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[ IT  - LA ]

COSTITUZIONE APOSTOLICA

PONTIFICALIS ROMANI

SONO APPROVATI I NUOVI RITI
PER L'ORDINAZIONE DEI DIACONI,
PRESBITERI E VESCOVI

PAULUS VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO
A PERPETUA MEMORIA

 

Il Concilio Vaticano II ha ordinato la revisione del Pontificale Romano non soltanto in modo generale (CONC. VAT. II, Cost sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 25: AAS 56 (1964), p. 107), ma anche con indicazioni particolari che stabiliscono la ristrutturazione del rito delle Ordinazioni sia nelle cerimonie sia nei testi (CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, n. 28: AAS 57 (1965), pp. 33-34).

Tra i riti di Ordinazione sono anzitutto da considerare quelli che, mediante il conferimento del Sacramento dell'Ordine, nei suoi vari gradi, costituiscono la sacra Gerarchia: Il ministero ecclesiastico di istituzione divina viene esercitato in diversi ordini da coloro che già anticamente sono chiamati Vescovi, Presbiteri, Diaconi (Ibid., n. 76: AAS 56 (1964), p. 119).

Nella revisione del rito delle Sacre Ordinazioni, oltre ai principi generali del Concilio Vaticano II che regolano la riforma generale della Liturgia, deve essere soprattutto tenuta presente la mirabile dottrina sulla natura e sugli effetti del sacramento dell'Ordine, affermata dal medesimo Concilio nella Costituzione sulla Chiesa. Dottrina che la Liturgia deve esprimere nel modo che le è proprio; infatti l'ordinamento dei testi e dei riti dev'essere condotto in modo che le sante realtà, da essi significate, siano espresse più chiaramente e il popolo cristiano possa capirne più facilmente il senso e possa parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria (CONC. VAT. II, Cost sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 21: AAS 56 (1964), p. 106).

Il sacro Concilio insegna, infatti, che con l'ordinazione episcopale viene conferita la pienezza del Sacramento dell'Ordine, quella, cioè, che nella tradizione liturgica della Chiesa e dalla voce dei santi Padri viene chiamata sommo sacerdozio, pienezza del sacro ministero. L'ordinazione episcopale conferisce, insieme con l'ufficio di santificare, anche gli uffici di insegnare e governare, i quali, però, per loro natura, non possono essere esercitati se nοn nella comunione gerarchica e con il capo e con i membri del Collegio. Dalla tradizione, infatti, quale risulta specialmente dai riti liturgici e dall'uso della Chiesa sia d'Oriente che d'Occidente, consta chiaramente che per mezzo dell'imposizione delle mani e delle parole dell'ordinazione viene conferita la grazia dello Spirito Santo ed è impresso il sacro carattere, così che i Vescovi, in modo eminente e visibile, sostengono le parti dello stesso Cristo Maestro, Pastore e Pontefice, e agiscono in persona di lui (CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, n. 21: AAS 57 (1965), p. 25).

A queste parole sono da aggiungere molti altri eccellenti punti di dottrina sulla successione apostolica dei Vescovi e sui loro uffici e doveri che, sebbene siano contenuti nel rito dell'Ordinazione episcopale, riteniamo debbano essere espressi meglio e con più precisione. Per meglio raggiungere questo scopo è sembrato opportuno desumere dalle antiche fonti la preghiera di ordinazione, che si trova nella cosiddetta Traditio apostolica di Ippolito Romano, scritta all'inizio del III secolo e che in gran parte è conservata, anche ai nostri giorni, nella liturgia dell'Ordinazione dai Copti e dai Siro-occidentali. In questo modo, nel momento stesso dell'Ordinazione, è attestata la convergenza della tradizione orientale e occidentale circa l'ufficio apostolico dei Vescovi.

Per quanto riguarda i Presbiteri, dagli Atti del Concilio Vaticano II si deve ricordare soprattutto questo passo: I presbiteri, pur nοn possedendo l'apice del sacerdozio e dipendendo dai Vescovi nell'esercizio della loro potestà, sono tuttavia a loro congiunti per l'onore sacerdotale e in virtù del sacramento dell'Ordine, a immagine di Cristo, sommo ed eterno sacerdote (cf Eb 5, 1-10; 7, 24; 9, 11-28), sono ordinati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti del Nuovo Testamento (Ibid., n. 28: AAS 57 (1965), p. 34). E in un altro passo si legge: I presbiteri in virtù della sacra Ordinazione e della missione che ricevono dai Vescovi, sono promossi al servizio di Cristo Maestro, Sacerdote e Re, partecipando al suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in Popolo di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito Santo (CONC. VAT. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, n. 1: AAS 58 (1966), p. 991). Nell'Ordinazione presbiterale, secondo il rito del Pontificale Romano, veniva espressa molto chiaramente la missione e la grazia del Presbitero come cooperatore dell'ordine episcopale. È parso tuttavia necessario dare maggiore unità a tutto il rito che prima era distribuito in varie parti e porre in più viva luce la parte centrale dell'Ordinazione, cioè l'imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione.

Per quanto infine riguarda i Diaconi, oltre a quanto è detto nella Lettera Apostolica Sacrum Diaconatus Ordinem da Noi pubblicata "Motu proprio" il 18 giugno 1967, sono anzitutto da ricordare le parole della Costituzione sulla Chiesa: Nel grado inferiore della gerarchia stanno i Diaconi, ai quali sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il ministero (Constitutiones Ecclesiae Aegyptiacae, III, 2). Sostenuti infatti dalla grazia sacramentale servono il popolo di Dio, in comunione con il Vescovo e con il suo presbiterio, nel ministero della liturgia, della predicazione e della carità (CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, n. 29: AAS 57 (1965), p. 36). Nel rito dell'Ordinazione dei diaconi poco vi era da mutare, in considerazione sia della nuova legislazione sul diaconato come grado a sé e permanente della Gerarchia nella Chiesa latina, sia della maggiore chiarezza e semplicità del rito.

Tra i documenti del Supremo Magistero relativi ai Sacri Ordini, merita particolare menzione la Costituzione Apostolica Sacramentum ordinis del Nostro Predecessore Pio XII, di venerata memoria, pubblicata il 30 novembre 1947, con la quale si dichiara che la materia unica dei sacri Ordini del Diaconato, del Presbiterato e dell'Episcopato, è l'imposizione delle mani; e la forma unica sono le parole che determinano l'applicazione di questa materia, perché esprimono chiaramente gli effetti sacramentali - cioé il potere di Ordine e la grazia dello Spirito Santo - e, in questo senso, sono accolte e usate dalla Chiesa (AAS 40 (1948), p. 6). Ciò premesso, lo stesso documento stabilisce quale imposizione delle mani e quali parole costituiscono la materia e la forma nel conferimento di ciascun Ordine.

Poiché nella revisione del rito si son dovuti aggiungere, togliere o mutare alcuni punti, sia per restituire i testi alla fedeltà dei più antichi documenti, sia per rendere più chiare le espressioni o per meglio esprimere l'effetto del sacramento, riteniamo necessario, ad evitare ogni controversia e prevenire turbamenti di coscienza, dichiarare quali parti del rito riformato siano da ritenersi essenziali. Perciò, con la Nostra suprema autorità Apostolica, decretiamo e stabiliamo quanto segue circa la materia e la forma nel conferimento di ciascun Ordine.

Nell'Ordinazione dei Diaconi la materia è l'imposizione delle mani del Vescovo, che viene fatta in silenzio su ogni singolo ordinando, prima della preghiera di ordinazione; la forma è costituita dalle parole della medesima preghiera di ordinazione, della quale sono essenziali e perciò richieste per la validità, queste parole: Ti supplichiamo, o Signore, effondi in lοrο lo Spirito Santo, che li fortifichi con i sette doni della tua grazia, perché compiano fedelmente l'opera del ministero.

Nell'Ordinazione dei Presbiteri la materia è parimenti l'imposizione delle mani, che viene fatta in silenzio dal Vescovo su ogni singolo ordinando, prima della preghiera di ordinazione; la forma è costituita dalle parole della medesima preghiera di ordinazione, della quale sono essenziali, e perciò richieste per la validità, queste parole: Dona, Padre onnipotente, a questi tuoi figli la dignità del Presbiterato. Rinnova in lοrο l'effusione del tuo Spirito di santità; adempiano fedelmente, o Signore, il ministero del secondo grado sacerdotale da te ricevuto e con il loro esempio guidino tutti a un'integra condotta di vita.

Infine, nell'Ordinazione del Vescovo la materia è l'imposizione delle mani sul capo dell'Εletto, che viene fatta in silenzio dai Vescovi consacranti, o almeno dal consacrante principale, prima della preghiera di ordinazione; la forma è costituita dalle parole della medesima preghiera di ordinazione, della quale sono essenziali, e perciò richieste per la validità, queste parole: Effondi ora sopra questo Eletto la potenza che viene da te, o Padre, il tuo Spirito che regge e guida: tu lo hai dato al tuo diletto Figlio Gesù Cristo ed egli lo ha trasmesso ai santi Apostoli che nelle diverse parti della terra hanno fondato la Chiesa come tuo santuario a gloria e lode perenne del tuo nome.

Pertanto, questo rito per il conferimento dei Sacri Ordini del Diaconato, del Presbiterato e dell'Episcopato, riformato dal «Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia», con l'aiuto di esperti e la consultazione di Vescovi delle diverse parti del mondo (Cf CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n.25, AAS 56 (1964), p. 107), Noi l'approviamo con la Nostra Autorità Apostolica, e stabiliamo che d'ora in poi sia usato nel conferire questi Ordini, in luogo di quello contenuto nel Pontificale Romano.

Quanto abbiamo qui stabilito e ordinato, vogliamo che rimanga valido ed efficace ora e in futuro, nonostante quanto vi possa essere di contrario nelle Costituzioni e negli Ordinamenti Apostolici dei Nostri Predecessori e negli altri statuti, anche degni di particolare menzione e di deroga.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il 18 giugno 1968, anno quinto del Nostro Pontificato.

PAOLO PP. VI

 



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