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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA REDAZIONE
DEL QUOTIDIANO CATTOLICO «AVVENIRE»

Festa di San Giuseppe artigiano - Sabato, 1° maggio 1993

 

Carissimi fratelli e sorelle,

1. Siate i benvenuti in questa casa, dove il Papa vi accoglie come figli carissimi e come collaboratori preziosi, impegnati su una delle frontiere cruciali dell’attività umana. Saluto e ringrazio per le sue gentili parole il Direttore Lino Rizzi; saluto con lui il Vicedirettore Dino Boffo e tutti i giornalisti che, attivi nelle due redazioni di Milano e Roma, confezionano ogni giorno quel bel giornale che è “Avvenire”. Saluto la componente del personale amministrativo e quella dei tipografi. Con l’intera compagine aziendale, saluto i membri del Consiglio di Amministrazione che vi accompagnano. Un significato più completo alla vostra visita è dato dalla presenza del Cardinale Camillo Ruini e dell’Arcivescovo Mons. Dionigi Tettamanzi, rispettivamente Presidente e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, che è l’ente promotore e il principale referente di questa provvidenziale impresa editoriale. Un cordialissimo saluto rivolgo anche al caro. Monsignor Ersilio Tonini. Il fatto che a questa udienza vi accompagnino molte delle vostre famiglie è segno importante di una condivisione di impegni e di ideali. Prova inoltre che la vostra è qualcosa di più di una semplice azienda, è una comunità di lavoro nella quale la soggettività di chi vi opera è implicata fino a coinvolgere i più stretti legami familiari. È anzi la partecipazione di queste famiglie che induce a dire che qui c’è realmente la famiglia di “Avvenire”, idealmente allargata a tutti gli abbonati e a tutti i lettori.

2. Apprezzo molto che per la ricorrenza del 25 di fondazione del giornale abbiate deciso di compiere questo pellegrinaggio alla tomba dell’Apostolo Pietro e abbiate nel contempo desiderato di incontrarne il Successore. Con ciò voi esprimete i genuini sentimenti di fede che vi animano e fondano la vostra appartenenza alla Chiesa, e date chiara conferma dell’identità del vostro giornale. Un’identità cattolica che, nel seducente impatto con la cronaca, è ogni giorno da aggiornare e da reinterpretare, ma non può essere mai indebolita né smentita. Grazie all’odierna iniziativa voi avete inteso anche ricollegarvi in maniera precisa e impegnativa con le origini di “Avvenire”, giornale che – com’è noto – fu fermissimamente voluto dalla fervida mente del Papa Paolo VI. Egli vide il grande ruolo di un foglio che rispecchiasse l’intero cattolicesimo italiano, registrasse le pulsioni del rinnovamento postconciliare presenti in tutte le diocesi della penisola e mettesse le Chiese locali in proficuo dialogo tra loro e con la società italiana allora in forte fermento. La ricca tradizione di un cristianesimo vivamente diffuso, ma non alieno talora da difetti campanilistici, doveva imparare a parlare con un’unica lingua. Aveva bisogno di un laboratorio unitario in cui confrontarsi e grazie al quale proporsi all’opinione pubblica nazionale. Necessitava di un punto di approdo convergente che rendesse più incisiva l’influenza della Chiesa nel paese. Nacque così, sotto i migliori auspici, l’“Avvenire”.

3. Ebbene, a venticinque anni di distanza, la felice e provvida intuizione di Paolo VI conserva tutta la sua attualità e la sua carica innovativa, anzi le vede accresciute di nuove motivazioni nella congiuntura storica che l’Italia sta attraversando. Sono questi, infatti, anni di grandi cambiamenti, in cui tutto sembra rimesso in discussione. La società italiana avverte la necessità di un forte rinnovamento anzitutto morale, che può essere assai fecondo, a condizione che non vengano compromesse o disattese le radici e le ragioni di quella civiltà che si è formata in due millenni di storia cristiana. A questo rinnovamento i cattolici italiani, e con essi “Avvenire”, sono impegnati a dare tutto il proprio contributo, in spirito di sincera collaborazione con ogni persona e componente sociale che intenda operare per il bene della nazione. Bisogna però essere consapevoli che oggi è in atto in Italia un confronto non soltanto politico o economico, ma più profondamente morale e culturale, nel quale viene talvolta negata o messa in dubbio la validità e la fecondità della presenza cristiana. Ad “Avvenire” è richiesto quindi un impegno di alto profilo, e il suo ruolo è destinato a crescere, per illuminare le coscienze e per far conoscere con serena chiarezza la verità dei fatti, affinché il popolo italiano possa avere un punto di riferimento che lo aiuti a stare insieme e la testimonianza cristiana in Italia prenda rinnovato slancio, nel nuovo contesto morale, sociale e istituzionale che essa deve contribuire a creare, e rafforzi la sua tensione unitiva, a vantaggio non di un proprio interesse, ma del bene di tutto il Paese. Stimolate dunque e sostenete quei laici cattolici che, senza confusione di ruoli, si sforzano di condurre avanti questa impresa, e favorite il convergere intorno ad essa delle forze migliori della nazione.

4. È ovvio però che un giornale adeguato a questi compiti non si improvvisa, non scaturisce da un assemblaggio di energie. Esso ha bisogno – oltre che di un progetto qualificato – di operatori adeguati all’impresa, di giornalisti preparati professionalmente e pronti sul piano della responsabilità specifica che caratterizza il vostro quotidiano. In nulla dovete lasciare a desiderare quanto a professionalità, così da reggere il confronto con qualsiasi altra testata. È questa scrupolosa dedizione alle esigenze di un lavoro difficile che vi dà titolo per fronteggiare le sfide di una dura concorrenza, con i limitati mezzi economici su cui “Avvenire” può contare. Eppure ciò non basta. C’è da far germinare continuamente il seme dell’originalità cristiana, così che nel quotidiano confronto delle opinioni non manchi il contributo, il punto di vista, l’offerta di illuminazione derivante dall’ispirazione cristiana. L’incontro con Cristo – “il perfetto modello di Comunicatore” (Communio et progressio, 126) – sia il punto di partenza della vostra vicenda personale e professionale. Mentre il servizio all’uomo – qualunque uomo, specie il meno protetto dalle manipolazioni, e in qualunque fase della vita o circostanza egli si trovi – dev’essere il vostro punto di arrivo e il contenuto inalienabile della missione di giornalisti, che in tal senso non esiterei a definire militanti: militanti, ossia non acquiescenti, per la causa della dignità e della libertà dell’uomo. Più che il denaro, la carriera, il successo voi dovete amare la gente, il pubblico a cui vi rivolgete, perché solo amandolo potete rispettarlo, trattarlo da adulto, da interlocutore serio, da soggetto e non da oggetto a cui vendere comunque il prodotto-giornale. Per questa via potete instillare nei lettori l’inquietudine per la libertà specialmente interiore, l’irrequietezza di fronte ai conformismi opprimenti e mortificanti, la sete di sapere sempre di più e di andare sempre più a fondo nella comprensione delle vicende umane. Se è vero che per certi versi la libertà di stampa è affidata alla capacità personale del giornalista, voi giornalisti di “Avvenire” dovete essere come un presidio collettivo dell’autentica libertà di stampa e di opinione nel nostro Paese.

5. Ma per compiere la sua corsa, non è sufficiente ad “Avvenire” una redazione compatta e motivata. Occorre che non gli manchi il consenso del pubblico, e innanzitutto dei componenti le comunità cristiane, presbiteri, religiosi e laici. Anche se fate bene a proporvi di raggiungere fasce sempre più ampie di cittadini, suscitando il loro interesse e il loro coinvolgimento, va da sé che i primi interlocutori sono i credenti, in particolare chi fra loro è impegnato a livello ecclesiale o sul piano sociale e politico, e i giovani che vogliono guardare in maniera consapevole alle loro responsabilità di cristiani. Come sarebbe possibile infatti dedicarsi all’inculturazione del Vangelo nelle vicende spesso intricate dei nostri giorni, senza un legame anche culturale con la comunità cristiana, senza poter conoscere il Magistero sociale della Chiesa in maniera diretta e non artificiosamente mediata, senza tener conto di un’elaborazione di pensiero che sia di orientamento per l’azione? “Avvenire” è il compagno di viaggio di ogni famiglia consapevolmente cristiana, è uno strumento indispensabile per quanti si spendono in nome del Vangelo nelle mille attività umane. A ben considerare, meno di qualunque altra testata “Avvenire” dovrebbe avere problemi di diffusione. Per questo unisco volentieri la mia voce a quella della CEI, e faccio appello all’intelligenza e alla sensibilità dei cattolici italiani. “Avvenire” è una risorsa preziosa per rendere più rilevante l’incidenza dei cristianesimo nella società italiana. Le diocesi, stimolate dalle indicazioni del Concilio e dei successivi documenti della Santa Sede, sono chiamate a maturare una “coscienza comunicativa” proprio attraverso la valorizzazione dinamica degli strumenti di comunicazione sociale. Pertanto, “Avvenire” deve trovare un’attenzione privilegiata in ogni Chiesa locale, a partire da quella terra lombarda in cui ha il suo più immediato radicamento territoriale. Così, per i religiosi e le religiose e per i responsabili e gli aderenti di ogni associazione e movimento ecclesiale, il quotidiano cattolico dev’essere uno stimato luogo d’incontro, ricercato per l’autorevolezza dei suoi riferimenti, oltre che per lo sforzo di sintesi in cui ogni giorno si cimenta, essendo espressione non di una parte ma dell’intero mondo cattolico italiano. Come voi giornalisti, pur provenendo da itinerari educativi ed ecclesiali diversi, riuscite ad arricchirvi a vicenda approdando ad un’apprezzabile sinergia culturale, così i componenti del vasto associazionismo cattolico, superando distacchi e freddezze, devono identificarsi in questo strumento e farne occasione di quotidiana formazione.

6. Il vostro – il nostro – giornale compie solo venticinque anni. Esso è nel pieno della giovinezza, lo attendono traguardi di sempre maggiore responsabilità. Non scoraggiatevi di fronte alla grandezza dell’impresa e di fronte alle difficoltà che l’accompagnano; non demordete dal proposito di fare un giornale di qualità e di sicuro affidamento. Perseverate anche quando il pubblico sembrasse premiare prodotti scandalistici e d’effetto, anche quando altri editori e altri giornalisti sembrassero adeguarsi a questa deprecabile tendenza. Talune vostre scelte forse non pagheranno immediatamente, ma voi non desistete. Il Papa, nel ringraziarvi per quanto fate anche in ausilio al suo ministero, vi esorta a restare fedeli alle consegne affidatevi all’origine. Come già vi disse Paolo VI nell’incontro del 27 novembre 1971, vorrei anch’io che in ciascun membro di questa famiglia giornalistica si imprimesse il ricordo dell’odierna udienza come quello di un’“alleanza spirituale”, nel comune servizio del Vangelo da annunciare con efficacia nel nuovo areopago dei tempi moderni (cf. Redemptoris missio, 37).

In questo spirito vi imparto, propiziatrice, la mia apostolica benedizione.

 

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