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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA X CONFERENZA INTERNAZIONALE
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE
PER GLI OPERATORI SANITARI

Sabato, 25 novembre 1995

 

1. Sono lieto di rivolgermi a tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle, in occasione di questa Conferenza internazionale, diventata ormai un tradizionale appuntamento annuale, che vede riunite con entusiasmo e fedeltà tante persone generose, impegnate nel mondo della sanità e della salute.

Quest’anno, poi, ricordiamo una ricorrenza particolare: sono trascorsi, infatti, dieci anni dall’istituzione del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari. Il successo delle Conferenze finora celebrate è una conferma tangibile dei frutti maturati per l’instancabile e fervida attività svolta da questo Dicastero, che ha come finalità quella di “diffondere, spiegare e difendere gli insegnamenti della Chiesa in materia di sanità e di favorirne la penetrazione nella pratica sanitaria” (Lettera apostolica Dolentium hominum, 6).

Saluto con affetto il Signor Cardinale Fiorenzo Angelini e lo ringrazio per le cortesi parole, con le quali ha interpretato i sentimenti di tutti i presenti. Rinnovo il mio più vivo apprezzamento ai responsabili del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, che con assiduo e costante impegno hanno promosso e organizzato questo appuntamento. Rivolgo inoltre un deferente pensiero agli illustri scienziati, ricercatori, studiosi ed esperti di problemi di medicina, di biomedicina e di morale che hanno offerto a questo incontro di studio e di riflessione il prezioso contributo della loro competenza ed esperienza. Estendo infine il mio cordiale benvenuto a tutti i presenti.

Nelle vostre persone vedo e saluto tutti gli operatori sanitari che, in ogni parte del mondo, come servitori e custodi della vita, testimoniano la presenza della Chiesa accanto alle persone malate o sofferenti.

2. Quest’anno avete scelto di sviluppare le vostre riflessioni nella luce del monito evangelico: “Vade et fac tu similiter: da Ippocrate al buon Samaritano”. In tale duplice riferimento può ben essere compendiata l’intera storia della medicina. Come, infatti, ricordava il Papa Pio XII, di venerata memoria, “gli scritti di Ippocrate contengono, senza alcun dubbio, una delle più nobili espressioni della coscienza professionale che impone, in particolare, il rispetto della vita e la dedizione al malato” (Pio XII, Discorso ai partecipanti al XIV Congresso Internazionale di Storia della Medicina, 17 settembre 1954: Discorsi e Radiomessaggi, XVI [1953-1954] 148). La pagina del buon Samaritano evangelico arricchisce l’eredità ippocratica della visione trascendente della vita umana, che è dono di Dio ed è chiamata a partecipare dell’eterna comunione con Lui.

Con rigorosa attenzione ai gravi e urgenti problemi che, nel nostro tempo, interpellano la ricerca e la scienza medica, durante i lavori di questi giorni avete ripercorso il cammino compiuto lungo la storia dall’assistenza sanitaria, individuando nell’incontro tra umanesimo ippocratico e umanesimo cristiano un decisivo fattore di progresso verso una civiltà sempre più degna di questo nome. Inoltre, i contributi scientifici presentati da studiosi ed esperti di ogni parte del mondo hanno dimostrato come, nell’attenzione a chi soffre e nell’impegno per una qualità della vita degna della persona, si configuri una visione antropologica nella quale è possibile a persone di culture diverse trovare un punto di incontro. Ciò è confermato dalle esperienze personali e sociali di tanti “buoni Samaritani” dei tempi moderni, tra i quali avete voluto opportunamente ricordare persone quali Henry Dunant, Florence Nightingale, Albert Schweitzer, Janusz Korczak, Ildebrando Gregori, Raoul Follereau e Marcello Candia. “Colui che s’imbarca sulla navicella del rispetto per la vita – scriveva Albert Schweitzer – non è un naufrago portato alla deriva, ma un viaggiatore ardito che sa dove andare e che tiene saldamente il timone nella giusta direzione” (La civilisation et l’éthique, 63-64).

3. Da Ippocrate al buon Samaritano, dalla coscienza guidata dalla ragione alla ragione illuminata dalla fede, unico dev’essere l’annuncio del Vangelo della vita; infatti, la sua promozione e la sua difesa “non sono monopolio di nessuno, ma responsabilità di tutti” (Lettera enciclica Evangelium Vitae, 91). Ed è certamente un provvidenziale segno dei tempi che la fede nel messaggio di Cristo sia oggi chiamata a sostenere e a rafforzare il fondamento razionale del comune dovere di servire la vita in tutte le fasi dell’esistenza umana. Si tratta infatti di un compito che è insieme umano e cristiano, così che “solo la concorde cooperazione tra quanti credono nel valore della vita potrà evitare una sconfitta della civiltà dalle conseguenze imprevedibili” (Lettera enciclica Evangelium Vitae, 91).

Il buon Samaritano della parabola evangelica interpella ogni coscienza umana che aspiri alla verità e sia attenta alle future sorti dell’umanità. Non si spiegherebbe, tuttavia, il lungo cammino percorso dall’assistenza sanitaria se questa non avesse altro scopo che la salvaguardia e il ricupero della salute; in realtà l’assistenza sanitaria, per le radici che affondano nel rispetto della vita e della dignità della persona umana, è anche scuola di valorizzazione della sofferenza e del servizio ad essa. Perciò, la parabola del buon Samaritano appartiene sia al Vangelo della vita che al Vangelo della sofferenza: “E qui tocchiamo uno dei punti chiave di tutta l’antropologia cristiana. L’uomo non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé. Buon Samaritano è l’uomo capace appunto di tale dono di sé” (Lettera apostolica Salvifici Doloris, 28).

Per questi motivi sono lieto di esprimere il mio vivo compiacimento ai responsabili del Dicastero della Pastorale per gli Operatori Sanitari per aver redatto e pubblicato la prima Carta degli Operatori Sanitari, le cui indicazioni, aperte al contributo di tutti gli uomini di buona volontà, rappresentano una felice alleanza tra etica ippocratica e morale cristiana. Si tratta infatti di una sintesi attraverso la quale “vengono favoriti la riflessione e il dialogo – tra credenti e non credenti, come pure tra credenti di diverse religioni – su problemi etici, anche fondamentali che interessano la vita dell’uomo” (Lettera enciclica Evangelium Vitae, 27).

4. Il concorde e costruttivo cammino della scienza e della fede, auspicato dal Concilio Vaticano II (cf. Messaggio agli uomini di scienza, 8 dicembre 1965), tende all’affermazione dei fondamentali diritti umani, incentrati nella promozione e nella difesa della vita e della sua dignità. La fede stimola, incoraggia e sostiene tale convergenza che s’è rivelata propizia alle conquiste della ragione, poiché nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel cuore dei cristiani. Il campo della sanità e della salute, negli svariati ambiti dell’educazione sanitaria, della prevenzione, della diagnosi, terapia e riabilitazione, offre innumerevoli conferme della concreta possibilità di un fecondo sodalizio tra ragione e fede per costruire, nella libertà e nel pieno rispetto della persona umana, la civiltà della vita, la quale, per essere veramente tale, deve essere anche civiltà dell’amore.

5. Nella edificazione di una simile civiltà, il buon Samaritano, nel quale si rispecchia l’amore del Figlio di Dio, è modello dei doveri e dei compiti degli operatori sanitari. Tale modello riafferma, carissimi Fratelli e Sorelle impegnati nell’assistenza e nella pastorale sanitaria, che il vostro servizio, prima che una professione, è una missione, sostenuta dalla crescente coscienza della solidarietà esistente tra gli esseri umani. Questa consapevolezza è rafforzata e incoraggiata dalla fede, di cui vi esorto a rendere generosa testimonianza, quali araldi di fiducia e di speranza nell’uomo, chiamato da Dio a realizzarsi nella gratuità.

Con tali auspici, invoco su di voi e sul vostro servizio agli ammalati la protezione della Vergine Santissima, alla quale affido l’implorazione di salvezza e di conforto che sale dall’umanità sofferente. Maria, Madre del divino Samaritano delle anime e dei corpi, accompagni ogni vostra benemerita attività, imprimendole i connotati materni della disponibilità amorevole e dell’inesauribile generosità. Vi accompagni anche l’Apostolica Benedizione, che di cuore imparto a tutti voi qui presenti, ai vostri collaboratori e a quanti assistete nel vostro quotidiano lavoro.

 

© Copyright 1995 - Libreria Editrice Vaticana

 



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