Index   Back Top Print

[ FR  - IT ]

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALL
’ASSEMBLEA PLENARIA
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI

Giovedì, 14 maggio 1992

 

Signori Cardinali,
Cari Confratelli nell’Episcopato,
Cari amici,

1. Al termine di due riunioni complementari, sono felice di dare il benvenuto ai membri del Pontificio Consiglio per i laici e ai rappresentanti di circa novanta associazioni o movimenti laici. Dopo l’Assemblea plenaria del Dicastero in Vaticano, la scorsa settimana, dedicata all’approfondimento degli aspetti fondamentali della spiritualità dei fedeli laici, il tema delle Giornate internazionali di studio di Rocca di Papa ne ha rappresentato un naturale prolungamento, poiché avete meditato sulla vostra esperienza nella pratica missionaria delle associazioni dei fedeli scegliendo, come titolo, le belle e concise parole di San Paolo: “Annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo” (Ef 3, 8). Affidarsi in tal modo alla protezione dell’Apostolo delle Nazioni è già un autentico impegno.

2. Ringrazio il Signor Cardinale Eduardo Pironio di avermi illustrato sia i lavori del Dicastero che presiede, assistito da Mons. Paul Cordes, sia gli scambi dei colloqui a Rocca di Papa. La mia gratitudine va a tutti i membri e ai collaboratori del Pontificio Consiglio per i laici che rende, a nome della Santa Sede, un servizio utilissimo di accoglienza e di ascolto, di dialogo e di collaborazione, di orientamento e di sostegno nei confronti dei fedeli laici, che si uniscono per prendere insieme la propria parte della missione della Chiesa. Con la loro vita e la loro azione comune, essi contribuiscono a presentare al mondo il segno dell’unione con Dio e dell’unità del genere umano che è la Chiesa, per usare le stesse parole del Concilio Vaticano Secondo all’inizio della costituzione della Chiesa (cf. Lumen gentium, 1).

Poiché siete giunti da tutti i continenti, vedo in voi una chiara manifestazione dell’atteggiamento cattolico che sa unire le persone, numerose e molto diverse, che sono i fedeli laici nella Chiesa, e che sa rimanere aperto agli appelli del mondo. Voi siete testimoni della ricchezza dei doni che lo Spirito effonde tra i fedeli, dei “carismi” che sono alla base di tutte le autentiche esperienze associative. Si tratta per voi di servire l’unità nella fede, attraverso i molteplici modi di esprimere la propria fede e di viverla. Il vostro incontro manifesta anche la libertà delle persone e la libertà d’associazione all’interno di uno stesso mistero di comunione, in questa “nuova stagione aggregativa dei fedeli laici” sottolineata dall’esortazione postsinodale Christifideles laici (n. 29). La vostra azione suscita nei battezzati numerose forme di partecipazione responsabile nell’edificazione della Chiesa, affinché si rafforzi in essi l’impulso missionario che risponde alla “grazia di Dio” a noi concessa “di annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo” (Ef 3, 8).

Lavorando insieme sempre di più nell’ambito dell’incontro che si conclude, come pure nelle vostre diverse regioni, percorrete un cammino assai utile che vi porta a conoscervi meglio, ad accogliere con riconoscenza i doni e i frutti portati da altre esperienze associative. Ci rendiamo conto che molti pregiudizi e ostacoli sono stati superati. Per tutti, si tratta di unirsi per vivere in modo più trasparente la comunione, per arricchirsi a vicenda e per prendere più attivamente ciascuno la propria parte nell’unica missione della Chiesa. Vi sono grato di aver risposto positivamente all’invito del Pontificio Consiglio per i laici, dando in tal modo una nuova prova della vostra fedeltà al Successore di Pietro, inseparabile dalla vostra fedeltà fiduciosa nel ministero dei vescovi che, in comunione col Papa, presiedono le Chiese particolari in tutto il mondo.

3. La vostra riunione di numerosi movimenti laici non ha evidentemente per obiettivo quello di presentare una forza che potremmo credere imponente. Significherebbe volersi erroneamente rassicurare, non dando il giusto valore all’autentica forza che ci anima. L’Apostolo che ispira le vostre riflessioni non ha forse proclamato: “So infatti a chi ho creduto” (2 Tm 1, 12)? Occorre innanzitutto ricordare che “c’è un solo Signore, Gesù Cristo” (1 Cor 8, 6) e che “non vi è infatti altro nome dato agli nomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12): è questa la ragione principale della vostra esperienza associativa, della vostra testimonianza comunitaria e dell’evangelizzazione che siete chiamati a perseguire. Non adoriamo altri “dei”, non seguiamo altri “signori”. La forza paradossale della Chiesa - e quindi delle vostre associazioni - sta nel mistero dell’incarnazione, quando il Figlio di Dio si fa nostro fratello per salvare e trasfigurare la nostra vita con la ricchezza imperscrutabile del suo amore. L’incontro con Cristo è talmente bello e fecondo, che occorre diffonderlo ovunque, a tutto il “prossimo”, in famiglia, nel proprio quartiere, nella scuola, in ufficio, in fabbrica, in tutti gli ambienti. Seguire Cristo è un’esperienza così radicale per coloro a cui è stata concessa, che è imperativo trasmetterne la gioia, nella speranza della salvezza aperta a tutti gli uomini. Significherebbe rendere un cattivo servizio ridurre le “ricchezze” del messaggio cristiano a “una sapienza meramente umana, quasi scienza del buon vivere” (Redemptoris missio, 11), a codici di comportamento incapaci di guarire il “cuore” dell’uomo e di metterlo sulla via della pienezza della vita.

4. Cari amici, poiché la fede oggi non è più nn patrimonio comune, ma soltanto un seme spesso dimenticato, spesso minacciato dagli “dei” e dai “signori” di questo mondo, le vostre associazioni e i vostri movimenti devono fare molto per prendersi cura di questo seme e farlo crescere, affinché possa portare abbondanti frutti, in una parola, per “impiantare” la Chiesa in tutti gli ambienti umani. Questa missione deriva dalla grazia battesimale, in virtù della quale ciascuno dei “christifideles” non dovrà restare inattivo nella vigna del Signore rappresentata dal mondo. Questa missione deve essere sempre ripresa, passando da una persona all’altra, da un’esperienza all’altra. La si può adempiere in tutti gli ambienti e in tutti i campi della vita sociale in cui vi trovate.

Nella dinamica missionaria animata dalla grazia, siete chiamati e inviati ad annunciare Gesù Cristo in numerosi “areopaghi” di un mondo che si allontana dal suo Creatore e Salvatore. Seguite l’esempio dei primi testimoni e dei primi discepoli dopo la Pentecoste; rafforzati dallo Spirito del Signore, essi superano gli ostacoli e attraversano le frontiere.

La missione inizia là dove si vive. Ma la missione “ad gentes” è più che mai affidata agli stessi fedeli laici, e anche alle loro associazioni e movimenti. Che la grazia che vi è stata affidata vi converta in pellegrini capaci di abbandonare le proprie case e la propria sicurezza per andare a trasmettere le imperscrutabili ricchezze di Cristo là dove il Signore vi chiama, là dove la Chiesa ha bisogno di voi. Penso all’opera missionaria compiuta in numerosi paesi dove Gesù Cristo è ancora uno sconosciuto, o talvolta la presenza istituzionale della Chiesa è interdetta e comporta autentici pericoli. Penso alle comunità cristiane che intraprendono la propria ricostruzione dopo il periodo in cui si è cercato di annientare il senso religioso e di far tacere la Buona Novella. Penso anche a tanti luoghi in cui i poveri attendono una solidarietà attiva per ottenere la giustizia e la dignità umana, grazie alla carità creativa che testimonia la verità e la fecondità umana del messaggio di salvezza.

In tutte queste forme, l’impegno missionario non può mancare oggi nella partecipazione dei fedeli laici alla vita della Chiesa, anche in ragione della loro confermazione. Occorre quindi far progredire la coscienza che la missione riguarda tutti i cristiani, le diocesi e le parrocchie, le istituzioni e le associazioni ecclesiali. Più che mai la fede deve essere proposta alla libera adesione di tutti gli uomini, in tutti i popoli e le nazioni, perché “le moltitudini hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo, nella quale noi crediamo che tutta l’umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni su Dio, sull’uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 53; cf. Redemptoris missio, 7).

5. Alla vostra presenza, desidero affermare ancora una volta l’importanza che attribuisco alla Giornata Mondiale della Gioventù a motivo del suo significato nel creare tra i giovani un senso di appartenenza alla Chiesa, popolo di Dio in cammino, riunita da ogni nazione, razza e cultura. L’ultimo incontro mondiale della gioventù, tenutosi a Czestochowa lo scorso mese di agosto è stato una meravigliosa e particolarmente fruttuosa esperienza ecclesiale e missionaria. Confido che, grazie agli sforzi congiunti delle associazioni e dei movimenti che rappresentate, il prossimo incontro, che si terrà a Denver, negli Stati Uniti, nell’agosto del 1993, sarà anch’esso un tempo di grazia. Prego affinché consenta a molti giovani di raggiungere una più profonda consapevolezza del proprio ruolo e della propria responsabilità nel diffondere il Regno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo nel mondo. Il tema, “lo sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10) mette in risalto il profondo contenuto spirituale della riflessione, del discernimento e dell’impegno che l’incontro intende proporre ai giovani del mondo. Il Pontificio Consiglio per i laici, in cooperazione con la Chiesa negli Stati Uniti coordinerà il grande sforzo richiesto dalla preparazione di una riuscita celebrazione di questo importante evento.

Prima di concludere questo incontro, desidero ringraziare vivamente il lavoro effettuato dal Pontificio Consiglio sulla spiritualità dei laici, argomento principale dell’assemblea plenaria celebrata in questi giorni. Infatti il tema risponde a una necessità genuina: tutta l’autentica partecipazione nella comunione e nella missione ecclesiale esige da parte dei fedeli l’incontro con Cristo, l’adesione della propria fede maturata nella vita spirituale, secondo la vocazione di ciascuno. Occorre quindi che tutti i battezzati abbiano accesso a un’esperienza spirituale che alimenti la loro fede, dia un senso alla loro vita e ispiri la loro azione. I membri delle associazioni e dei movimenti che sono in contatto con il Pontificio Consiglio per i laici, devono contribuire a questa riflessione comune con l’apporto del proprio carisma. Già da ora vi manifesto la mia gratitudine per i vostri preziosi contributi, che saranno di grande aiuto per tutti.

Nel salutarvi tutti cordialmente, riprendo l’augurio di San Paolo: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi” (1 Ts 5, 28)!

Con tutto il cuore invoco su di voi e su tutti i fedeli che rappresentate la benedizione di Dio.

 

© Copyright 1992 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana