Index   Back Top Print

[ EN  - IT ]

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLE PROVINCE ECCLESIASTICHE
DI BOMBAY, GOA, HYDERABAD, NAGPUR E VERAPOLY
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Mercoledì, 13 dicembre 1995

 

Eminenza, Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Con l’“affetto che ho per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù” (Fil 1, 8), saluto voi, Pastori della Chiesa nelle Province ecclesiastiche di Bombay, Goa, Hyderabad, Nagpur e Verapoly in occasione della vostra visita “ad limina Apostolorum”. Siete venuti a pregare sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo nella Sede in cui essi confermarono la verità e la fecondità del Vangelo mediante il loro martirio. Qui essi predicarono Cristo crocifisso e risorto e fecero la “bella professione di fede” (1 Tm 6, 13). Mediante la testimonianza del loro sangue santificarono questa Chiesa lasciando un’eredità ai loro successori, i Vescovi di Roma, affinché nel loro ministero “tutti i Vescovi si riconoscano uniti in Cristo e tutti i fedeli trovino la conferma della propria fede” (Ut unum sint, 97).

In unità, carità e pace siamo membri del Collegio dei Vescovi che Cristo ha istituito per proseguire la sua opera salvifica nei secoli. Ognuno, a seconda della misura del dono di Dio, ha la responsabilità di pascere il gregge che gli è stato affidato in una particolare diocesi. Allo stesso tempo abbiamo una responsabilità collegiale verso l’intera Chiesa (cf. Lumen Gentium, 22). Come l’Apostolo Pietro, siamo consapevoli della nostra fragilità e della nostra condizione di peccatori, ma come lui siamo anche confortati dalle parole del Signore: “Non abbiate paura!” (Lc 5, 10). Come san Paolo, ci vanteremo ben volentieri delle nostre debolezze perché dimori in noi lo Spirito di Cristo (cf. 2 Cor 12, 9). Grazie al nostro ministero episcopale il Signore risorto, nella potenza dello Spirito Santo, continua a guidare la sua Chiesa lungo il cammino verso il Padre. Poiché “Dio ci ha trovati degni di affidarci il Vangelo” (1 Ts 2, 4), ci è stato conferito il potere di manifestare un coraggio apostolico che non conosce paura. La mia supplica fraterna a voi Vescovi dell’India è la seguente: abbiate sempre il coraggio di annunziare il Vangelo di Dio anche in situazioni avverse! (cf. 1 Ts 2, 2).

2. Lo stesso spirito donato alla Chiesa attraverso le ferite della crocifissione (cf. Dominum et Vivificantem, 25) vi accompagna lungo il cammino della vostra missione come Pastori del Popolo di Dio ed araldi del Vangelo per coloro che ancora non lo hanno ascoltato. Egli rafforzerà i vostri vincoli di unità e di carità affinché tutti insieme i Vescovi dell’India formino una sola mente e un solo cuore, esercitando un’effettiva solidarietà pastorale, per affrontare le sfide che si presentano alla comunità cattolica nel vostro Paese alle soglie del nuovo Millennio.

Una di queste sfide è il riemergere di quella mentalità che divide le persone per ragioni sociale ed etniche. Dobbiamo purtroppo ammettere che tali problemi persistono anche in seno alla comunità cristiana, con forme di discriminazione che contrastano l’essenza stessa del messaggio del Vangelo, un messaggio che parla dell’amore infinito di Dio per tutti i suoi figli, senza fare distinzioni. Siamo tutti vincolati dall’esortazione dell’Apostolo Paolo a comportarci in maniera degna della vocazione che abbiamo ricevuto... ansiosi di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace (cf. Ef 4, 1-3). La preghiera di Cristo nel cenacolo, che viene spesso applicata ai rapporti ecumenici con altri cristiani, deve esprimersi in primo luogo nella vita della comunità cattolica, in ogni parrocchia, in ogni incontro locale dei fedeli: “Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21).

3. Fu nel cenacolo che il Signore diede ai suoi discepoli il nuovo comandamento dell’amore reciproco (cf. Gv 13, 34) e istituì l’Eucaristia come il sacramento che crea e rappresenta l’unità di tutti i suoi discepoli. Attraverso l’Eucaristia Cristo continua a edificare il suo Corpo, la Chiesa, e lo Spirito Santo rafforza “l’uomo interiore” (Ef 3, 16). In India, così come a Roma e in ogni altri parte del mondo, il modello originale della comunità di fede è quello descritto negli Atti degli Apostoli: i fedeli “erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2, 42). I Vescovi devono tenere sempre presente questo modello quando si sforzano di consolidare nello stesso spirito di unità e di armonia la parte della Chiesa affidata alla loro sollecitudine pastorale. Come sommi sacerdoti della sacra adorazione e principali “amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1), i Vescovi devono promuovere la vita liturgica nelle loro diocesi secondo l’insegnamento e la disciplina della Chiesa universale. Poiché la liturgia esprime la fede della Chiesa, vegliare sul modo in cui si celebra è un dovere solenne. I Vescovi devono garantire che la “lex orandi” di ogni Chiesa particolare rifletta la “lex credendi” della “Koinonia” universale.

4. Dall’Eucaristia provengono la forza per vivere la vita cristiana nella sua pienezza e l’impegno a condividere tale vita con gli altri. Il Signore presente nell’Eucaristia vi manda ovunque nella vostra Nazione per edificare a gloria di Dio “la civiltà dell’amore, fondata sui valori universali di pace, solidarietà, giustizia e libertà, che trovano in Cristo la loro piena attuazione” (Tertio Millennio Adveniente, 52). Per i Vescovi e i loro collaboratori – sacerdoti, religiosi e laici impegnati – questo compito comprende l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa, la proclamazione del Vangelo della vita, e la promozione del dialogo e della cooperazione interreligiosi.

“In effetti, per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano” (Centesimus Annus, 5). Nel vostro apostolato l’insegnamento sociale della Chiesa esige un impegno coraggioso per promuovere una società più giusta ed equa e un amore sincero per i poveri che si esprime attraverso una solidarietà che li aiuti a diventare gli artefici principali del loro sviluppo umano. Nelle vostre relazione “ad Limina” avete richiamato l’attenzione su alcune situazioni che gravano sulle vostre comunità. Tra queste vi sono le antiche e le nuove minacce alla vita umana – mascherate come compassione – dirette contro i nascituri, i disabili, i malati gravi e i moribondi. Ogni qual volta la dignità e i diritti degli individui o dei popoli vengono minacciati la voce profetica della Chiesa dovrebbe risuonare al servizio della vita.

La cospirazione contro la vita (cf. Evangelium Vitae, 17) assume molteplici forme nella società moderna. Queste forme comprendono la violenza alimentata dalle differenze razziali e religiose, lo sfruttamento di donne e bambini sul posto di lavoro accanto al permissivismo sessuale e alla pornografia, le pressioni per adottare alcuni metodi di controllo demografico e un indebolimento generale del senso di responsabilità verso il bene comune da parte di coloro che controllano l’economia e la vita pubblica.

Una società giusta si può fondare solo sulla legge morale. I laici in particolare dovrebbero essere incoraggiati e formati per operare a favore di una società che rispetti e promuova i valori etici inscritti nel cuore umano (cf. Rm 2, 15) e rivelati dalla sapienza e dall’amore di Dio, valori che sono in gran parte riflessi nei codici morali delle grandi religioni del mondo. Nonostante le difficoltà che si riscontrano in una società prevalentemente non cristiana, a voi Vescovi per primi è chiesto di farvi “annunciatori instancabili del Vangelo della vita” (Evangelium Vitae, 82). Sono certo che esorterete, formerete e incoraggerete i sacerdoti, i teologi, gli insegnanti, i catechisti, i genitori e tutti i credenti affinché si impegnino sempre più nella loro responsabilità di essere un popolo per la vita.

6. Un altro motivo di preoccupazione e di azione della Chiesa in India è lo status delle donne nella società e nella comunità ecclesiale. Certo, la grande sfida ad affrontare il problema dell’oppressione storica delle donne è una questione che riguarda tutta al società. La comunità cattolica tuttavia, da parte sua, può fare molto attraverso le sue istituzioni e mediante l’atteggiamento e il comportamento dei suoi membri, in particolare delle oltre 65.000 religiose, per rafforzare la consapevolezza dell’uguale dignità tra uomini e donne, dei diritti fondamentali di queste ultime e della complementarità degli uomini e delle donne nel disegno di Dio. Sono lieto che la vostra Conferenza episcopale e molte Diocesi stiano già adottando misure pratiche in risposta alle preoccupazioni e alle speranze delle donne e per trovare i modi atti a migliorare la loro condizione. Rinnovo l’appello fatto lo scorso settembre all’intera Chiesa affinché sia disposta a promuovere in ogni modo la partecipazione delle donne alla sua vita interna, fatta eccezione per quei compiti che appartengono propriamente al sacerdote, facendo uso dell’ampio spazio riservato dal diritto canonico alla presenza dei laici e delle donne (cf. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII/2 [1995] 280).

Promuovendo il rispetto per l’intrinseca dignità delle donne, contribuirete a liberare riserve di saggezza e sensibilità di cui la Chiesa e la società hanno grande bisogno.

7. In una società multireligiosa come quella indiana i cristiani devono unirsi a tutte le persone di buona volontà nella difesa dei comuni valori umani e spirituali e nella promozione dello sviluppo umano integrale. La Chiesa cattolica in India deve affrontare la sfida del fondamentalismo religioso militante promuovendo il dialogo interreligioso. Da questo dialogo nascerà il rispetto per i “semi della Parola” sparsi tra i popoli e le religioni dell’India, nel sincero riconoscimento dell’autentica “ricchezza spirituale” della loro “preghiera e contemplazione, fede e ricerca di Dio o dell’Assoluto” (Evangelii Nuntiandi, 42). Il “Dialogo della vita” con i non cristiani dimostrerà che l’autentica fede religiosa è una fonte di reciproca comprensione, di solidarietà fraterna e di pace sociale.

8. Cari Fratelli, l’intera Chiesa si sta preparando con entusiasmo a commemorare il bimillenario dall’incarnazione redentrice del Signore in seno alla Vergine Maria. Oltre ai significativi eventi in preparazione del Giubileo, quali la Sessione Speciale per l’Asia del Sinodo dei Vescovi, i Vescovi, insieme a ogni settore dei fedeli, sono chiamati a promuovere nelle loro diocesi un profondo rinnovamento interiore a ogni livello della vita della Chiesa. È questa la trasformazione nello Spirito che dovrebbe ispirare il vostro ministero conformemente alla esortazione di San Paolo: “Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4, 23-24). Gli anni che conducono al Giubileo devono diventare un tempo di speranza per la Chiesa in India! La speranza penetra l’oscurità della Passione con lo splendore della Risurrezione. I Pastori che seguono le orme del Pastore e Custode delle nostre anime (cf. 1 Pt 2, 25) sono icone di questa speranza per il loro popolo. Con gioioso ringraziamento per le grandi cose (cf. Lc 1, 49) che Dio ha fatto per la Chiesa in India affido voi, i vostri sacerdoti, i religiosi e i laici, a Maria, Vergine del Nuovo Avvento e Stella del Mattino che guida il Popolo di Dio verso suo Figlio, Cristo Redentore. Con la mia Benedizione Apostolica.

 

© Copyright 1995 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana