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VISITA PASTORALE NELLA DIOCESI DI COMO

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A
I RAPPRESENTANTI DEL MONDO DEL LAVORO

Cattedrale di Como - Domenica, 5 maggio 1996

 

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di trovarmi tra voi, rappresentanti del mondo del lavoro e in particolare, artigiani, dirigenti e imprenditori, che costituite il nerbo dell’economia di questo territorio. A tutti porgo il mio cordiale saluto. Rivolgo un affettuoso pensiero al vostro Vescovo, Mons. Sandro Maggiolini, e lo ringrazio per le parole che poc’anzi mi ha rivolto a nome di tutti voi, ma soprattutto ringrazio per le parole rivoltemi dai due rappresentanti del mondo del lavoro.

Mi è gradito incontrarvi in questa Cattedrale che testimonia in modo eloquente le tradizioni di fede e di operosità della vostra Comunità: i vostri Padri hanno voluto esprimere nelle linee architettoniche di così insigne monumento, nonché nelle immagini e nelle scritte, la loro convinzione che "la terra dona il cielo", se l’uomo si impegna a trasformare il mondo con lo sguardo rivolto alle "cose di lassù". In tal modo essi vi invitano a far fruttificare appieno le tradizionali qualità dei Comaschi, come l’attaccamento al lavoro, l’intraprendenza e la tenacia, che sono all’origine della singolare fioritura di imprese artigianali e di piccole e medie industrie, motivo del vostro attuale benessere, nonché elemento fondamentale della economia nazionale.

2. A voi, carissimi, mentre esprimo la grande stima della Chiesa, desidero offrire alcune riflessioni che scaturiscono dalla visione cristiana della vita economica. Il mondo del lavoro, in tutte le sue espressioni, sta molto a cuore alla Chiesa. A prima vista, gli ambiti dell’azienda, del profitto, dell’occupazione, potrebbero apparire estranei alla sua missione. Non ha forse la Chiesa un fine eminentemente spirituale? Ma se ben si riflette, il lavoro non può essere affatto considerato privo di risvolti spirituali. Esso infatti non esiste indipendentemente dall’uomo, è anzi parte integrante della sua vocazione e della sua missione, è elemento della sua dignità.

All’origine del lavoro c’è il mirabile disegno di Dio, che ha voluto porre l’uomo al di sopra di tutte le cose, affidandogli la tutela e la protezione del creato. Questo disegno originario è stato rivelato pienamente da Gesù, il figlio di Dio fatto uomo, che ha voluto assumere e redimere anche la realtà del lavoro, vivendo come Figlio di un artigiano e lavorando con le sue mani. Cristo ci ha dato un autentico "vangelo del lavoro". In esso è svelato il senso pieno dell’operare umano, di cui viene sottolineata la profonda dignità. Per questo la Chiesa "considera come suo dovere pronunciarsi a proposito del lavoro... in ciò ravvisando un suo compito importante nel servizio che rende all’intero messaggio evangelico" (Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 24).

3. Molti problemi della vita economica derivano dal fatto che si pensa soprattutto all’aspetto oggettivo del lavoro, considerandolo prevalentemente come processo produttivo.

La Chiesa, senza sottovalutare gli aspetti oggettivi, guarda soprattutto all’uomo: nel lavoro è la persona che si attua e si promuove ed è proprio questa soggettività del lavoro che sta al centro del disegno di Dio. Infatti, "l’uomo creato a immagine di Dio, mediante il suo lavoro partecipa all’opera del Creatore, ed a misura delle proprie possibilità, in un certo senso, continua a svilupparla e la completa, avanzando sempre più nella scoperta delle risorse e dei valori racchiusi in tutto il creato" ( Ivi, 25).

Perfezionando il cosmo per metterlo al servizio dell’uomo, il lavoro rende l’universo voce che celebra la potenza e la bontà di Dio. A causa della colpa originale (cf. Gen 3,17-19) che ha turbato il disegno di Dio, il compito di "completare" e di umanizzare il mondo fino al compimento della storia e del cosmo costituisce motivo di fatica e, talora, di sofferenza. Ma sia la fatica che la sofferenza, vissute in Cristo, possono diventare occasione di purificazione e di collaborazione all’opera della salvezza.

Questa dimensione in certo senso "religiosa" del lavoro implica per sua natura quella della solidarietà e della fraternità. È in questa prospettiva che trovano il loro più saldo fondamento il rispetto della giustizia e il pieno riconoscimento dei diritti del lavoratore. Egli non può mai essere asservito alle cose, non può mai essere trattato come un semplice strumento di produzione. La sua dignità di persona lo innalza al di sopra di tutte le realtà materiali.

Anche mediante il lavoro i credenti, che attendono il ritorno di Cristo, preparano in qualche modo i "cieli nuovi e la terra nuova", e invocano che la storia si concluda con l’esaudimento della preghiera: "Vieni, Signore Gesù"! (cf. Gaudium et Spes, 38).

4. Alla luce del disegno di Dio si possono intuire alcune conseguenze importanti per la retta organizzazione del lavoro. In particolare, si coglie la necessità di organizzarlo in modo da valorizzare le qualità e le competenze di ciascuno, scongiurando il pericolo della massificazione delle persone e della specializzazione ossessiva, che mortificano l’umanità del lavoratore.

Occorre, in sintesi, creare le condizioni che rendono possibile un’occupazione lavorativa nella quale, mentre si consegue una produzione efficace e razionale di beni e di servizi, si sviluppano le capacità personali e si aiuta l’operaio a sentirsi profondamente coinvolto in quello che fa e, in certo senso, a sentire sempre come qualcosa di "suo" quello che produce.

Tutto ciò è favorito dal clima di libertà di iniziativa, che i Pubblici Amministratori hanno il dovere di promuovere, pur non omettendo interventi regolatori ispirati al principio di sussidiarietà e dettati dalle esigenze del bene comune, con particolare considerazione per le classi sociali più deboli. Una libertà assoluta, senza riguardo alle ragioni della solidarietà, non sarebbe certo conforme al disegno di Dio.

5. Come valutare, in questa prospettiva, la ricerca del profitto? Essa non è certo illecita, anzi, nella misura in cui è un indice del buon funzionamento di un’azienda è persino doverosa. Il profitto però non può essere l’unico criterio in base al quale organizzare un’impresa, a spese anche della crescita globale delle persone. Il successo di un’azienda in campo economico non può essere ottenuto a prezzo della perdita del gusto di vivere e di lavorare da parte dei dipendenti. La coesistenza tra l’umanizzazione dell’ambiente di lavoro e l’efficienza è possibile, quando c’è vera partecipazione e tutti sono consapevoli delle finalità del profitto e della sua utilizzazione.

È alla luce di questi principi che la Chiesa riconosce "il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsabilità di produzione, della libera creatività umana nel settore dell’economia" (Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 42) ed approva altresì la sana concorrenza tra le imprese. Essa mette in guardia, invece, dall’antagonismo e dalla conflittualità sistematica, che, ignorando il bene comune, logorano operai e datori di lavoro, senza promuovere la qualità dell’azienda. La concorrenza, pertanto, non allontani dal dialogo e dal confronto e non faccia perdere di vista che l’azienda è un bene che interessa l’intera collettività, bene da tutelare e difendere anche nei momenti di maggiore crisi.

Una concezione integrale del lavoro e dell’impresa postula, pure, l’armonizzazione della produzione con la salvaguardia del territorio, bene prezioso da consegnare intatto alle nuove generazioni. Il rispetto del creato è un atto di culto verso il Creatore ed un atto d’amore verso se stessi ed i propri simili. Un progresso economico che distrugga o inquini il territorio si risolve in un grave impoverimento per tutti.

6. Carissimi Fratelli e Sorelle! Il vostro attaccamento all’azienda e la vostra responsabilità di datori di lavoro vi conducano ad un aggiornamento costante delle metodologie e delle tecniche, ad una professionalità ricca di qualità operative, ma anche alla pratica di valori umani, sociali, culturali ed etici tali da rendere il lavoro produttivo e, insieme, gratificante. Non abbiate paura di promuovere forme di corresponsabilità che, prevedendo una qualche partecipazione agli utili dell’azienda, favoriscano un clima più positivo, capace di motivare i dipendenti a compiere seriamente il proprio dovere e a vivere il lavoro come momento di crescita personale e comunitaria.

Un tale orientamento è tutt’altro che difficile, anzi trova già significative realizzazioni nella vostra terra, dove esistono molte ditte che vedono i figli continuare e perfezionare il lavoro dei padri e dei nonni. Il frequente legame tra azienda e famiglia ha promosso una forma di "economia familiare", fondata sui vincoli di parentela più che sulla dipendenza dal datore di lavoro: spesso, infatti, lo stesso artigiano o imprenditore gestisce direttamente l’azienda con i propri familiari.

Mi congratulo vivamente per questa particolare caratteristica delle vostre aziende, che porta a mirare alla qualità del prodotto prima che alla quantità. Sono ben noti i ragguardevoli risultati che questa impostazione ha permesso di raggiungere nella lavorazione della seta e del legno, ove spesso l’accuratezza della fattura dei prodotti si coniuga con significativi esiti artistici.

7. Bisogna porre tuttavia una particolare attenzione perché l’interesse, la passione ed il livello di umanità suscitati da simili lodevoli traguardi non siano insidiati dall’individualismo, dall’idolatria del lavoro e da gravi negligenze verso i valori più alti della stessa famiglia.

La grande lezione della tradizione cristiana, che insegna a vedere nei beni della terra un mezzo e non il fine dell’attività umana, vi aiuterà ad evitare eccessi dannosi ed a promuovere un ordinato sviluppo. Essa porterà, altresì, ad eliminare povertà vecchie e nuove, e a risolvere problemi, presenti anche nella vostra zona, quali la disoccupazione, che costituisce un dramma oggi specialmente per i giovani, e i disagi legati al frontalierato e alla riqualificazione tecnologica.

Sono scelte che esigono da parte dei responsabili delle Pubbliche Amministrazioni l’impegno ad offrire un quadro politico solido in grado di garantire le condizioni necessarie per lo sviluppo e il sostegno dei livelli raggiunti dalle vostre imprese, favorendo insieme il perseguimento di concrete prospettive di solidarietà nei confronti di quanti giungono da voi alla ricerca di lavoro e rispetto al bene comune dell’intera comunità nazionale ed internazionale.

8. Carissimi Fratelli e Sorelle, importante è il ruolo che voi imprenditori e lavoratori siete chiamati a svolgere nella moderna società, il cui futuro dipende in gran parte dal vostro spirito di iniziativa, dalla vostra dedizione all’impresa, dal vostro ordinato e reciproco rapporto. Nello svolgimento di tali responsabilità non perdete mai di vista i valori più alti dell’esistenza. Accanto ai momenti di lavoro sappiate programmare anche spazi da dedicare a Dio, a voi stessi, alla famiglia, perché non abbiate a lasciar svanire la densità e l’urgenza delle motivazioni che vi spingono alle vostre quotidiane occupazioni. Nelle vicende di ogni giorno, nei momenti di successo e nelle situazioni difficili vi sostengano la preghiera ed il costante riferimento ai valori del Vangelo.

Vi assista san Giuseppe Patrono dei lavoratori; vi protegga Maria, la Vergine di Nazaret, perché abbiate sempre la forza necessaria per vivere con serenità e portare avanti responsabilmente la vostra missione di lavoratori.

Con questo augurio imparto volentieri a voi ed alle vostre famiglie la mia Benedizione.

Al termine del discorso il Papa ha aggiunto:

Voglio ringraziare tutti i presenti per questo incontro, per questi doni offertimi alla fine. Oggi, domenica, Giornata del Signore, il mondo del lavoro si trova in chiesa. E così ogni settimana prende un grande respiro. Questo respiro che è indispensabile per essere uomo, per essere persona, per essere ad immagine di Dio. E poi per trasformare con questa immagine di Dio il mondo visibile. Che Dio sia presente in tutte le sue creature così che l’uomo da queste creature che il Signore ha messo a sua disposizione, possa formare un mondo migliore, più umano, più vicino a Dio. Questo è il mio augurio, carissimi fratelli e sorelle, a conclusione di questo nostro importantissimo incontro, qui, nella Cattedrale di Como. Sia lodato Gesù Cristo!

 



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