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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
PER L'INAUGURAZIONE DELLA VI ASSEMBLEA GENERALE DELLA
«CONFERENZA MONDIALE DELLE RELIGIONI PER LA PACE»

Aula del Sinodo - Giovedì, 3 novembre 1994

Cari amici,

1. Sono lieto di dare il benvenuto a voi, partecipanti alla Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace, in occasione dell’apertura della vostra Sesta Assemblea Mondiale che proseguirà a Riva del Garda. La Santa Sede ha partecipato alle assemblee precedenti e continua a seguire con interesse i vostri sforzi per operare insieme per la pace in modo consono a uomini e donne dalle profonde convinzioni religiose. Ringrazio il Reverendo Nikkyo Niwano per le sue cortesi osservazioni sui rapporti che la Santa Sede ha intrattenuto con la vostra Organizzazione fin dall’inizio.

Quando nel luglio 1991 ho salutato i membri del vostro Consiglio Internazionale, ho parlato di quanto sia necessario che i religiosi del mondo si impegnino in un dialogo di reciproca comprensione e di pace sulla base dei valori che essi condividono. Questi valori non sono soltanto umanitari o umanistici, ma appartengono al regno delle verità più profonde concernenti la vita dell’uomo in questo mondo e il suo destino (cf. Nostra aetate, 1). Oggi, tale dialogo è più che mai necessario. Infatti mentre le vecchie barriere cadono, ne emergono di nuove, ogni volta che le verità e i valori fondamentali vengono dimenticati o trascurati anche fra coloro che si professano religiosi. Attraverso il dialogo interreligioso siamo in grado di testimoniare quelle verità che costituiscono il punto di riferimento necessario per l’individuo e per la società: la dignità di ogni essere umano indipendentemente dalla sua origine etnica, dalla sua appartenenza religiosa o dal suo impegno politico. Noi dichiariamo di rispettare e di amare tutti gli uomini e le donne in quanto creature di Dio e per questo d’immenso valore.

Il dialogo autentico ci aiuta a comprenderci reciprocamente in quanto donne e uomini religiosi e ci permette di rispettare le nostre differenze senza per questo astenerci dall’affermare chiaramente e inequivocabilmente ciò che crediamo essere la vera via alla salvezza. Per lo stesso motivo dovremmo impegnarci insieme affinché tutti abbiano la libertà religiosa. La libertà religiosa è la pietra angolare di tutte le libertà; impedire agli altri di professare liberamente la loro religione equivale a mettere a repentaglio la propria.

2. Il tema di questa Sesta Assemblea Mondiale: Guarire il Mondo, Religioni per la Pace è già di per sé una decisa affermazione di una verità fondamentale, ossia che la religione è orientata verso quella pace che rispecchia l’armonia divina. Riflettendo sul ruolo della religione nel guarire il mondo, esaminerete alcune delle più gravi manifestazioni di sofferenza umana: l’errato uso delle risorse naturali, la violenza e la guerra, l’oppressione e l’assenza di giustizia, la mancanza di rispetto per la persona umana. La violenza in ogni sua forma si oppone non solo al rispetto che dobbiamo a ogni essere umano, ma anche all’autentica essenza della religione. Indipendentemente dai conflitti del passato e anche del presente, noi abbiamo tutti il compito e il dovere di far conoscere il rapporto fra religione e pace. Questo impegno è iscritto nella vostra identità come associazione.

Oggi, i capi religiosi devono dimostrare chiaramente di essere impegnati nella promozione della pace proprio in virtù del loro credo religioso. La religione non è, e non deve diventare, un motivo di conflitto, in particolare quando le identità etniche, culturali e religiose coincidono. Purtroppo, recentemente, ho avuto motivo di affermare ancora una volta che: “Non ci si può considerare fedeli a Dio grande e misericordioso e nel nome stesso di Dio osare uccidere il fratello” (Udienza generale, 26 ottobre 1994). La religione e la pace procedono insieme: fare la guerra in nome della religione è un’evidente contraddizione. Spero che sarete in grado, durante la vostra Conferenza, di elaborare dei modi per diffondere questa profonda convinzione.

3. In questo Anno Internazionale della Famiglia permettetemi di richiamare la vostra attenzione sull’intima connessione esistente fra religione e famiglia. La famiglia è la prima comunità incaricata di educare secondo i valori essenziali della vita umana, di trasmettere innanzitutto la convinzione secondo la quale “l’uomo vale più per quello che è che per quello che ha” (Gaudium et spes, 35). La religione, riferendosi al disegno di Dio per la vita e per la società, aiuta la famiglia ad adempiere il proprio compito a livello più profondo. La cooperazione fra capi religiosi è importante per sostenere e per promuovere questa fondamentale istituzione umana, in particolare in questo periodo in cui essa subisce attacchi da più fronti come se la si dovesse abbandonare, dimenticare o sostituire con altri tipi di rapporti personali. Guarire il mondo significa inoltre, se non anche primariamente, difendere la famiglia in quanto comunità di persone che hanno la stessa dignità e che operano insieme e in armonia per il bene comune.

In questo contesto, è necessario rivolgere la propria attenzione al problema delle abitazioni e degli insediamenti umani. Oggi, la mancanza di abitazioni adeguate, accessibili e adatte alle esigenze della famiglia, si fa sempre più grave e colpisce soprattutto i più giovani. Inoltre, in alcuni luoghi, la deliberata distruzione di abitazioni e di insediamenti, così come il trasferimento forzato di gruppi etnici, sono diventati armi crudeli di discriminazione e di guerra. Il vostro impegno per la pace esige che guardiate attentamente a questa tragedia contemporanea, una tragedia che le religioni sono chiamate a lenire. Innumerevoli persone rifugiate e trasferite, spesso divise dalle proprie famiglie, attendono l’aiuto consolatorio che le religioni possono e dovrebbero offrire. Le Nazioni Unite sperano di poter affrontare l’urgente problema degli insediamenti umani nel 1997. È già ora che le strutture religiose incomincino a riflettere sui valori comuni che esse devono offrire e che aiuteranno la comunità internazionale ad affrontare la questione con la dovuta attenzione ai suoi aspetti morali e etici.

4. Nelle Scritture Cristiane, leggiamo di un uomo che cerca di giustificarsi. Egli chiede a Gesù chi è il suo prossimo. Attraverso la Parabola del buon Samaritano, Gesù cambia i termini della domanda. Il problema non è chi è il prossimo, ma piuttosto chi si è reso prossimo del povero che è incappato nei briganti. La risposta dovrebbe continuamente echeggiare nella nostra mente e nel nostro cuore: “Chi ha avuto compassione di lui” (Lc 10, 29-37). La grazia è il frutto di un amore che riconosce in tutti coloro che soffrono la dignità di esseri umani, indipendentemente dalla loro condizione, nazionalità o religione. Questo amore misericordioso non conosce nemici, ma soltanto fratelli e sorelle; esso è universale. Non possiamo restare indifferenti di fronte alle ferite dell’umanità; dobbiamo guarire, consolare, curare le moltitudini di individui e popoli che soffrono. La vostra attuale Assemblea, affrontando le cause della sofferenza, può costituire uno strumento per illuminare le coscienze circa la profonda solidarietà umana senza la quale la pace è impossibile.

5. La pace è un dono prezioso di Dio che deve essere ricercato nella preghiera e promosso con rispetto. È stata questa convinzione che mi ha portato, nell’ottobre 1986, a invitare i capi religiosi ad Assisi, per digiunare e per pregare per la pace nel mondo. Alcuni di voi hanno partecipato a quell’incontro memorabile. Di fronte alle attuali tragedie di violenza in Bosnia ed Erzegovina, in Rwanda, e in molti altri luoghi tormentati in tutto il mondo, preghiamo incessantemente per la pace. Coloro che pregano per questo dono, in umiltà e verità, non possono che dedicarsi alla promozione della pace.

Che possiamo insieme amare la pace e portarla agli altri! La vostra Assemblea costituirà, ne sono certo, un’esortazione per le donne e per gli uomini religiosi affinché si mettano al servizio della pace e della riconciliazione. Guarire il mondo attraverso l’impegno delle Religioni per la Pace significa che essere rivolti con fede e speranza a Colui in cui noi “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28), per diventare strumenti migliori di acquisizione dell’autentico destino dell’uomo ora e dopo la morte. Che Dio benedica voi e le vostre famiglie, le vostre deliberazioni e tutti i membri della vostra Organizzazione.

 

© Copyright 1994 -  Libreria Editrice Vaticana

 



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