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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

 

A tutti i nostri Fratelli e Figli in Cristo!

Tra le sollecitudini del nostro ministero apostolico sono particolarmente presenti al nostro spirito la premura in favore delle Missioni e lo studio dei derivanti problemi, sia per l’importanza che la causa missionaria ha nella realtà viva della Chiesa, sia per la sensibilità e la generosità che al riguardo è dimostrata, con crescente fervore, da tutto il Popolo di Dio.

Riprendiamo, pertanto, molto volentieri questo inesauribile tema in occasione della Giornata Missionaria Mondiale, anche perché siamo sicuri che le considerazioni che faremo, come i suggerimenti che proporremo, saranno oggetto di diligente riflessione da parte dei Sacerdoti, dei Religiosi e di tutti i cooperatori delle Missioni Cattoliche.

Il tema sul quale desideriamo richiamare l’attenzione è appunto quello della cooperazione, intesa come l’aiuto specifico e diretto che si offre per l’evangelizzazione nei luoghi di missione. Speriamo così che più chiare ed urgenti risulteranno le motivazioni e i criteri di un tale impegno ecclesiale.

1. L'AIUTO ALL'EVANGELIZZAZIONE

Parlando di cooperazione missionaria, bisogna tener presente anzitutto, quale sia lo scopo primario dell’azione della Chiesa: l’annuncio e la diffusione del Vangelo del suo divin Fondatore. L’aiuto all’evangelizzazione, pertanto, non può essere solo ridotto ad un’opera di umana civilizzazione, o - come osservammo nel Messaggio dello scorso anno - alla promozione del «terzo mondo». L’aiuto dei fedeli deve dirigersi con prioritaria preferenza, all’evangelizzazione vera e propria, alla cosiddetta prima evangelizzazione, per fare in modo che in ogni comunità umana siano posti e siano ben visibili i segni permanenti della presenza salvifica di Gesù Cristo per mezzo della Chiesa, la quale è «sacramento universale di salvezza» (Ad Gentes, 1).

Avverte, infatti, il Concilio Vaticano II che «fine specifico dell’attività missionaria è l’evangelizzazione e la fondazione della Chiesa in quei popoli e gruppi, in cui essa ancora  non esiste» (Ibid. 6).

È, dunque, in questa prospettiva che s’inquadra il necessario aiuto che si chiede a tutti i cristiani.

Accade, tuttavia, di frequente che all’azione evangelizzatrice debbano accompagnarsi iniziative di urgente necessità, dirette allo sviluppo materiale e culturale delle persone e dei popoli in via di sviluppo. Ma anche in questi casi è necessario conservare all’annuncio del Vangelo e alla fondazione delle Chiese locali il carattere preminente, in modo che l’aiuto tecnico o economico appaia come logica conseguenza della predicazione della legge dell’amore, appresa alla scuola di Cristo. Il soccorso recato dai Missionari si presenterà, allora, nella forma di dedizione squisitamente fraterna, per cui, anche dove Gesù Cristo non si è ancora manifestato nella sua trascendente pienezza, il seme è già gettato, e la porta alla successiva predicazione è già aperta.

Ora, per poter attuare questo piano operativo, occorre che ci sia la corresponsabilità di tutto il Popolo di Dio, ed è questa una prestazione urgente che spetta a quanti presiedono a ciascuna delle Comunità, in cui si articola la Chiesa. I primi chiamati a collaborare sono i Sacerdoti, i Religiosi ed i laici che vogliono vivere in coerenza la loro vocazione battesimale. Senza questa dimensione missionaria l’aiuto che dalle antiche Chiese giunge ai singoli individui e ai popoli bisognosi, potrebbe perdere quel valore di gratitudine a Dio per il dono inestimabile della fede e di autentico amore del prossimo, quale gli stessi offerenti intendono.

2. AIUTO ALLE CHIESE GIOVANI

La predicazione del Vangelo non può limitarsi all’annuncio formale della Parola di Dio, ma deve tendere, altresì, alla creazione della Comunità cristiana, ponendola in condizione di «provvedere da sola, per quanto è possibile, alle proprie necessità» (Ad Gentes, 15) che sono, primariamente, il continuo e ordinato incremento delle vocazioni sacerdotali e religiose, l’avvio e lo sviluppo di adeguate iniziative sul piano religioso, culturale, assistenziale, ecc. L’aiuto missionario dei fedeli dovrà, dunque, essere orientato verso queste Chiese particolari di più recente fondazione, le quali, attesa una tale origine, hanno bisogno del calore dell’effettiva comunione e del concreto soccorso delle Chiese sorelle.

Tale preferenza dell’indirizzo caritativo, ben lungi dal far dimenticare le altre istituzioni missionarie esistenti nel mondo, è garanzia, per la generosità che in essa si rivela, della protezione della Provvidenza divina.

Tra le forme di assistenza alle Chiese giovani è da ricordare quella piuttosto diffusa, al giorno d’oggi, del cosiddetto «gemellaggio»: un fatto, questo, da giudicare come autentico e positivo, quando con esso non si dimentica lo scopo fondamentale della cooperazione, diretta alle necessità urgenti di tutta la Chiesa missionaria. Sta di fatto, però, che alcune Chiese, pur bisognose di assistenza, hanno una certa esitazione per il «gemellaggio», quasi che temano di ricevere aiuto da una Chiesa particolare, mentre preferiscono quello, rispettoso ed anonimo, proveniente dalla Chiesa universale. Da simile atteggiamento può seguire che alcune Chiese giovani finiscono per essere dimenticate.

Vogliamo, pertanto, ribadire il principio che ogni Chiesa locale, sia di antica che di recente fondazione, deve sentire l’urgenza di essere evangelizzatrice, cioè attiva ed alacre nel suscitare ed animare le diverse iniziative di apostolato. In questo contesto, la giovane Chiesa, mentre deve esprimere riconoscenza alla Comunità ecclesiale che le viene in soccorso, lungi dall’essere, per così dire, atrofizzata nel suo movimento di crescita, sentirà anch’essa il bisogno di una sua collaborazione generosa per la crescita della Chiesa in tutto il mondo.

È anche da tener presente, a tale proposito, che il progresso economico in alcune regioni, nelle quali il cristianesimo si è stabilito da tempo, consente il sorgere e il fiorire di istituzioni qualificate per l’assistenza e la beneficenza. Tuttavia, i responsabili di siffatti organismi non sempre sono in grado d’individuare, tra i destinatari dei soccorsi, quelli che ne sono più bisognosi; altre volte l’intervento benefico, per insufficiente intesa tra l’istituzione erogante e le comunità aiutate, non consegue l’effetto auspicato: quello di sviluppare il senso di vigile responsabilità nella creazione delle proprie strutture.

Appunto per ovviare ai rischi di un aiuto che potrebbe dimostrarsi particolaristico e dispersivo, risulta evidente l’opportunità che ci sia un superiore coordinamento tra le varie forme di soccorso e di assistenza.

3. L'AIUTO MISSIONARIO ATTRAVERSO LE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE

Lo spirito dell’aiuto, che noi vogliamo raccomandare e promuovere, è precisamente quello delle Pontificie Opere Missionarie, la cui importanza abbiamo più volte posta in rilievo. Queste Opere, infatti, sono nate nel seno stesso della Comunità cristiana, allo scopo di incoraggiare la coscienza missionaria di tutto il Popolo di Dio, ed è stato per questa loro natura universale e, letteralmente, cattolica che i nostri Predecessori hanno attribuito ad esse il titolo di Pontificie. Con tale denominazione, non semplicemente onorifica o decorativa, le Pontificie Opere Missionarie esprimono e testimoniano la totale loro disponibilità nel prestare aiuto fedele a Colui che «presiede alla carità universale». Atteso il loro carattere pontificio, le medesime Opere sono anche episcopali, cioè al servizio della collegialità episcopale e di ogni singolo Vescovo, in quanto questi è principio di unità nella propria Chiesa locale e responsabile nell’evangelizzazione universale. Tali Opere sono, dunque, nell’àmbito della cooperazione missionaria, il mezzo privilegiato a disposizione di tutto il Popolo di Dio.

Se nell’attività missionaria diretta la preferenza va agli Istituti otto la direzione dei Vescovi delle Chiese particolari, nella cooperazione missionaria la priorità, da parte della Comunità cristiana, spetta alle Pontificie Opere Missionarie. A ragione veduta, perciò, il Concilio Vaticano II ha affermato che «a queste Opere deve essere giustamente riservato il primo posto, perché costituiscono altrettanti mezzi sia per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire un’adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le Missioni e secondo le necessità di ciascuna» (Ad Gentes, 38).

L’annuncio e la diffusione del Vangelo, oggi più che mai, richiedono una programmazione a vasto raggio, comprensiva ed antiveggente, alla quale concorrano tutte le forze cattoliche, mentre il necessario lavoro di sintesi - come servizio del primato universale del Sommo Pontefice e della collegialità episcopale - è affidato al Dicastero missionario, al quale appunto «spetta di regolare e coordinare in tutto quanto il mondo, sia l’opera missionaria in se stessa, sia la cooperazione missionaria» (Ibid. 29).

È auspicabile, pertanto, che nel programma di rinnovamento pastorale che si va attuando nelle diverse Nazioni e Diocesi, sia riconosciuto alle Pontificie Opere Missionarie, che fanno capo alla S. Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, l’effettivo posto preferenziale che il Concilio Vaticano II e noi abbiamo ad esse confermato. In tal modo, l’aiuto qualitativo e quantitativo alla causa del Vangelo non registrerà soluzioni di continuità, sia per la maggiore diligenza tecnico-organizzativa dei promotori, sia per l’accresciuto senso di responsabilità da parte dei fedeli.

Con questi pensieri, Fratelli e Figli carissimi in Gesù Cristo, invochiamo su di voi e sul vostro impegno missionario i continui aiuti della divina assistenza, mentre di gran cuore impartiamo la propiziatrice Benedizione Apostolica.

Dato a Roma, presso San Pietro, nella Solennità di Pentecoste, 14 maggio dell’anno 1978, decimoquinto del Nostro Pontificato.

 

PAULUS PP. VI



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