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VIAGGIO APOSTOLICO NELLE FILIPPINE,
IN PAPUA NUOVA GUINEA, AUSTRALIA E SRI LANKA

X GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I DELEGATI DELLA FEDERAZIONE
DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DEL CONTINENTE ASIATICO

«San Carlos Seminary» di Manila (Filippine) - Domenica, 15 gennaio 1995

 

Cari Fratelli Vescovi,

1. Preparandomi per questo incontro con i Pastori della Chiesa in Asia ho pregato per essere uno strumento appropriato dello Spirito Santo, che in tutti i tempi e in ogni luogo dà vita alla Chiesa e, secondo la promessa di Cristo, la guida alla pienezza della verità (cf. Gv 16, 13). Ho pregato per essere in grado – con le parole del Salmo – di cantare “la sua lode nell’assemblea dei fedeli” (Sal 149, 1). È certamente con un canto di lode e di ringraziamento a Dio nel mio cuore che io mi unisco a voi nel celebrare la lieta occasione del XXV Anniversario della Federazione della Conferenza Episcopale dell’Asia.

Sono stato profondamente toccato dalle cordiali parole di benvenuto dell’Arcivescovo Rozario e desidero anche ringraziare gli altri Vescovi per le loro meditate osservazioni sulle vitali questioni della proclamazione, della vita e dell’ecologia, che costituiscono l’oggetto delle vostre riflessioni in questi giorni.

2. Le Assemblee della vostra Federazione – delle quali questa è la sesta – non rappresentano solo un foro per lo scambio di esperienze pastorali e per la discussione di argomenti di comune interesse. Esse esprimono anche, cosa ancora più importante, la profonda comunione ecclesiale e collegialità affettiva che uniscono gli uni agli altri e alla Sede di Pietro i vescovi dell’Asia del Sud, del Sud-Est e dell’Est. Insieme ai nostri fratelli vescovi in tutto il mondo nutriamo il gregge che Cristo ha redento con il suo prezioso sangue (cf. 1 Pt 1, 19). Tutti insieme, quindi, rendiamo grazie a Dio per i “vincoli di unità, di carità e di pace” che ci uniscono l’uno all’altro sotto “il pastore supremo” (1 Pt 5, 4), di cui siamo i servitori.

Il nostro incontro sta avendo luogo sulla scia della Decima Giornata Mondiale della Gioventù che si è appena conclusa. Siamo tutti testimoni della generosa risposta della gioventù all’appello della Chiesa a prendere la Croce pellegrina di Cristo. In questo caso bisogna rendere omaggio ai vescovi filippini che hanno prestato una grande attenzione alla preparazione spirituale dei giovani che vi hanno partecipato. In realtà sono proprio questi giovani, e altri come loro in tutto il mondo, a chiamare la Chiesa – a esortare i Pastori della Chiesa – a compiere sforzi sempre maggiori perché essa presenti loro Cristo nella pienezza della sua grazia e della sua verità. Le mie parole intendono quindi essere un incoraggiamento fraterno, esortando voi come san Paolo esortò Tito: dal momento che aveva già iniziato, che portasse anche a compimento l’opera generosa del suo ministero (cf. 2 Cor 8, 6). È il vostro ministero di Vescovi, e la situazione in cui esso viene esercitato, il tema fondamentale di queste riflessioni che condivido con voi.

3. Dalla fondazione della vostra Federazione, venticinque anni fa, un progresso tecnologico e una crescita economica rapidi hanno rivoluzionato il volto dell’Asia. Pur affermando i benefici di questo sviluppo, la Chiesa deve ciò nondimeno riconoscere in modo realistico il prezzo pagato per questa modernizzazione e confrontare quegli aspetti che rappresentano “un’enorme minaccia contro la vita: non solo di singoli individui, ma anche dell’intera civiltà” (Gratissimam sane, 21). Ancora più impressionante del recente progresso materiale dell’Asia, è stata la trasformazione del paesaggio spirituale del Continente. L’indifferenza religiosa e l’eccessivo individualismo minacciano ora i valori tradizionali che, parlando in generale, conferivano significato ed armonia alla vita degli individui e delle comunità che essi formavano. Le forze della secolarizzazione tendono a minare la vostra ricca eredità religiosa e culturale. Questo grande Continente è a un bivio spirituale.

Un tale momento può solo confermare la risoluzione della Chiesa a portare avanti la sua missione fondamentale: l’annunzio di Gesù Cristo, e la promozione dei valori del Regno di Dio (cf. Redemptoris Missio, 34). E in cooperazione con ogni forza operante per il bene, i Cattolici su questo Continente dovrebbero sentire l’urgenza di costruire “la civiltà dell’amore, fondata sui lavori universali di pace, solidarietà, giustizia e libertà, che trovano in Cristo la loro piena attuazione” (Tertio Millennio Adveniente, 52).

4. Gesù Cristo, l’Uomo di Dio, crocifisso e risorto, è la speranza dell’umanità. È il fondamento della nostra fede, la ragione per la nostra speranza e la fonte del nostro amore. Il Verbo incarnato, il Salvatore e Mediatore tra Dio e l’uomo (cf. 1 Tm 2, 5) “solo è in grado di rivelare Dio e di condurre a Dio” (Redemptoris Missio, 5). E Cristo solo può svelare pienamente la grandezza e la dignità ultime della persona umana e il suo destino (cf. Gaudium et Spes, 22). Il mistero dell’amore salvifico di Dio rivelato in Gesù Cristo è una dottrina di fede, non un’opinione teologica. E questa buona novella esorta la Chiesa ad evangelizzare! Esorta i Vescovi a promuovere l’evangelizzazione in quanto compito e responsabilità fondamentali del loro ministero.

La magna charta dell’evangelizzazione rimane l’Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi di Papa Paolo VI, con il complemento dell’enciclica Redemptoris Missio che ho scritto nel 1990 per difendere e promuovere il concetto di “evangelizzazione missionaria” (Evangelii Nuntiandi, 2) o la missione ad gentes, che agli occhi di alcuni sembrava aver perso interesse e perfino validità.

La nozione di Paolo VI di evangelizzazione riafferma fedelmente l’insegnamento di Cristo, la tradizione della Chiesa, e la visione del Concilio Vaticano Secondo. È una concezione completa che evita i tranelli dell’enfasi eccessiva su un particolare aspetto di questa realtà complessa, a scapito degli altri. Nella visione di Papa Paolo VI, l’evangelizzazione include quelle attività che dispongono le persone ad ascoltare il messaggio cristiano, la proclamazione del messaggio stesso, e la catechesi che rivela le ricchezze della verità e della grazia contenute nel kerygma. L’evangelizzazione inoltre è diretta non solo agli individui ma anche alle culture, che hanno bisogno di essere rigenerate dal contatto con il Vangelo. Lo sviluppo umano e la liberazione sono parti integranti di questa missione evangelizzatrice, ma non sono identiche ad essa, e non sono il fine dell’evangelizzazione. Paolo VI è stato chiaro sul fatto che l’evangelizzazione non può essere ridotta a un mero progetto temporale di miglioramento umano. Deve sempre includere una chiara e non ambigua proclamazione di Gesù Cristo come Signore e Salvatore che porta quella “vita in abbondanza” (Gv 10, 10), che non è altro che la vita eterna in Dio.

5. Consentitemi di fare alcune osservazioni generali sull’evangelizzazione di questo continente. Un primo requisito di questo compito ecclesiale è il rinnovamento della comunità cattolica ad ogni livello –, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici – in modo che tutti possano contribuire alla diffusione della fede che professiamo. Dobbiamo pregare affinché i sacerdoti, i religiosi e i laici sotto la vostra sollecitudine pastorale non si perdano mai d’animo nell’adempimento della missione profetica affidata ad ognuno. “Ogni discepolo è chiamato in prima persona; nessun discepolo può sottrarsi nel dare la sua propria risposta: “Guai a me, se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9, 16)” (Christifideles Laici, 33). Infatti, per ripetere ciò che una volta dissi ai Vescovi italiani, la nuova evangelizzazione “non nasce dalla volontà di coloro che decidono di diventare propagatori della loro fede. Nasce dallo Spirito, che porta la Chiesa ad espandersi” (Discorso ai Vescovi Italiani in occasione di un corso liturgico, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI/1 [1988] 416). Chiunque abbia ricevuto lo Spirito, chiunque sia stato battezzato e confermato nella fede, è chiamato a essere un evangelizzatore.

Senza dimenticare altri fattori importanti di questo rinnovamento, “i segni dei tempi” esigono con urgenza che si permetta ai laici di assumere il loro ruolo specifico di riportare le verità e i valori del Vangelo nella realtà della sfera temporale. Quando infatti cerchiamo di immaginare il futuro dell’evangelizzazione in questo continente, non lo vediamo forse come diffusione di una fede vibrante, viva, praticata e dichiarata da singoli cristiani e da comunità cristiane, grandi o piccole, che, fatte alcune eccezioni, formino un pusillus grex in mezzo a un gruppo numericamente maggiore di “ascoltatori” della parola?

“Diffondere” la fede implica livelli massimi di vita cristiana – una ricca vita di preghiera, di pratica sacramentale e d’integrità morale – da parte di tutti. Proclamare agli altri “la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore” (Rm 6, 23) esige da ogni membro della Chiesa la santità e l’integrità di colui per il quale “il vivere è Cristo” (Fil 1, 21). La proclamazione diventa credibile quando è accompagnata da santità di vita, sincerità di propositi e rispetto per gli altri e per tutto il creato. L’Enciclica Redemptoris Missio esorta i membri della Chiesa: “dovete essere come i primi cristiani, ed irradiare entusiasmo e coraggio, in generosa dedizione a Dio e al prossimo; in una parola, dovete mettervi sulla via della santità. Solo così potete... rivivere nei vostri Paesi l’epopea missionaria della Chiesa primitiva” (Redemptoris Missio, 91).

Questa è la grande sfida che ogni Vescovo deve affrontare come principale insegnante e guida dei fedeli nella verità e nella santità di vita. Anche qui troviamo la fonte della nostra speranza certa e del nostro ottimismo. Il futuro della Chiesa non sarà unicamente il risultato dell’impegno umano ma, in modo ancora più fondamentale, quello dell’operato dello Spirito Divino, che non dobbiamo ostacolare, bensì assistere.

6. Un ulteriore punto da considerare è l’ambito culturale all’interno del quale deve essere svolta l’evangelizzazione in Asia. Le tradizioni religiose di molte culture antiche sono sempre forze molto potenti in oriente e rappresentano per voi sfide molto particolari. La Chiesa considera queste tradizioni spirituali “l’espressione viva dell’anima di vasti gruppi umani. Esse portano in sé l’eco dei millenni di ricerca di Dio, ricerca incompleta, ma realizzata spesso con sincerità e rettitudine di cuore” (Evangelii Nuntiandi, 53). Mentre la Chiesa cattolica nulla rifiuta di quanto è vero e santo in queste grandi religioni (Nostra Aetate, 2), essa può solo sperare che un giorno questa preparazione al Vangelo giunga alla sua maturità in modi che siano del tutto cristiani e del tutto asiatici. Come Vescovi delle Chiese in Asia, deve essere vostra sollecitudine favorire la crescita dei semi della verità e del bene che si trovano in queste religioni.

Sotto la vostra supervisione pastorale si stanno compiendo degli sforzi per accrescere la comprensione, il rispetto e la collaborazione tra i cristiani e i seguaci di altre tradizioni religiose, e, in molti casi, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, sono in corso molte forme di dialogo, che stanno dando i loro frutti. Il dialogo interreligioso non dovrebbe rimanere solo un argomento di discussione teologica. Dove possibile, deve andare in profondità, eliminando le incomprensioni esistenti tra le comunità e promuovendo la solidarietà nella costruzione di una società più giusta e umana. Questo “dialogo di vita” deve proseguire in modo equilibrato, sincero e aperto (cf. Redemptoris Missio, 57), nella costante convinzione che il dialogo autentico si raggiunga solo “dicendo la verità nell’amore” (Ef 4, 15).

7. Come Vescovi, inoltre, avete l’esigente compito di accettare l’invito di San Paolo a farsi “tutto a tutti” (1 Cor 9, 22), identificandovi con la vita e le tradizioni del vostro popolo, affinché la verità perenne della Rivelazione possa essere espressa in modo significativo e convincente. Avete la responsabilità di promuovere con saggezza e fedeltà i mezzi più adatti a comunicare il Vangelo alle varie culture asiatiche. Più terrete in considerazione le domande, la formazione religiosa, la lingua, i segni e i simboli di coloro che desiderate condurre a Cristo, più sarete efficaci nel servire la causa dell’evangelizzazione (cf. Evangelii Nuntiandi, 63).

Per quanto sia arduo questo tentativo di autentica inculturazione, possiamo trarre consolazione dall’esperienza della Chiesa primitiva. Benché la predicazione di Cristo Crocifisso e Risorto fosse in contrasto con la cultura religiosa di coloro ai quali per primi il Vangelo fu predicato, lo Spirito Santo ha guidato la crescita della Chiesa. Iniziando dalla Pentecoste e proseguendo di generazione in generazione, lo Spirito della Verità ha da sempre accompagnato l’annuncio della Chiesa, guidando i suoi ascoltatori all’“obbedienza alla fede” (Rm 1, 5), che ha poi purificato ed elevato il loro stile di vita, permeando le usanze e i comportamenti di una visione e uno spirito cristiani.

8. Un altro aspetto ricorrente della vostra attività pastorale è il rapporto tra l’annuncio e lo sviluppo umano. In breve, dobbiamo riconoscere che nessun bisogno umano, nessuna sofferenza umana, può lasciare indifferenti o insensibili i discepoli di Cristo. Tuttavia la Chiesa non ha, e non può pretendere di avere, una soluzione “tecnica” a tutti i mali che affliggono l’umanità. Anzi, la Chiesa stessa, come un pellegrino in terra straniera, procede tra le difficoltà e persino tra le persecuzioni del mondo, forte soltanto delle consolazioni di Dio (cf. Lumen Gentium, 8). Allo stesso tempo essa ha il dovere di fare sentire la sua voce nelle coscienze degli individui e nella coscienza della società, difendendo la dignità di ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, e sostenendo i valori della fede, della verità, della libertà, della giustizia e della solidarietà. Essa sa che i terribili mali che affliggono l’umanità hanno origine, non solo nell’ingiustizia dell’uomo verso l’uomo ma anche nell’ingiustizia radicale dell’uomo al cospetto di Dio. Nello svolgere la sua missione evangelizzatrice, la Chiesa, quindi, non può trascurare i bisogni dei poveri, degli affamati, degli indifesi, degli oppressi e delle persone culturalmente povere. Le persone coinvolte in questa missione devono però sapere che la loro responsabilità va oltre il sanare le ferite di questa vita. Esse devono anche comunicare la “nuova vita” che proviene da Gesù Cristo. La missione e il destino della Chiesa sono quelli di salvare l’uomo, l’intera umanità. A questo livello non vi sono distinzioni tra le persone, non esistono ebrei o greci (cf. Rm 10, 12), ricchi o poveri. A tutti vengono offerte la parola di Dio e la grazia della redenzione, perché tutti sono peccatori (cf. Rm 5, 12).

9. Cari Fratelli Vescovi, semmai vi sentirete scoraggiati di fronte al compito apparentemente impossibile di una evangelizzazione più efficace – forse perché alcune culture asiatiche non sembrano essere inclini ad ascoltare il messaggio del Vangelo – vi esorto a ricordare che, quando proclamate “Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor 1, 24), “non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parlerà in voi” (Mt 10, 20).

Allo stesso tempo dovete spiegare con chiarezza che l’atto di fede, e l’accoglienza nella comunità della Chiesa attraverso il battesimo, devono sempre essere completamente liberi (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 160). L’evangelizzazione non deve mai essere imposta. Essa esige amore e rispetto per coloro che vengono evangelizzati. Pur insistendo sul diritto e sul dovere della Chiesa di annunciare con gioia la Buona Novella della misericordia di Dio, i cattolici devono evitare con cura ogni sospetto di coercizione o di persuasione ambigua (cf. Dignitatis Humanae, 4). D’altra parte, le accuse di proselitismo – che è molto lontano dall’autentico spirito missionario della Chiesa – e un modo univoco di intendere il pluralismo religioso e la tolleranza non dovrebbero permettere di indebolire la vostra missione verso i popoli dell’Asia.

10. Prima di concludere, vorrei chiedervi tutto il possibile per promuovere quella che generalmente viene chiamata missione ad gentes. Anche se alcuni tendono a minimizzare questo dovere sacro, la Chiesa non può rinunciare alla sua vocazione a “fare discepoli in tutte le nazioni” (cf. Mt 28, 19). Essa non potrà mai accontentarsi di essere una piccola minoranza o una comunità che guarda solo al suo interno. La Chiesa, infatti, crede fermamente che ogni persona abbia “il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo, nella quale noi crediamo che tutta l’umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni su Dio, sull’uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità” (Evangelii Nuntiandi, 53). All’approssimarsi del Terzo Millennio, è verso il continente asiatico, in particolare, che “dovrebbe orientarsi principalmente la missione ad gentes” (Redemptoris Missio, 37). La missione ad gentes, che spesso fa pensare al viaggio verso nuove terre e nuovi popoli, oggi significa soprattutto dirigersi verso nuove aree della geografia umana asiatica: verso quei settori della società composti dai poveri degli agglomerati urbani, dagli emigranti e dalle loro famiglie spesso abbandonate, dai rifugiati, dai giovani e dagli aeropagi moderni dei mezzi di comunicazione sociale.

Vi prego di prestare grande attenzione all’evangelizzazione missionaria nei vostri programmi pastorali: nella catechesi, nella predicazione, nella formazione dei sacerdoti, nella preparazione dei religiosi, nell’apostolato alle famiglie e ai giovani, nella distribuzione del personale, nella divisione delle risorse e nella preghiera che i cristiani devono sempre offrire per la diffusione della fede. Tutti gli individui, le associazioni e le comunità dovrebbero domandarsi se possono fare di più per spalancare a Cristo le porte dell’Asia.

11. In questi anni di preparazione al grande Giubileo dell’anno 2000, le vostre Chiese particolari sono pienamente impegnate a dare un nuovo impulso all’evangelizzazione dell’Asia. Possiamo pregare affinché, proprio come nel primo millennio la Croce fu piantata sul suolo europeo, nel secondo millennio su quello americano e africano, nel Terzo Millennio si possa raccogliere una grande messe di fede in questo continente così vasto e vivo. Se la Chiesa in Asia deve compiere il suo destino provvidenziale, l’evangelizzazione, come gioiosa, paziente e progressiva predicazione della morte salvifica e della Risurrezione di Gesù Cristo, deve essere una vostra priorità assoluta.

La Chiesa deve far fronte a tutti questi impegni con i mezzi che il Concilio Vaticano II ci ha fornito, uno dei quali è il Sinodo dei Vescovi. Nella Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente ho menzionato anche un “progetto per un Sinodo continentale” per l’Asia. Vi sollecito a considerare seriamente un simile evento che potrebbe dare un grande aiuto per condurre in modo più fermo la Chiesa asiatica verso il prossimo Millennio.

Nella vostra opera siete sostenuti dall’esempio e dall’intercessione dei molti martiri che hanno dato vita alla Chiesa in Asia con il loro sangue. Illuminati dall’amore di Cristo e della sua Chiesa, questi grandi uomini e donne, provenienti dalla Cina, dal Giappone, dalla Corea, dalle Filippine, dal Viêt Nam e da altrove, furono battezzati “in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3, 16). Insieme ai missionari e ai Santi che hanno testimoniato il Vangelo, essi sono diventati il seme del cristianesimo nei vostri Paesi.

Concludendo, vorrei fare mie le parole che Papa Paolo VI pronunciò qui a Manila venticinque anni fa: “Gesù Cristo è il nostro costante insegnamento; è il suo nome che noi proclamiamo fino ai confini della terra (cf. Rm 10, 18) e nei secoli (Rm 9, 5). Ricordatelo e rifletteteci sopra: Il Papa è venuto tra di voi e ha proclamato Gesù Cristo” (Insegnamenti di Paolo VI, VIII [1970] 1237 ss.).

A voi, cari Fratelli, questa grazia è stata concessa nell’Asia meridionale, sudorientale e orientale: “di annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo” (Ef 3, 8). Affido voi, il vostro impegno pastorale e tutto il vostro popolo a Maria, Madre del Redentore e Stella della Nuova Evangelizzazione, e impartisco con gioia la mia benedizione apostolica.

 



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