio e l’uomo, ma il cristianesimo ha questa specificità di Dio-uomo e di uomo-Dio. Così tutte le realtà umane, il matrimonio, la famiglia, il lavoro, tutto viene nello stesso tempo elevato. Certamente mantiene le sue dimensioni umane, le sue umane grandezze e le sue umane debolezze, i suoi umani problemi, molte volte difficili. Noi sappiamo quanto difficile era il problema del lavoro in un lungo periodo. Questa contrapposizione fra il mondo del lavoro e il mondo del capitale. Una lunga strada difficile, strada delle lotte, che ha creato anche un’ideologia, e forse non solamente una.

Sembra che oggi questa lunga strada non possiamo che terminarla, ma è arrivata ad un punto di qualche chiarimento importante. Se si prendono le due Encicliche a distanza di 100 anni, quella di Leone XIII che apre la strada per la Chiesa, la Rerum novarum, e la Centesimus annus che in qualche modo conclude la strada, si vede un progresso dello stesso processo umano, processo socio-economico, direi socio-economico-politico, e dell’espressione dottrinale. Le due cose lavorano per la stessa finalità, ci vuole una riflessione, ci vuole una dottrina, ci vuole una dottrina della Chiesa anche, perché è compito della Chiesa di essere Maestra, di guidare, di aiutare, di assistere, di soffrire insieme.

Allora si vede questa strada comune, insieme, di tutto il mondo del lavoro, di tutti gli ambienti di lavoro del mondo intero. È interessante che, per esempio, per il centenario della Rerum novarum, che si è avuto l’anno scorso, nel 1991, si sono celebrati tanti incontri su questa problematica, anche quest’anno. E dove si facevano questi incontri? Non solamente nei Paesi occidentali che hanno questa tradizione, che hanno collaborato, Italia, Germania, Francia, Stati Uniti, ma anche nell’ex Unione Sovietica, anche là si è studiato questo problema, questa dottrina. Ultimamente il Cardinale Etchegaray, che è il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, è andato in Turchia, in una Università musulmana, per studiare la stessa problematica con l’ambiente scientifico ma anche sindacale di quel Paese. E non solamente. Allora è un problema universale, noi siamo qui in questo luogo, in questo punto dell’Italia e del mondo, noi rappresentiamo una parte, possiamo dire una particola, di quella grande realtà che è il mondo del lavoro con i suoi problemi specifici, con le sue esigenze, aspirazioni e anche con i suoi successi, non solamente insuccessi, ma anche i successi.

Speriamo che anche questi insuccessi, queste mancanze, queste deficienze che si sentono, per esempio la mancanza di lavoro, la disoccupazione giovanile, possano essere risolte. La soluzione dei processi e delle difficoltà precedenti ci dà speranza. Vorrei che sia celebrata questa giornata del primo maggio 1992 nel segno della speranza.

Lo ripeto ancora. Tantissimi auguri alle vostre persone, alle vostre famiglie e a questo grande ambiente lavorativo “Zanussi”.

Ora lasciamo spazio al coro alpino. Ecco, qui si combinano due cose, il lavoro industriale ed il coro alpino. E le Alpi sappiamo bene che sono dei monti.

Tanti auguri.

 



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