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VIAGGIO PASTORALE IN BENIN, UGANDA E KHARTOUM

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON UNA RAPPRESENTANZA DEI SEGUACI DEL VODÙ

Sede del «Comité puor l’Organisation et le Développement
des Investissements en Afrique et à Madagascar» (CODIAM) a Cotonou (Benin)
Giovedì, 4 febbraio 1993

 

Cari amici,

1. Sono lieto di avere questa occasione di incontrarvi e vi saluto molto cordialmente. Come sapete, sono venuto in Benin, innanzitutto per rendere visita alle comunità cattoliche, per incoraggiarle e confermarle nella fede. Inoltre, ho sempre pensato che il contatto con persone che appartengono a tradizioni religiose diverse fosse una parte importante del mio ministero. Infatti, la Chiesa Cattolica è favorevole al dialogo: dialogo con i cristiani di altre Chiese e Comunità ecclesiali, dialogo con i credenti di altre famiglie spirituali, e dialogo anche con coloro che non professano alcuna religione. Essa desidera instaurare rapporti positivi e costruttivi con le persone e con i gruppi umani di diverso credo in vista di un arricchimento reciproco.

2. Il Concilio Vaticano II, che ha tracciato il cammino della Chiesa per la fine di questo millennio, ha riconosciuto che nelle diverse tradizioni religiose c’è del vero e del buono, delle semenze del Verbo. Esso ha esortato i discepoli di Cristo a scoprire “quali ricchezze Dio nella sua magnificenza ha dato ai popoli” (Ad gentes, 11). Questi sono i fondamenti di un dialogo fruttuoso, come diceva l’Apostolo Paolo ai primi cristiani: “tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 4, 8). Da ciò il nostro atteggiamento di rispetto: rispetto per i veri valori, dovunque essi siano, rispetto soprattutto per l’uomo che cerca di vivere di questi valori, valori che lo aiutano ad allontanare la paura. Siete fortemente attaccati alle tradizioni che vi hanno tramandato i vostri antenati. È legittimo essere riconoscenti verso i più anziani che vi hanno trasmesso il senso del sacro, la fede in un Dio unico e buono, il gusto della celebrazione, la considerazione per la vita morale e l’armonia nella società.

3. I vostri fratelli cristiani apprezzano, come voi, tutto ciò che è bello in queste tradizioni, poiché sono, come voi, figli del Benin. Ma essi sono altrettanto riconoscenti ai loro “avi nella fede”, a partire dagli apostoli fino ai missionari, per aver portato loro il Vangelo. Questi missionari hanno fatto conoscere loro la “Buona Novella” che Dio è Padre e che è sceso fra gli uomini attraverso suo Figlio, Gesù Cristo, portatore di un gioioso messaggio di liberazione. Se andiamo più indietro nella storia, constatiamo che gli antenati di questi missionari giunti dall’Europa avevano essi stessi ricevuto il Vangelo quando avevano già una religione e un culto. Accogliendo il messaggio di Dio, essi non hanno perduto niente. Al contrario, hanno avuto la possibilità di conoscere Gesù Cristo e di divenire, in Lui, per mezzo del battesimo, figli e figlie del Dio d’Amore e di Misericordia.

4. Tutto ciò è stato fatto nella libertà. Infatti, i Vangeli sottolineano che Gesù non ha costretto nessuno. Agli apostoli, Cristo ha detto: “Se vuoi, seguimi”; ai malati: “se vuoi, puoi essere guarito”. Ciascuno deve rispondere all’appello di Dio, liberamente e in piena responsabilità. La Chiesa considera la libertà religiosa un diritto inalienabile, un diritto che si accompagna al dovere di ricercare la verità. È in un clima di rispetto per la libertà di ognuno che il dialogo interreligioso può svilupparsi e dare i suoi frutti.

5. Questo dialogo non è rivolto soltanto ai valori del passato e del presente. Esso guarda anche all’avvenire. Esso implica la collaborazione allo scopo di “difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà” (Nostra aetate, 3). Queste parole del Concilio Vaticano II, malgrado siano situate in un contesto diverso, delineano un programma per i credenti di un Paese come il vostro, in cui i cristiani e i musulmani vivono insieme ai membri della religione tradizionale africana. Il Benin, per svilupparsi, ha bisogno della partecipazione di tutti i suoi figli e nessuno deve chiudersi in se stesso. Cristiani, membri della religione tradizionale e musulmani sono chiamati a rimboccarsi le maniche per operare insieme per il bene del Paese. Quest’azione solidale dei credenti è importante per lo sviluppo integrale, la giustizia e la liberazione umana. Quest’opera sarà portata avanti meglio se accompagnata da una preghiera fervente a Dio, Creatore e Padre, fonte di ogni bene. Che le voci di tutti si uniscano per chiedere a Dio di concedere la prosperità e la pace a tutti gli abitanti di questo caro Paese! Da parte mia, siatene certi, affido al Signore le vostre preoccupazioni e le vostre speranze. Che Dio benedica voi e tutte le vostre famiglie!

 



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