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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO EUROPEO
DEGLI EX COMBATTENTI

Venerdì, 5 maggio 1995

 

1. La ringrazio, Signor Presidente, per le cortesi parole di saluto e per i sentimenti che Ella ha voluto manifestarmi a nome dei partecipanti all’Incontro europeo degli Ex Combattenti, a cinquant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale.

Saluto e ringrazio i componenti del Comitato Nazionale per le Celebrazioni del cinquantesimo anniversario della Resistenza, le delegazioni delle varie Nazioni europee e tutti coloro che prendono parte alle manifestazioni commemorative di questi giorni.

È significativo il fatto che molti di voi, già coinvolti negli eventi bellici con sofferenza spirituale e fisica, oggi si ritrovino come amici, resi solidali dall’esperienza del dolore, ed intendano con la loro testimonianza promuovere i valori della pace.

Vi ringrazio per questa visita, e confido che essa serva a rafforzare ancor più i sentimenti di bene che vi animano; auspico, altresì, che essa contribuisca a far sì che l’esperienza della guerra non si ripeta mai più.

2. Tutti noi ricordiamo con quanta intensità, in un memorabile discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite, il mio predecessore Papa Paolo VI esclamò: “Mai più la guerra; mai più la guerra!” (Insegnamenti di Paolo VI, III [1965] 520).

Egli raccoglieva in quel momento la speranza di ogni popolo e la presentava ai responsabili delle Nazioni, a nome dell’intera Chiesa, allora radunata in Concilio.

L’invocazione del Pontefice faceva eco ad una precisa raccomandazione del Vaticano II, il quale parlava della pace non come di “semplice assenza di guerra”, frutto di equilibri instabili tra forze contrastanti od anche di una dominazione dispotica, ma come dell’“opera della giustizia (cf. Gaudium et Spes, 78). La pace è frutto di una giustizia che ha due radici: la volontà di Dio Creatore, il quale ha impresso nella società umana il dono del suo ordine; l’impegno degli uomini, che aspirano ad una giustizia sempre più perfetta.

La pace, dunque, scaturisce da un dono, che è divino, e si attua grazie alla buona volontà di coloro che vogliono essere veri operatori di pace, secondo lo spirito della beatitudine evangelica.

Eppure, proprio nel nostro tempo, nonostante l’esperienza tremenda del passato, assistiamo costernati al pullulare di nuovi e ricorrenti conflitti bellici. La memoria delle guerre trascorse pare proprio che non sia in grado di comunicare all’umanità di oggi maggiore ragionevolezza.

Ma ci si dovrà pur chiedere da quali errori, da quali mali scaturiscono queste guerre che continuano a preoccuparci.

3. Non è questo certo il momento di attardarsi in analisi approfondite. Voi stessi, tuttavia, per la sofferta esperienza che avete alle spalle, potete per primi asserire che la guerra s’afferma quando gli inalienabili diritti dell’uomo vengono turbati e violati. Occorre ricordare che le ingiustizie contro l’uomo, anche se si verificano in condizioni di pace, costituiscono forme di violenza contro l’uomo che portano in sé il germe di possibili, pericolose degenerazioni. Se si cerca una pace duratura, è necessario allora diffondere e far crescere senza sosta il senso della giustizia nel rispetto reciproco e nella solidarietà.

Si fonda in ciò quella mentalità di pace che, se proposta e vissuta come un’autentica virtù, potrà promuovere effettivamente i diritti dei popoli. Grande o piccolo, potente o debole, ogni popolo deve poter usufruire dei propri diritti ed essere garantito nel difenderli, in forza della giustizia e della solidarietà internazionale.

La guerra non risolve mai – come ogni persona ragionevole ammette – le tensioni tra le Nazioni, né può garantire che si possano operare passi adeguati verso la realizzazione della giustizia. Dalla violenza scaturisce solo violenza. Di qui nasce lo strascico degli odi, che ogni conflitto lascia nell’intimo degli individui, dei popoli e delle loro culture.

4. Come credenti, siamo convinti che la pace è sempre dono di Dio. Per questo, usando delle antiche espressioni della Bibbia, abbiamo imparato ad invocarla con la preghiera: “Dona la pace, Signore, ai nostri giorni. Nessuno potrebbe difenderci, se non tu solo, nostro Dio”.

A cinquant’anni dal conflitto mondiale, se è doveroso riflettere sulle cause che l’hanno provocato, è altrettanto e maggiormente doveroso meditare sulle vie della pace, che si ripropongono quale urgente impegno per tutti noi. È triste costatare come spesso siano oggi vanificati i tentativi di superare conflitti in atto, ma non bisogna perdere la fiducia e proseguire ad operare instancabilmente per costruire giorno per giorno sentimenti di amicizia e di solidale fraternità.

Voi, reduci da un’esperienza che ha segnato per sempre le vostre vite, siate tenaci ricercatori e costruttori di pace. E possa questo vostro Incontro costituire un segno di speranza per quanti, ancor oggi vittime della guerra, aspirano ardentemente alla pace.

Con tali sentimenti, auguro a voi, alle vostre famiglie e alle Nazioni dalle quali provenite ogni bene nel nome di Cristo, nostra vera Pace e, mentre invoco Maria, Regina della pace, con affetto tutti vi benedico.  

Al termine del discorso all’Incontro Europeo degli ex Combattenti Giovanni Paolo II aggiunge le seguenti parole.  

Ringrazio per questa visita che è per me tanto preziosa. Vedendo voi, vedo quasi la mia classe, la stessa classe a cui appartengo e da cui sono usciti poi, l’anno dopo la maturità, molti soldati e ufficiali di guerra. Molti di loro sono caduti in Polonia nel settembre 1939; molti sono caduti lungo le strade della guerra in Russia, in Medio Oriente, a Montecassino.

Tutto questo per me è la storia della mia vita e così io vedo in voi i miei colleghi, i miei coetanei. Le vostre signore rappresentano le mie coetanee, della stessa classe, in quella Wadowice di cui si ricorda qualcuno di voi qui presente.

Vi ringrazio di cuore. È stato per me molto importante incontrare questa vasta rappresentanza delle Nazioni europee. Vi auguro di essere portatori della pace per il futuro dell’Europa e del mondo.

 

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