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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLE PROVINCE ECCLESIASTICHE DI LISBONA
E DI ÉVORA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE PORTOGHESE
 
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 27 novembre 1992

 

Signor Cardinale Patriarca di Lisbona,
Signor Arcivescovo di Évora,
Venerati Vescovi delle due Province Ecclesiastiche,

1. Un anno e mezzo fa, ho avuto la gioia di poter tornare nella vostra Patria, per “convocare” da lì “tutto il popolo di Dio all’evangelizzazione del mondo” (Discorso di arrivo, 10 maggio 1991, n. 3). In occasione della Visita “ad limina” del primo gruppo della vostra Conferenza Episcopale, ho avuto l’opportunità di congratularmi con la Chiesa in Portogallo per i frutti che sta raccogliendo da un decennio consacrato in particolar modo alla causa della rievangelizzazione, tra cui bisogna esaltare il desiderio di una maggiore unità fraterna e di una condivisione solidale che lo spirito del Signore sta suscitando in seno alle vostre diocesi. Sono certo che passano di lì le vie dell’Avvento di Gesù Cristo, il Redentore dell’uomo, delle quali siamo stati costituiti araldi e sentinelle.

Fratelli carissimi, è per me motivo di grande gioia accogliervi oggi, al termine dei colloqui che ho avuto con ognuno di voi. Saluto tutti voi con fraterna cordialità e rendo grazie al Signore per la grande comunione che unisce voi e le vostre Chiese locali al Successore di Pietro. Sono grato a S.E. Cardinale António Ribeira, per il saluto di omaggio che mi ha rivolto a nome di tutti: nelle sue parole ho sentito vibrare le preoccupazioni e le speranze che ognuno di voi porta nel suo cuore di Pastore, chiamato a annunciare e a promuovere le realtà trascendenti della vita nuova in Cristo, nel mondo di oggi, che di esse è particolarmente carente.

2. A prima vista, il corpo sociale della vostra nazione si va irrobustendo e sembra essere sulla giusta via: la maggior parte delle persone ha un migliore livello economico di vita, con un maggiore accesso ai beni della civiltà, grazie al significativo sforzo di progresso e di modernizzazione in atto. Regna un clima sociale di libertà e pace, che comincia ad essere di dialogo e di partecipazione, favorita dalla tolleranza e dal rispetto reciproco tra i cittadini. La Chiesa è amata dai fedeli e stimata da quanti si considerano estranei a lei, esistendo un buon rapporto tra autorità civili e ecclesiastiche, con reciproco sostegno in vista del bene comune, ma con indipendenza e libertà nei rispettivi campi di azione specifica. Tuttavia, accanto a questi segnali di vigore, emergono sintomi di crisi e di disorientamento, in particolare: un progressivo degrado del senso morale e dei costumi, con il frequente ricorso a separazioni coniugali, al divorzio; l’improvviso calo delle nascite a livelli preoccupanti, con il conseguente invecchiamento della popolazione e la rottura tra le generazioni; un laicismo, concepito come agnosticismo in materia di valori, che limita una popolazione di cultura cristiana nei suoi legittimi e riconosciuti diritti di scelta e di espressione; la diffusione di malattie che trovano terreno fertile in modi di vita che negano la verità della persona, come la prostituzione e l’amore libero, e che dire dell’insensibilità generalizzata all’impunità legale dell’aborto e alla sfrenata strage di innocenti da esso causata, che mina la capacità di accogliere e di proteggere la vita in tutte le sue fasi?!

3. La Chiesa è stata collocata da Dio sul lucerniere della Storia come Luce dei popoli al fine di illuminare tutti coloro che si trovano nella casa del tempo (cf. Mt 5, 14-16). Giustamente per questo, voi, amati fratelli, avete cercato, con pazienza e perseveranza, di illuminare il cammino dell’uomo e della società portoghese attraverso l’annuncio del piano divino rivelato in Gesù Cristo per la salvezza del mondo che riguarda tutti gli aspetti della vita umana: anche l’organizzazione e la convivenza sociale e politica. In questo ambito la Dottrina Sociale della Chiesa non nasconde la sua simpatia per il sistema democratico, ma difende la teoria secondo cui “un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana” (Centesimus annus, 46). Orbene, “uno Stato di diritto” comprende, innanzitutto, il riconoscimento e il rispetto dei diritti umani, primo tra essi, il diritto alla vita, “di cui è parte integrante il diritto a crescere sotto il cuore della madre dopo essere stati generati” (Ivi, 47). “Si tratta di diritti naturali, universali e inviolabili: nessuno, né il singolo, né il gruppo, né l’autorità, né lo Stato, li può modificare né tanto meno li può eliminare, perché tali diritti provengono da Dio stesso” (Christifideles laici, 38). Per questo, la Chiesa ricorda che la democrazia esige il rispetto di tali diritti, ma il loro rispetto rappresenta al tempo stesso i limiti della democrazia.

4. Quest’ultima, pertanto, non implica che tutto si possa votare, che il sistema giuridico dipenda soltanto dalla volontà della maggioranza e che non si possa pretendere la verità nella politica. Al contrario, bisogna rifiutare con fermezza la tesi secondo la quale il relativismo e l’agnosticismo sarebbero la migliore base filosofica per una democrazia, visto che quest’ultima, per funzionare, esigerebbe da parte dei cittadini l’ammettere che sono incapaci di comprendere la verità e che tutte le loro conoscenze sono relative, vane o dettate da interessi e accordi occasionali. Una tale democrazia rischierebbe di trasformarsi nella peggiore delle tirannie: la libertà, elemento fondamentale di una democrazia, “è pienamente valorizzata soltanto dall’accettazione della verità” (Centesimus annus, 46). Proprio questo ha concluso, quasi un anno fa, il Sinodo dei Vescovi per l’Europa nel tentativo di identificare le vie della Nuova Evangelizzazione di un continente caratterizzato da diversi impulsi irrazionali e da un nuovo paganesimo: “Appare decisiva la questione del rapporto tra libertà e verità, troppo spesso concepito in termini antitetici dalla moderna cultura europea, mentre in realtà libertà e verità sono in tal modo reciprocamente ordinate e non possono essere raggiunte l’una senza l’altra. Egualmente essenziale è il superamento di un’altra alternativa, del resto collegata alla precedente: quella tra libertà e giustizia, libertà e solidarietà, libertà e comunione reciproca. La persona umana infatti, di cui la libertà costituisce la più alta dignità si realizza non nel ripiegamento su se stessa ma nel dono di sé” (Declaratio, 4), perché l’origine e il senso di tutta la realtà è Dio, Amore Trinitario, che si dona a noi attraverso la croce e la resurrezione di Cristo.

5. Amati fratelli nell’episcopato, senza nostalgia del passato né desiderio di conquista, ma con la motivata certezza che Gesù Cristo è l’unico Redentore dell’Uomo – nel Quale tante generazioni dei nostri antenati hanno trovato piena soddisfazione alle loro aspirazioni più profonde di libertà, verità e comunione –, sembra possibile e necessario provocare un confronto leale e cordiale con l’attuale società e la cultura portoghese, in modo che essa “sia messa in grado di decidere nuovamente del suo futuro nell’incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo” (Declaratio, 2). Fra quelle condizioni, emerge innanzitutto il vedersi confrontata con l’appello alla conversione di vita: la persona, e con essa, la società e la cultura, troveranno la vita e la libertà nell’apertura alla trascendenza. Alla domanda “che dobbiamo fare fratelli?”, la risposta della Chiesa dovrà essere: “Convertitevi...!” (cf. At 2, 37-38). Ciò significa che la nuova evangelizzazione dovrà contenere una finalità chiaramente penitenziale: portare l’uomo alla conoscenza di se stesso e a un riordinamento interiore, al distacco dal male e al ristabilimento dell’amicizia con Dio. Condizione necessaria perché la persona possa entrare nel santuario della propria coscienza è il liberarsi, almeno temporaneamente, dal ritmo frenetico e dal rumore assordante della vita moderna. Costretta, forse, a un simile vortice nelle ore di lavoro, la persona potrà ribellarglisi, rifugiandosi in alcune oasi di silenzio, nel tempo libero: dopo il lavoro, durante il fine settimana, durante le ferie... Ritroverà in tal modo la dimensione interiore dell’esistenza, quello sguardo umile e sincero dentro di sé, che scopre con stupore riconoscente il “dono di Dio” (Gv 4, 10). A questo sguardo, venerati fratelli, urge chiamare ed educare gli uomini, aiutandoli, nel loro tempo libero, a fermarsi, a convivere e a estasiarsi nel loro Creatore e dinanzi alle sue opere. Che le vostre diocesi, attraverso le loro istituzioni, opere e iniziative create per accogliere questo pellegrino della pace, sappiano offrire, con un silenzio pieno di Dio, il riposo necessario al suo cuore inquieto (cf. Sant’Agostino, Confessioni, I, 1). Desidero ricordare solo alcune priorità: creare il proprio spazio e tempo di preghiera personale e familiare; rispettare la Domenica, recuperando il suo originario significato religioso, di “giorno del Signore” mediante la partecipazione all’Eucaristia, e la sua importanza sociale di giorno del riposo e dell’incontro personale attraverso la partecipazione alla mensa e al dialogo con i familiari, e ancora attraverso il servizio di comunione e solidarietà verso i malati e i sofferenti; infine, ritemprarsi umanamente e spiritualmente con alcuni giorni di riflessione e formazione, di interiorità e orientamento di vita.

6. Come è stato detto, nell’obbiettivo della nuova evangelizzazione rientra la trasformazione della cultura dell’uomo di oggi; vi esorto, quindi, ad usufruire dei mezzi e delle iniziative necessari per inserirvi e far sentire la vostra presenza nei vari ambienti in cui essa viene decisa. La mancanza di tempo mi obbliga ad essere breve e incompleto, ma so che posso contare sulla vostra già lunga, persistente e sollecita attenzione a queste realtà. La prima di queste è il vasto campo dei mezzi di comunicazione sociale. Potendoli considerare oggi la principale fonte di informazione, di orientamento e di ispirazione, a livello di comportamento individuale, familiare e sociale, la Chiesa “ritiene suo dovere predicare l’annuncio della salvezza servendosi anche degli strumenti della comunicazione sociale... Compete pertanto alla Chiesa il diritto nativo di usare e possedere siffatti strumenti, in quanto siano necessari o utili alla formazione cristiana e alla sua globale opera salvifica delle anime” (Inter mirifica, 3). Senza dimenticare la lodevole opera evangelizzatrice della stampa cattolica, con la sua importante rete di giornali soprattutto regionali, e della radio cattolica, non posso oggi fare a meno di congratularmi con voi, per il fatto che in breve è divenuto realtà l’accesso della Chiesa a un uso degno, libero e necessario di un canale televisivo, grazie alla mediazione di un gruppo di laici cristiani e di istituzioni cattoliche, prima fra tutte Radio Renascença, tutte molto meritevoli del nostro apprezzamento e della nostra benedizione. Una seconda realtà decisiva per intervenire nella cultura portoghese, in vista della sua recristianizzazione, è il mondo della Scuola, dalle elementari all’Università. Condivido la vostra preoccupazione nel vedere le difficoltà che in quel campo vi si presentano, sia per mantenere in piedi una Scuola alternativa di ispirazione cristiana, che per motivare gli alunni della Scuola pubblica alla scelta positiva a favore della disciplina di Educazione Morale e Religiosa Cattolica, che è autorizzata con lo statuto di iscrizione libera senza alcuna conseguenza per il curriculum scolastico. Senza negare l’importanza e la necessità dei mezzi finanziari e strutturali materiali, ci fa ricordare come la Chiesa abbia sempre saputo, anche nella povertà di strumenti, aprirsi alla ricchezza della grazia, riuscendo a trovare in tal modo apostoli per le grandi cause. Con la loro presenza persino la moltiplicazione di quelli sembra possibile.

7. Signor Cardinale, venerati Vescovi, Se il Pastore della parabola è preoccupato per aver perso una delle cento pecore del suo gregge (cf. Lc 15, 4), certamente non possiamo rimanere in pace, vedendo lo smarrimento doloroso e mortale di tanti fratelli e la loro vita sempre più povera di significato. A voi spetta il compito di condurre questo popolo di Dio alla pienezza della risposta fedele al disegno divino. Vi accompagna, in questo arduo ma esaltante cammino, la Vergine Signore di Fatima, Guida celeste che conduce con affetto materno i popoli verso la libertà, i quali in Lei trovano l’immagine più perfetta della liberazione (cf. Saluto durante la Veglia Mariana 12 aprile 1991, n. 4). Alla sua vigile e materna protezione, affido i vostri progetti apostolici e le necessità materiali e spirituali delle diocesi di cui siete Pastori.

Non lasciate che le difficoltà, gli imprevisti e persino le contraddizioni del ministero che vi è stato affidato spengano il vostro entusiasmo, piuttosto, andate ripetendo come San Paolo: “So infatti a chi ho creduto” (2 Tm 1, 12). Siate apostoli dell’ottimismo e della speranza e infondete fiducia ai più diretti collaboratori che condividono le vostre ansie e le vostre gioie pastorali. A ognuno di voi, così come ai sacerdoti, ai consacrati, a tutti i fedeli delle vostre Comunità e a tutto il popolo portoghese, imparto con affetto la mia benedizione.

 

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