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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 7 settembre 1966

 

«Il giusto vivrà per virtù della fede»

FERVORE DI STUDIO PER ATTUARE I DECRETI CONCILIARI

Diletti Figli e Figlie!

Ancora noi vogliamo invitare i vostri pensieri, che all’incontro col Papa si accendono certamente alla considerazione della Chiesa, ad avvertire l’esigenza che la Chiesa stessa, specialmente in questo periodo post-conciliare, dia prova di nuova e grande vitalità. Perché si è celebrato il Concilio? Per risvegliare, per rinnovare, per purificare, per ammodernare, per intensificare, per dilatare la vita della Chiesa. Cioè per accrescere non solo la coscienza della sua natura e della sua missione, ma per aumentare altresì la sua energia, la sua capacità di rispondere alla propria vocazione, la sua ansia di santificazione interna e di diffusione esterna, la sua idoneità a venire a contatto con i Fratelli separati e a offrire al mondo contemporaneo il messaggio della salvezza in Cristo Signore.

Difatti Noi osserviamo fortunatamente, e ne ringraziamo Iddio di cuore, che tutta la Chiesa è in fermento. Dappertutto lo studio dei decreti conciliari è promosso ad ogni livello; la riforma della preghiera liturgica va gradualmente applicandosi, superando le prime diffidenze e abolendo le forme arbitrarie, con crescente comprensione dei fedeli e con sempre migliori celebrazioni del culto sacro; la Gerarchia si mostra sommamente premurosa nell’istituzione delle nuove strutture sue proprie e della comunità ecclesiale, come pure nella penetrazione dello spirito informatore della ecclesiologia conciliare; i Religiosi rivedono con grande fervore, nei loro Capitoli, statuti e piani di vita ascetica ed apostolica; i Laici ascoltano la chiamata conciliare a più stretta, più attiva, più santa adesione alla Chiesa di Dio; tutto il Popolo di Dio si risveglia, prende coscienza della propria dignità, aspira a vivere più intimamente il mistero di grazia instaurato da Cristo fra gli uomini, sente la responsabilità d’una perenne testimonianza, e guarda la scena della vita presente con più vigile occhio cristiano.

PIENEZZA DI FEDE E CIRCOLAZIONE DI CARITÀ

Carissimi Figli! Noi vogliamo esortarvi ad entrare in questo movimento spirituale, che deve infondere alla Chiesa nuova pienezza e accelerare in essa la circolazione della carità; ed a scoprire il ben noto principio di tale vitalità: è la fede, quella «fede che opera mediante la carità» (Gal. 5, 6). La fede, diciamo a voi, ministri della Parola di Dio, donde la fede trae il suo oggetto ed il suo fondamento; a voi, diciamo, maestri della fede, ai quali incombe l’alto ufficio di trasfondere negli animi dei discepoli l’autentico pensiero della Chiesa; diciamo a voi, Religiosi e Religiose, che della «corazza della fede» (1 Thess. 5, 8) avete rivestito la vostra esistenza; e diciamo a voi, Fedeli, a voi, giovani, specialmente, che avete tanto bisogno di luce e di certezza, e che per la fede sapete compiere cose forti e grandi: occorre dare alla fede impressione ed espressione vive e sincere.

La Nostra esortazione si conforta del fervore, che con tanta compiacenza e con tanta speranza Noi osserviamo percorrere il Corpo mistico, che è la Chiesa; ma nasce altresì dal notare certi stati d’animo diffusi in alcuni ceti del Popolo cristiano, i quali sembrano indicare una qualche minore intensità di fede, una qualche stanchezza, una qualche incertezza, un qualche minore entusiasmo del sapersi cattolico; e ciò specialmente quando per fede non intendiamo un semplice sentimento religioso, ma intendiamo l’adesione ferma, convinta, operante a quelle verità, che la Chiesa cattolica autorevolmente ci propone da credere. Che cosa è avvenuto? Forse la considerazione, legittima e doverosa, della personale libertà dell’atto di fede ha prevalso su quella della pienezza e della forza, che tale atto di fede deve assumere nell’animo del credente, ed ha prodotto qualche abituale esitazione; forse la difficoltà a comprendere come l’oggetto della fede non possa col tempo mutare, mentre si assiste all’evoluzione storicistica d’ogni scienza umana, ma deve conservarsi nella sua obbiettiva integrità, anche quando lo esploriamo con la nostra sempre nuova meditazione, lo approfondiamo con migliore comprensione e lo adattiamo, fermo il contenuto, al linguaggio e al confronto della cultura profana; forse la facilità, con cui chi prescinde dal magistero ecclesiastico modella per il suo spirito come gli pare la Parola di Dio: ha tentato qualcuno a preferire tale metodo soggettivo a quello dogmatico e oggettivo della dottrina cattolica; e forse la diffidenza, diffusa da tante voci estranee ed ostili, verso l’autorità docente della Chiesa ha scosso alla fine la certezza dei suoi insegnamenti.

FIDUCIA NELLA CHIESA «COLONNA E SOSTEGNO DELLA VERITÀ»

Il fatto, a cui accenniamo con molto dolore, si è che in molti spiriti non si guarda più con la fiducia d’un tempo alla «Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità» (1 Th. 3, 15). E da qualcuno si osa sollevare dubbi su intangibili verità della nostra fede, con impensabile e inammissibile leggerezza, altrettanto audace quanto offensiva del deposito della vera fede. E ciò che aumenta a questo riguardo la Nostra afflizione e la Nostra apprensione è l’ascoltare tali dissonanze nel seno stesso della comunità dei credenti, suggerite forse dal desiderio di apertura verso il mondo acattolico, accreditate sovente dalla referenza al Concilio testé celebrato, quasi che il Concilio autorizzasse a mettere in questione le verità della fede, mentre chi primo lo convocò, Papa Giovanni XXIII, ebbe a proclamare, aprendone la celebrazione, che «ciò che più preme al Concilio ecumenico è questo, che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito ed esposto in maniera più efficace» (A.A.S. 1962, p, 790); infatti «è necessario che questa dottrina sicura ed immutabile, a cui si deve prestare ossequio fedele, sia esplorata e presentata nel modo richiesto dai nostri tempi» (ibid. p. 792).

Figli carissimi, ricordate sempre la celebre parola dell’Apostolo: «Iustus ex fide vivit», il giusto vivrà per virtù della fede (Rom. 1, 7; Gal. 3, 21; Hebr. 10, 38); e questo principio fondamentale per l’elevazione d’ogni singola anima alla vita soprannaturale, vale anche per la Chiesa intera: essa vive di fede: la sua vitalità deriva e dipende dalla fede; e se noi vogliamo che il suo messaggio, la sua catechesi, la sua testimonianza siano valide, dobbiamo auspicare che la fede sia nella Chiesa, nel cuore d’ogni suo figlio, ferma ed ardente. Così sia per voi, con la Nostra Apostolica Benedizione.

                                                                  



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