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VISITA AL PONTIFICIO ISTITUTO ORIENTALE

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA COMUNITÀ DEL PONTIFICIO ISTITUTO ORIENTALE

Domenica, 12 dicembre 1993

 

1. Ho vivamente desiderato essere qui tra voi, carissimi Fratelli che costituite la comunità del Pontificio Istituto Orientale, per concludere le celebrazioni dei settantacinque anni di vita di questa prestigiosa Istituzione accademica, fondata dal mio Predecessore Benedetto XV quale “altiorum studiorum domicilium de rebus orientalibus” (Motu proprio Orientis Catholici, AAS 9 [1917] 531-532). Egli la volle destinata sia ai Latini che prestassero il proprio ministero presso gli Orientali, sia agli Orientali stessi, cattolici ed ortodossi. Indicò altresì la metodologia che l’insegnamento avrebbe dovuto seguire nell’Istituto: una esposizione parallela della dottrina cattolica ed ortodossa.

2. Il mio saluto, insieme al Cardinale Segretario di Stato, va innanzitutto al Gran Cancelliere, il Signor Cardinale Achille Silvestrini, al quale formulo i migliori auguri di pieno successo nell’esercizio di questo suo nuovo incarico. Saluto anche il Cardinale Lourdusamy, suo predecessore. E per l’opera sin qui svolta con tanta dedizione e competenza voglio esprimere la mia riconoscenza anche al Signor Cardinale Pio Laghi, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica e, nella sua persona, a tutti i Prefetti del medesimo Dicastero che prima di lui esercitarono il medesimo ufficio all’Orientale.

Viva gratitudine intendo manifestare anche al Reverendissimo Padre Peter-Hans Kolvenbach, preposito generale della Compagnia di Gesù e Vicecancelliere dell’Istituto e, per il suo tramite, a tutta la Compagnia che con tanto amore conduce l’Istituto Orientale. Grazie quindi al rettore, ai Docenti, al personale non docente. Un affettuoso, particolare saluto voglio infine far pervenire agli allievi, studenti e studentesse, cattolici ed ortodossi, che fanno di questa Istituzione una comunità di vita e di pensiero e pongono i presupposti per un futuro che vedrà sempre più intimamente uniti cristiani di Oriente e d’Occidente, al servizio della Verità che salva.

3. In questi settantacinque anni essi hanno percorso un lungo, appassionato cammino sulla strada della conoscenza reciproca e, in ascolto dello Spirito di comunione, hanno compiuto passi importanti verso l’Unico Maestro e Signore, che incessantemente li chiama all’unità, “perché il mondo creda” (Gv 17, 21).

Questo Istituto ha contribuito non poco, mediante un approfondimento rigoroso e scientifico del patrimonio orientale, al cammino ecumenico. Nello stesso tempo, proprio il progredire dell’ecumenismo ha contribuito ad aggiornare e completare la prospettiva e la modalità di essere dell’Istituto.

Non va dimenticato, infatti, che un Istituto Pontificio non si accontenta di operare per l’approfondimento della conoscenza, ma costituisce uno strumento prezioso al servizio della Chiesa per indicare nuove mete e perseguirne, attraverso una approfondita formazione, l’effettivo raggiungimento.

4. Il Pontificio Istituto Orientale è dunque, all’interno della Chiesa Cattolica, un luogo ove si individuano nuovi orizzonti. Ma qual è il paesaggio disegnato dall’attuale geografia dell’ecumenismo? Che cosa si presenta alla sentinella chiamata, secondo la parola di Ezechiele (cf. Ez 33, 1-9), ad ammonire il popolo? Si manifesta soprattutto una grande aspirazione all’unità.

Nell’economia della grazia, Dio ha distribuito e continua a distribuire i suoi molteplici doni, i carismi, “prout vult” (1 Cor 12, 11), in modi vari e misure diverse. Questo Egli opera “per l’utilità comune” (Ivi, 7), affinché tutti partecipino agli altri i propri doni e accolgano dagli altri i loro.

Tutti i doni, promanando da Cristo e dal Suo Spirito, hanno un legame intrinseco con l’unica Chiesa e ad essa tendono. Pertanto, nella misura in cui si è fedeli a tali doni, si contribuisce, in modo reale anche se non visibile, all’unità. Davanti ai doni presenti nelle altre Chiese la Chiesa Cattolica non può quindi che rallegrarsi.

Non va dimenticato l’insegnamento del Concilio, che mette in evidenza come “alcuni aspetti del mistero rivelato siano talvolta percepiti in modo più adatto e posti in miglior luce dall’uno che non dall’altro, cosicché si può dire allora che quelle varie formule teologiche non di rado si completino, piuttosto che opporsi” (Unitatis Redintegratio, 17). Nel caso, pertanto, di divergenze teologiche, occorre domandarsi, tenendo conto sempre dell’autorità di una determinata dottrina o insegnamento del Magistero, se non si tratti semplicemente di accentuazioni diverse che possono e debbono accostarsi fra loro e comporsi insieme, integrandosi in un’armonia più alta.

5. Se la situazione ecumenica sembra talora segnare il passo, ciò è in parte dovuto al fatto che troppo spesso ci volgiamo al passato e troppo poco ci lasciamo condurre dallo Spirito ad immaginare nuove prospettive, con quella creatività che è propria dei Santi.

Il Decreto conciliare sulle Chiese Orientali Cattoliche, a riguardo delle prescrizioni giuridiche contenute nel testo, afferma che esse “sono stabilite per le presenti condizioni, fino a che la Chiesa Cattolica e le Chiese orientali separate vengano nella pienezza della comunione” (Orientalium Ecclesiarum, 30). Essa è dunque ben cosciente della temporaneità delle prospettive e dei risultati raggiunti.

una legge, senta in sé la speranza che essa sia superata da nuove acquisizioni, da speranze più esigenti, da fedeltà costose ma appassionanti, che forzino le nostre immobilità, perché sia finalmente possibile e realizzabile ciò che fino a ieri sembrava persino inimmaginabile.

6. È questo il mandato che il Vescovo di Roma consegna oggi a voi, amati Fratelli del Pontificio Istituto Orientale. Voi dovete essere coloro che aiutano le Chiese a trarre dal loro deposito “cose vecchie e cose nuove” (Mt 13, 52), ad indicare ciò che, nei preziosi forzieri delle diverse tradizioni, può far fiorire la Verità, che sia per il cristiano di oggi Via sicura verso una Vita in Cristo sempre più piena.

Perché ciò accada voi siete chiamati ad essere, senza discontinuità e senza contrapposizioni, ad un tempo ricercatori e formatori. Già per ogni credente infatti, la verità conduce per sua natura alla libertà (cf. Gv 8, 32); infatti “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (Gal 5, 1). Ciò è vero particolarmente oggi: mentre da ogni parte del mondo l’uomo invoca un senso profondo all’esistenza, la scienza teologica è chiamata a divenire sapienza e a fecondare la vita.

Ascoltate, dunque, le domande, gli interrogativi drammatici dell’uomo contemporaneo; metteteli a confronto con le antiche testimonianze dei Padri e dei Santi d’Oriente e d’Occidente: lo aiuterete così a scoprire che non solo le verità sono quelle di sempre, ma le stesse domande sono riconducibili, in forma diversa ma con impressionante continuità, alle domande di sempre, in Oriente come in Occidente.

Restituiteci la conoscenza di quei tesori e aiutateci a sentirli nostri. Ma per fare questo dovrete conoscere sempre in profondità la santità di ieri e l’appello di oggi, perché anche l’oggi sappia far nascere il fiore della santità, nella terra della Chiesa, la stessa terra di sempre, resa più fertile dall’eredità delle generazioni. Voi ci aiuterete a sperimentare con maggior vigore il gusto della continuità. Mentre si pensa spesso di dover ricominciare da capo ogni giorno, voi, sulla scia gloriosa dell’Oriente ma anche delle mirabili ricchezze dell’Occidente, dovete ridare a tutti la fierezza di essere figli degli antichi Padri in Cristo e partecipi della loro eredità.

7. Operate perché i giovani che vi sono affidati divengano buoni formatori di quanti, nelle loro terre, attendono il loro ritorno nell’Europa Orientale che comincia oggi a intravedere la speranza di ridare consistenza alle comunità credenti, perché sappiano rispondere alle attese sempre più pressanti dei loro popoli.

Noi offriamo questo servizio ai nostri Fratelli, i Patriarchi e i Vescovi delle Chiese Orientali: quelle che già sono in comunione piena con la Chiesa di Roma come quelle che sono in dialogo con noi in vista dell’unità; qui, a Roma, esiste una comunità di persone che cercano insieme, che sono educate a cercare Dio e ad invocarlo, per tutti i cristiani e per tutto il mondo. E lo cercano nelle Chiese Orientali: “in esse, infatti, poiché sono illustri per veneranda antichità, risplende la Tradizione che deriva dagli Apostoli attraverso i Padri e che costituisce parte del patrimonio divinamente rivelato e indiviso della Chiesa universale” (OE 1).

Quanti verranno inviati saranno i benvenuti: cattolici, sia latini che orientali, e ortodossi, e altri fratelli cristiani, troveranno nello studio, nella vita comune, nella conoscenza reciproca, sempre nuove occasioni per stimarsi ed amarsi e trasfonderanno poi tale esperienza nelle loro Chiese.

8. Carissimi Docenti, insegnate a questi giovani il gusto per la circolarità, per la globalità della fede e della teologia: la ricerca puntuale sia scuola di metodo per meglio comprendere l’universalità della fede, e il suo riassumersi nell’unica Persona di Cristo, vero Dio e vero Uomo, Figlio del Padre. Lo Spirito Santo condurrà così ciascuno alla comunione della Trinità Santissima, togliendolo dalla frammentarietà di tanti problemi particolari, nei quali può rischiare di isterilirsi.

Fate in modo che lo studente, nel periodo della sua permanenza nel vostro Istituto, acquisisca una conoscenza articolata dell’Oriente cristiano nella sua completezza: se ciò sarà utile ai Latini, lo sarà in particolare agli Orientali, che acquisteranno in tal modo gli strumenti per apprezzare le Tradizioni delle diverse Chiese che compongono il mosaico variegato dell’Oriente cristiano. Ciò può richiedere un maggior ricorso al lavoro interdisciplinare e ad un’attività comune tra Docenti: non esitate ad intraprenderli per il pieno frutto dei vostri sforzi a vantaggio dei vostri allievi. Fate in modo che la liturgia interpelli i Padri, i Padri aiutino a rileggere la Scrittura Santa, e la teologia sia la sintesi contemplativa di questa “Vita in Cristo”, strettamente congiunta, ed anzi unica esperienza, con la spiritualità, secondo il felice modello che fu comune ad Oriente ed Occidente.

9. Quando Benedetto XV prescriveva che nel Pontificio Istituto Orientale “doctrine catholicae simul et orthodoxae una pariter procedat expositio” (Motu proprio Orientis Catholici, cit., p. 530), indicava la strada preziosa di un insegnamento che, arricchito oggi da nuove prospettive e nuovi metodi, non mancherà di portare allo scambio dei doni fra le Chiese di Cristo.

Invocando la benedizione di Dio su questo caro Istituto Orientale, sono lieto di salutare in voi una fucina di incontri e di speranze, piccola espressione di una già più intensa comunione fra cristiani che non mancherà di estendersi e di penetrare le Chiese, per la maggior gloria di Dio e per il bene degli uomini.  

Al termine del discorso, Giovanni Paolo II ha pronunciato le seguenti parole.

Dovrei aggiungere che anche io sono un po’ un discepolo nascosto, clandestino, di questo Istituto, almeno di alcuni professori di questo Istituto che mi aiutano a leggere e analizzare i testi dei grandi scrittori orientali, greci e russi. Come ho detto, sono un discepolo, uno studente clandestino, come la Chiesa di Oriente era per tanto tempo clandestina. E io conoscevo la clandestinità di quella Chiesa anche nella mia personale esperienza. Mi ricordo come a Cracovia non si poteva neanche scrivere sull’esistenza della Chiesa greco-cattolica, diciamo della Chiesa greco-cattolica ucraina. I fedeli c’erano, io ho visitato questi fedeli, ma non si poteva dire in pubblico che il Papa c’era stato, che il Papa ha parlato, che questa Chiesa esiste.

Adesso questa clandestinità è finita e possiamo parlare un po’ ad alta voce. Ma si parlava sempre ad alta voce perché la clandestinità parlava con una voce più alta di tutte le voci senza clandestinità. Penso che forse la voce del Papa, benché non clandestina, era uguale. Grazie a Dio.

E devo dire che sono anche un discepolo non tanto impreparato, perché non ascolto solamente, ascolto sì, ma soprattutto pongo le domande e molto acute. C’è ancora qualche regalo, qualche dono per il vostro Istituto. Questo dono, un’icona, ha per me un valore molto significativo, perché mi è stato offerto nell’inaugurazione del Pontificato dal Rappresentante del Patriarcato di Mosca. Era il Metropolita Juvenalj. In questo momento, difficile, tragico, il dono è tanto più significativo. Che sia adesso di proprietà del vostro Istituto e sia accessibile a tutti. Doveva rimanere un po’ nascosto, come la Chiesa nascosta, clandestina, nella mia casa, ma è meglio che sia qui, in pubblico. E in quanto l’Istituto è Pontificio, anche questa icona non va fuori dall’ambiente pontificio, rimane a casa.

Ancora si deve ammirare come era lungimirante Papa Benedetto XV durante la prima guerra mondiale.

 

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