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MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO PROMOSSO
NEL XXX ANNIVERSARIO DELLA PROMULGAZIONE
DELLA «DIGNITATIS HUMANAE»

 

Ai partecipanti al Congresso
su “Secolarismo e libertà religiosa”
nella ricorrenza del 30° Anniversario
della Dignitatis Humanae
 

1. Con grande piacere rivolgo il mio saluto ai partecipanti al Congresso Internazionale su “Secolarismo e libertà religiosa” organizzato dal Becket Fund per la Libertà Religiosa e dal Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, sotto il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura. Oggi ricorrono i trent’anni della pubblicazione della Dichiarazione del Concilio Vaticano II sulla Libertà Religiosa, Dignitatis Humanae. Questo importante testo è stato l’oggetto delle vostre riflessione nel corso del convegno che ha riunito eminenti esperti di varia formazione e testimoni in grado di offrire la loro personale testimonianza su come la libertà religiosa venga, o meno, rispettata nel mondo d’oggi. Desidero esprimere particolari parole di apprezzamento per il Becket Fund, per i suoi numerosi sforzi compiuti nella difesa della libertà religiosa negli Stati Uniti e nel Mondo.

2. Come ho spesso avuto modo di affermare, il Concilio Vaticano II rappresentò una grazia straordinaria per la Chiesa e una tappa decisiva della sua storia recente. Dignitatis Humanae è senza dubbio uno dei testi conciliari più rivoluzionari. Suo è il particolare e importante merito di aver appianato la strada per quel notevole e proficuo dialogo tra la Chiesa e il mondo tanto ardentemente sollecitato e incoraggiato da un altro notevole documento conciliare, la Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, emessa in quello stesso giorno. Guardando retrospettivamente agli ultimi trent’anni, bisogna ammettere che l’impegno della Chiesa per la libertà religiosa quale diritto inviolabile della persona umana (cf. Dignitatis Humanae, cap. I) ha sortito effetti superiori a ogni previsione dei Padri Conciliari.

Con il dichiarare che l’esigenza di libertà nella società degli uomini, e in primo luogo l’esigenza di libertà religiosa, sono “conformi alla verità e alla giustizia” (Dignitatis Humanae, 1), il Concilio apriva la strada a un’attiva e l’attiva partecipazione dei membri della Chiesa e delle sue istituzioni nella promozione di quella universale “ricerca di libertà” che, come ho di recente avuto modo di dire alle Nazioni Unite, “è una delle grandi dinamiche della storia” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII/2 [1995] 729). In molti casi, la difesa della libertà religiosa, quale primo dei diritti dell’uomo e fondamento di ogni accettabile schema di diritti, è stata l’ispirazione principale di uomini e donne che “pur minacciati dalla violenza, hanno affrontato il rischio della libertà, chiedendo che fosse loro riconosciuto uno spazio nella vita sociale, politica e a misura della loro dignità di persone libere” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII/2 [1995] 729). In breve, la Dichiarazione conciliare sulla Libertà Religiosa contribuì a liberare enormi energie morali e religiose che hanno esercitato una reale influenza sulle trasformazioni sociali e politiche degli ultimi anni, oltre che sull’intera struttura delle relazioni internazionali.

3. Come la Dignitatis Humanae insegna, uomini e donne “sono dalla loro stessa natura e per obbligo morale tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione” (n. 2). Noi siamo per nostra natura religiosi, in quanto dal Creatore dotati di intelligenza e volontà, e quindi in grado di conoscere e amare lo stesso Autore della vita. Nel profondo del nostro essere aneliamo a Dio e ci sforziamo trovarlo. Nelle mutevoli circostanze della vita, ciascuno di noi sente sussurrarsi l’invito: “Cercate il suo volto” (Sal 27, 8). E spesso, pur non consapevoli di tutto ciò che la nostra risposta comporti, rispondiamo dal profondo del nostro cuore: “Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto” (Sal 27, 8-9). Difendendo il diritto inalienabile alla libertà religiosa, noi difendiamo proprio l’integrità e la legittimità di questo dialogo del cuore e della mente dell’uomo con il Creatore. Nel difendere la libertà religiosa, la Chiesa non difende una prerogativa istituzionale, ma la verità sulla persona umana.

4. Il tema del vostro Congresso accosta due concetti determinanti: secolarismo e libertà religiosa. Lo stesso Concilio riconobbe il valore, ma anche i limiti, dell’autonomia della dimensione secolare. La Costituzione dogmatica sulla Chiesa afferma: “Come infatti si deve riconoscere che la città terrena, legittimamente dedicata alle cure secolari, è retta da propri principi, così a ragione è rigettata l’infausta dottrina che pretende di costruire la società senza alcuna considerazione per la religione e impugna ed elimina la libertà religiosa dei cittadini” (Lumen Gentium, 36). In tutto il corso del XX secolo milioni di essere umani sono stati vittime innocenti di ideologie politiche e di forme di odio religioso ed etnico che, in un modo o nell’altro, hanno cercato di annullare o limitare il diritto dell’individuo a non essere soggetto a coercizioni in materia di religione. È troppo auspicarsi che il sangue di quelle innumerevoli vittime abbia preparato il mondo a una nuova comprensione dell’importanza della libertà religiosa e della sua inviolabilità?

5. Dignitatis Humanae fu in certo senso una risposta a una realtà spesso ricorrente nella storia della Chiesa e non ancora del tutto scomparsa dal mondo d’oggi. Tuttavia oggi faremmo bene a tenere conto di un’altra forma di limitazione della libertà religiosa, meno evidente dell’aperta persecuzione. Mi riferisco alla pretesa che una società democratica debba relegare al puro ambito delle opinioni personali i credo religiosi dei suoi membri e le convinzioni morali derivanti dalla fede. A prima vista, ciò sembra essere un atteggiamento di dovuta imparzialità e “neutralità” da parte della società nei confronti di quei suoi membri che seguano tradizioni religiose diverse o nessuna affatto. E in vero è opinione diffusa che questo sia l’unico approccio illuminato possibile in un moderno Stato pluralistico.

Ma, chiedere ai cittadini, nella partecipazione alla vita pubblica, di mettere da parte le loro convinzioni religiose non vuol forse dire che la società, oltre ad escludere il contributo della religione alla sua vita istituzionale, si fa anche promotrice di una cultura che dell’uomo offre una definizione che ne sminuisce la vera essenza? In particolare, al cuore di ogni grande istanza sociale ci sono interrogativi morali. Ora si vorrebbe forse che i cittadini i cui giudizi morali sono basati sulle loro convinzioni religiose non esprimessero le loro convinzioni più profonde? E quando questo accade, non è forse la democrazia stessa a essere svuotata del suo significato più vero? Non dovrebbe un reale pluralismo prevedere che quelle profonde convinzioni possano essere espresse in un vivace e civile dialogo comune? La Chiesa sollecitamente incoraggia questo dialogo perché consapevole della sua utilità e della sua efficacia, a condizione che esso resti aperto alla verità oggettiva, alla quale è possibile giungere ed aderire, e non sia condizionato da una preconcetta visione “areligiosa” e “amorale” della persona umana e della comunità degli uomini.

6. Da parte loro, i credenti religiosi devono scrupolosamente attenersi al principio del dialogo e della persuasione. Mentre ci prepariamo a celebrare i duemila anni della nascita di Cristo, la Chiesa riconosce, in spirito di profondo pentimento, quei momenti della storia in cui “acquiescenza (fu) manifestata... a metodi di intolleranza e persino di violenza nel servizio alla verità” (Tertio Millennio Adveniente, 35). Con i Padri del Concilio Vaticano II, la Chiesa oggi saldamente mantiene il principio della Dichiarazione sulla Libertà Religiosa: “la verità non si impone che per forza della verità stessa, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore” (Dignitatis Humanae, 1). La Chiesa non cerca né desidera vedere alcun potere terreno posto al servizio delle verità di cui è annunciatrice. Chiede solo di poter in libertà rivolgersi all’uomo; e chiede per tutti gli esseri umani la libertà di rispondere al Vangelo nella piena misura della loro umanità.

7. Il mio augurio per tutti voi è che le vostre conclusioni rafforzino il vostro impegno per la difesa e per lo sviluppo della libertà religiosa. Nel servire questa causa, voi vi fate veri promotori della dignità dell’uomo e vi ponete al servizio del benessere integrale dell’umana famiglia. Quando fate questo “con spirito di santità, amore sincero, con parole di verità” (2 Cor 6, 6-7), voi servite il Signore, il quale ci rende liberi nel senso più profondo della nostra libertà. Su voi tutti discendano le sue copiose benedizioni!

Dal Vaticano, 7 dicembre 1995.  

IOANNES PAULUS PP. II

 

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