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DISCORSO DEL SANTO PADRE
 GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLO SCAMBIO
DEGLI STRUMENTI DI RATIFICA DEL CONCORDATO
TRA LA SANTA SEDE E LA REPUBBLICA DI POLONIA*

Mercoledì, 25 marzo 1998

 

Poc'anzi, nel Palazzo Apostolico, è avvenuto lo scambio dei Documenti di ratifica. Do il mio cordiale saluto al Signor Cardinale Primate, al Signor Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Rappresentanti delle Supreme Autorità della Repubblica di Polonia giunti in Vaticano in questa circostanza. Saluto anche il Nunzio Apostolico in Polonia e il Signor Ambasciatore della Repubblica di Polonia presso la Santa Sede. Sono stati pronunciati anche i discorsi, per i quali ringrazio.

Oggi è terminato il processo della ratifica del Concordato tra la Santa Sede e la Repubblica di Polonia, il cui testo fu firmato il 28 luglio 1993. Voglio ricordare che il contenuto di questo importante Documento costituisce il frutto del lavoro di molti anni, iniziato tempo fa da un'apposita Commissione composta dai rappresentanti dell'Episcopato e delle autorità della Polonia di allora. Più tardi, in una nuova situazione socio-politica del nostro Paese, i negoziati furono condotti dalla delegazione della Santa Sede e da quella del Governo della Repubblica di Polonia. Esprimo dunque il mio grazie a tutti coloro che con efficacia hanno lavorato alla preparazione del testo del presente Concordato. Il loro sforzo, la competenza e l'impegno perseverante hanno fatto sì che l'idea di questo Accordo internazionale sia lentamente maturata assumendo forme reali. Ringrazio anche tutti coloro che hanno collaborato alla diretta redazione e formulazione della versione definitiva del Concordato. Non posso non menzionare qui le difficoltà riguardanti la ratifica, gli sforzi e gli interventi di molti, per portare a termine l'opera una volta iniziata. Abbiamo già alle nostre spalle tale cammino, per questo siamo grati a Dio e agli uomini.

Oggi inizia una nuova tappa, che definirei normale, nelle reciproche relazioni tra la Santa Sede e la Repubblica di Polonia: queste saranno d'ora in poi regolate dall'accordo concordatario. Si è dovuto attendere per questo addirittura cinquantatre anni. In questo contesto non si può dimenticare il sistema di governo totalitario imposto in Polonia, quando la nostra Nazione fu soggetta a molte umiliazioni, a molti torti e limitazioni della libertà. Si cercava di eliminare la Chiesa dalla vita sociale e di rendere difficile la sua attività, sottoponendola a sistematiche persecuzioni. Tutte le dolorose esperienze collegate con quegli anni costituiscono una parte della nostra storia del dopoguerra.

Durante la cerimonia della firma del Concordato, nel luglio del 1993, il Prof. Krzysztof Skubiszewski, Ministro degli Affari Esteri di allora, disse tra l'altro: "La Sede Apostolica che esiste da due millenni e il millenario Stato Polacco si uniscono di nuovo tra loro in questa quanto mai antica e sperimentata forma giuridica che è il Concordato. Questo è un ritorno, perché uniamo ciò che era stato spezzato. Ma prima di tutto è il tracciato di un cammino che seguiremo". Da queste parole risulta che il Concordato è una sfida per tutti coloro a cui sta a cuore il futuro della Polonia e che si sentono responsabili per le sue sorti. E' una grande opportunità e un grande compito per le generazioni presenti e future.

L'anno 1989 ha portato sostanziali mutamenti sociali e politici nell'Europa Centrale. La Polonia insieme agli altri Paesi di questa regione entrò nella via del pluralismo divenendo nuovamente uno stato democratico. Questo processo tuttavia non è ancora terminato, poiché le ferite rimaste nei cuori e nelle menti degli uomini non si rimarginano così presto. E' enorme la devastazione, specialmente nel campo etico. La società polacca ha bisogno di rinnovamento morale, di un ponderato programma di ristrutturazione dello Stato nello spirito di solidarietà e di rispetto della dignità della persona umana. Ho parlato di questo nel discorso ai Vescovi polacchi in occasione della visita ad limina Apostolorum. Ci troviamo di fronte a nuovi pericoli e a nuove sfide, a seguito della mutata situazione socio-politica. E' dunque necessaria la collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà, di tutti coloro a cui stanno a cuore le sorti della nostra Patria, è necessario l'aiuto della Chiesa. Essa è, direi, indispensabile in questo processo di costruzione del futuro, per porre le fondamenta di uno stato democratico, in cui ciascuno si senta a suo agio e sicuro, dove vengano tutelati i fondamentali valori umani e cristiani, dove la sollecitudine per il bene comune occupi un posto di primo piano.

Vorrei far notare in modo particolare un'affermazione del Concordato che dice in modo molto chiaro che "lo Stato garantisce alla Chiesa Cattolica, senza distinzione dei riti, il libero e pubblico esercizio della sua missione" (art. 5). Non si tratta qui di privilegiare in qualche modo la Chiesa, o di favorirla, ma solo di una giusta comprensione della sua missione e del suo ruolo nella vita pubblica. La Chiesa è stata sempre con la Nazione e le sue sorti non le furono mai indifferenti. Essa ha approfondito incessantemente e con perseveranza l'autocoscienza della nostra nazione, impregnandola di forze soprannaturali. La Chiesa permane nella Nazione ininterrottamente da dieci secoli - nessuno e nulla è riuscito a staccarla da essa e a distruggere questo legame spirituale: né gli invasori, né le efferatezze dell'ultima guerra, né l'ideologia marxista. La Chiesa ha sempre svolto il compito di unire ed integrare i Polacchi nel nome della Croce di Cristo e del Vangelo. Ha consolidato il legame sociale e formato l'unità spirituale.

Tale presenza della Chiesa viene espressa anche nella cooperazione con lo Stato. Il Concilio Vaticano II nella Costituzione Gaudium et spes dice che la comunità politica e la Chiesa "anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti, in maniera tanto più efficace quanto meglio coltiveranno una sana collaborazione tra di loro" (n· 76). La ragione fondamentale della collaborazione della Chiesa e dello Stato è il bene della persona umana. Tale cooperazione deve tutelare e garantire i diritti dell'uomo. Una Chiesa che gode la libertà vuole essere un alleato dello Stato "nella collaborazione per la promozione dell'uomo e del bene comune" come dice l'art. 1 del Concordato. La Chiesa ha sempre proclamato e proclama che l'uomo è il più importante valore sulla terra. Egli è la prima via sulla quale deve camminare la Chiesa nell'adempimento della propria missione. Tale via le è stata tracciata da Cristo stesso, di ciò ho parlato in varie occasioni. Il Concordato definisce in modo giuridico questo particolare ruolo della Chiesa. Indica anche, che "lo sviluppo di una società libera e democratica è fondata sul rispetto della dignità della persona umana e dei suoi diritti" (Preambolo). Esso ricorda così i fondamentali principi da cui dovrebbe lasciarsi guidare uno stato democratico e il suo futuro sviluppo. Nell'Enciclica Redemptor hominis scrissi: "I diritti del potere non possono essere intesi in altro modo che in base al rispetto dei diritti oggettivi e inviolabili dell'uomo. Quel bene comune, che l'autorità serve nello Stato, è pienamente realizzato solo quando tutti i cittadini sono sicuri dei loro diritti. (...) E' così che il principio dei diritti dell'uomo tocca profondamente il settore della giustizia sociale e diventa metro per la sua fondamentale verifica nella vita degli Organismi politici" (n. 17). In questo contesto notiamo un chiaro ed innegabile contributo del Concordato nel processo delle trasformazioni, a cui viene sottoposto attualmente il nostro Paese e il particolare ruolo che questo Accordo dovrà svolgere nel futuro.

Auguro che il Concordato serva nel miglior dei modi alle buone e fruttuose relazioni tra la Santa Sede e la Repubblica di Polonia, e di conseguenza tra lo Stato e la Chiesa cattolica in Polonia. Che esso contribuisca al consolidamento del legame sociale e dell'unità e allo sviluppo spirituale e materiale della società in base al principio del reciproco rispetto, della solidarietà e della cooperazione. Che esso approfondisca la reciproca responsabilità per le sorti della Patria, che è la nostra casa comune.

In questo spirito benedico di cuore tutti i miei Connazionali.


*L'Osservatore Romano 26.3.1998 p.5.

 

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