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PAOLO VI

LETTERA APOSTOLICA MOTU PROPRIO

PASTORALE MUNUS

FACOLTÀ E PRIVILEGI CONCESSI AI VESCOVI

 

I Vescovi, benché ostacolati da molti impedimenti, tuttavia, dando esempi di ardente carità, in ogni tempo hanno esercitato l'ufficio pastorale, col quale Gesù Cristo ha connesso il gravissimo dovere di insegnare, di santificare, di legare e sciogliere.

Ma crescendo nel corso dei secoli le preoccupazioni e le fatiche della Chiesa, la Sede Apostolica ha risposto con animo sempre aperto e volenteroso alle richieste dei Vescovi, che riguardavano la sollecitudine pastorale; essa, con la sua straordinaria autorità e giurisdizione non solo ha aumentato il numero dei Presuli delle diocesi, ma li ha anche arricchiti di particolari facoltà e privilegi che venissero opportunamente incontro alle attuali necessità.

Ed ora, volgendo al termine la seconda sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II e non avendo Noi nulla di più desiderabile che offrire ai Padri Conciliari un attestato della grande stima con la quale seguiamo tutti i Venerabili Fratelli nell'Episcopato, Ci è parso bene accogliere volentieri i loro voti e concedere ad essi quelle cose che, nello stesso tempo, mettono nella sua giusta luce la loro dignità episcopale e rendono più efficace e spedito il loro ufficio pastorale. Riteniamo infatti che ciò si accordi perfettamente col Nostro ufficio di Pastore universale. Ma mentre di buon grado concediamo questo ai Vescovi, li preghiamo in pari tempo che essi tutti, strettamente uniti con Cristo e con Noi, suo Vicario in terra, spinti da fiamma di ardente carità, con l'aiuto della loro opera si studino di rendere più leggera quella sollecitudine di tutte le Chiese (cf 2 Cor 11, 28) che grava sulle Nostre spalle.

Poiché si tratta di facoltà straordinarie, le concediamo in modo che esse non possano dai Vescovi essere delegate ad altri, se non al Coadiutore, agli Ausiliari e al Vicario Generale, a meno che non sia espressamente detto diversamente nella concessione delle singole facoltà.

A norma poi del diritto vigente, tali facoltà, che dichiariamo concesse di diritto ai Vescovi residenziali, di diritto competono pure ai Vicari e Prefetti Apostolici, agli Amministratori Apostolici permanenti, agli Abati e Prelati nullius, i quali nel loro territorio godono tutti dei medesimi diritti e facoltà che competono ai Vescovi residenziali nelle proprie diocesi. E quantunque i Vicari e Prefetti apostolici non possano stabilire un Vicario Generale, essi possono tuttavia legittimamente delegare queste facoltà, qui esposte, ognuno al suo Vicario Delegato.

Così, debitamente considerata ogni cosa, secondo il Nostro rispetto e la Nostra carità verso i singoli Vescovi della Chiesa cattolica, di Nostra iniziativa e in virtù della Nostra Autorità Apostolica decretiamo e stabiliamo che dall'8 dicembre del corrente anno 1963 i Vescovi possono già legittimamente godere delle facoltà e dei privilegi qui esposti.

I. FACOLTÀCHE COMPETONO DI DIRITTO AL VESCOVO RESIDENZIALE DAL MOMENTO DELLA PRESA DI POSSESSO DELLA DIOCESI, E CHE TUTTAVIA EGLI NON PUÒ DELEGARE AD ALTRI ECCETTO CHE AL VESCOVO COADIUTORE, AGLI AUSILIARI E AL VICARIO GENERALE, SE NON SI DICE ESPRESSAMENTE IN MODO DIVERSO NELLE MEDESIME:

1. Prorogare, per giusta causa, ma non oltre un mese, il legittimo uso dei rescritti e degli indulti concessi dalla Sede Apostolica e che fossero scaduti, senza avere inviato tempestivamente alla stessa Sede Apostolica la domanda per la loro proroga; in tal caso tuttavia resta l'obbligo di ricorrere immediatamente alla medesima per ottenere il privilegio o, se la relativa domanda fosse già stata inoltrata, per ottenere la dovuta risposta.

2. Concedere ai sacerdoti, per la scarsità di clero e per giusta causa, di poter celebrare due Messe nei giorni feriali; e anche tre nei giorni di domenica e nelle altre feste di precetto, qualora lo richieda una vera necessità pastorale.

3. Permettere ai sacerdoti, quando celebrano due o tre Messe, di prendere qualcosa a modo di bevanda; anche se non intercorre lo spazio di un'ora prima della celebrazione della Messa.

4. Concedere ai sacerdoti, per giusta causa, di celebrare la Messa in qualsiasi ora del giorno e di distribuire la comunione la sera, osservando però le prescrizioni al riguardo.

5. Concedere, ai sacerdoti malati di vista o affetti da qualche altra infermità analoga, il permesso di celebrare ogni giorno la Messa votiva della Madonna o la Messa dei defunti, con l'assistenza, se necessario, di un altro sacerdote o di un diacono, e inoltre salva l'Istruzione della S. Congregazione dei Riti del 15 aprile 1961.

6. Concedere lo stesso permesso ai sacerdoti completamente ciechi, purché però ci sia l'assistenza di un altro sacerdote o diacono.

7. Permettere ai sacerdoti di celebrare la Messa fuori del luogo sacro, purché si tratti di un luogo decoroso e dignitoso, mai in camera, sopra la pietra sacra, in casi singoli per giusta causa, abitualmente solo per motivi di maggiore gravità.

8. Così pure concedere la facoltà di celebrare, per giusta causa, la Messa in mare e sui fiumi, usando le dovute cautele.

9. Permettere ai sacerdoti che hanno l'indulto dell'altare portatile di usare per motivi giusti e seri, invece della pietra sacra, l'antimensio dei Greci o un apposito lino benedetto dal Vescovo, nel cui angolo destro siano conservate le reliquie dei santi Martiri parimenti riconosciute dal Vescovo, e secondo le prescrizioni delle rubriche, specialmente per quanto riguarda le tovaglie ed il corporale.

10. Concedere ai sacerdoti infermi o avanzati in età la facoltà di celebrare la Messa in casa, non tuttavia in camera, ogni giorno, anche nelle feste più solenni, salve sempre le disposizioni liturgiche, ma con il permesso di stare seduti, se non possono rimanere in piedi.

11. Ridurre, a causa della diminuzione del reddito, finché perduri la causa, il tasso delle offerte stabilite legittimamente nella diocesi, le Messe dei legati, che siano autonome, purché non si trovi nessuno che sia tenuto da obbligo e possa essere utilmente indotto ad aumentare l'offerta.

12. Similmente ridurre gli oneri o i legati delle Messe gravanti su benefici o altri istituti ecclesiastici, qualora il reddito del beneficio o dell'istituto risultasse insufficiente ad un onesto sostentamento del beneficiario e al compimento delle opere di sacro ministero eventualmente annesse al beneficio, o al conveniente raggiungimento del fine proprio dello stesso istituto ecclesiastico.

13. Concedere ai cappellani di qualsiasi casa di cura, di brefotrofi e di carceri la facoltà di amministrare, in assenza del parroco, il sacramento della Cresima ai fedeli versanti in pericolo di morte, salve le norme stabilite dalla S. Congregazione per la disciplina dei Sacramenti nel decreto Spiritus Sancti munera del 14 settembre 1946 per il sacerdote che amministra il sacramento della Cresima.

14. Concedere a confessori eminenti per scienza e prudenza di assolvere, in casi singoli di confessione sacramentale, qualsiasi fedele da tutte le censure, anche riservate, eccettuate tuttavia: a) le censure ab homine; b) le censure riservate in modo specialissimo alla Sede Apostolica; c) le censure che sono annesse alla rivelazione del segreto del Sant'Offizío; d) la scomunica da cui sono colpiti i sacerdoti e tutte le donne che presumono contrarre con essi matrimonio anche solo civilmente e nello stesso tempo di fatto convivono.

15. Dispensare, per giusti motivi, dal difetto di età degli ordinandi, purché non superi i sei mesi.

16. Dispensare dall'impedimento agli ordini i figli degli acattolici, finché i genitori restano nell'errore.

17. Dispensare, in merito alla celebrazione della Messa e in merito al conseguimento e alla conservazione dei benefici ecclesiastici, i già ordinati che risultassero affetti da qualche grave irregolarità, sia ex delicto sia ex defectu, purché non sorga pericolo di scandalo e purché si compia con fedeltà il ministero dell'altare, eccettuati tuttavia i casi del can. 985, n. 3 e 4 del CIC, e previa l'abiura nelle mani di chi ha il potere di assolvere, se si tratta di eresia o di scisma.

18. Conferire i sacri ordini fuori della chiesa cattedrale e fuori dei tempi stabiliti, non eccettuati i giorni feriali, qualora l'utilità pastorale lo richieda.

19. Dispensare, per giusta e ragionevole causa, da tutti gli impedimenti matrimoniali di grado minore, anche se si tratta di matrimonio misto, ma in questo caso siano osservate le prescrizioni dei cann. 1061-1064 del CIC.

20. Dispensare, per giusta e grave causa, dagli impedimenti di religione mista e di disparità di culto, anche nel caso del privilegio paolino, salve le prescrizioni dei cann. 1061-1064 del CIC.

21. Sanare in radice, purché continui il consenso, i matrimoni invalidi a causa di impedimenti di grado minore o per difetto di forma, anche se si tratta di matrimoni misti, ma in questo caso siano osservate le prescrizioni del can. 1061 del CIC.

22. Sanare in radice, purché continui il consenso, i matrimoni invalidi per impedimento di disparità di culto, anche se sono pure invalidi per difetto di forma, osservate tuttavia le prescrizioni del can. 1061 del CIC.

23. Permettere che, per un grave motivo, possa essere interrogato il coniuge infedele prima del battesimo della comparte che si converte alla fede; così pure, per grave motivo, dispensare dalla medesima interrogazione prima del battesimo* della comparte che si converte; purché in questo caso da un processo almeno sommario ed extragiudiziario risulti che l'interrogazione non sia possibile o che sarà inutile.

24. Ridurre, per giusta causa, l'obbligo che impone ai Capitoli cattedrali o collegiali dei Canonici la recita quotidiana del divino ufficio ordinariamente in coro, concedendo che il servizio corale possa essere prestato o solo in determinati giorni o solo per qualche parte determinata.

25. Concedere ad alcuni Canonici, secondo la necessità, di svolgere compiti di sacro ministero, di magistero, di apostolato, anche con dispensa dal coro, rimanendo salvo il diritto di percepire i frutti della prebenda, non però le distribuzioni, sia quelle cosiddette «fra i presenti» sia quelle quotidiane.

26. Commutare, a causa di infermità della vista o per altro motivo, il divino ufficio nella recita quotidiana di almeno una terza parte del rosario della B. Vergine Maria o di altre preghiere.

27. Deputare, in casi particolari o per un tempo determinato, il Vicario Generale o altro degno sacerdote per la consacrazione di altari portatili, calici, patene, secondo la forma prescritta nel pontificale ed usando gli oli benedetti dal Vescovo.

28. Permettere ai chierici minori, ai religiosi laici come pure a donne pie di lavare fin dalla prima abluzione le palle, i corporali ed i purificatoi.

29. Usare delle facoltà e dei privilegi, rispettando l'ambito ed i termini dei medesimi, di cui per il bene dei fedeli godono gli Istituti religiosi che hanno una casa nella diocesi.

30. Concedere ai sacerdoti la facoltà di erigere, secondo il rituale prescritto dalla Chiesa, le stazioni della Via crucis, anche all'aperto, con tutte le indulgenze che sono state concesse a coloro che compiono questo pio esercizio. Tale facoltà però non può essere usata nel territorio parrocchiale in cui ci sia una casa di religiosi che per concessione apostolica godono del privilegio di erigere le stazioni della Via crucis.

31. Ammettere in Seminario anche degli illegittimi, se presentano le qualità che si richiedono per l'ammissione al Seminario, purché non si tratti di adulterini o di sacrileghi.

32. Concedere il permesso, per un legittimo motivo sopraggiunto, di alienare beni ecclesiastici, di pignorarli, di ipotecarli, di affittarli, di darli in enfiteusi, e concedere che le persone morali ecclesiastiche possano contrarre debiti fino ad una data somma che sarà fissata dalla Conferenza Episcopale nazionale o regionale e approvata dalla Sede Apostolica.

33. Confermare fino al quinto triennio il confessore ordinario delle religiose se, per la scarsità di sacerdoti idonei a tale compito, non si può provvedere diversamente, oppure qualora la maggior parte delle religiose, comprese pure quelle che negli altri affari non hanno diritto di voto, siano d'accordo, mediante scrutinio segreto, sulla conferma del medesimo confessore; a quelle che dissentono tuttavia, se lo vorranno, si dovrà provvedere in altro modo.

34. Entrare, per giusta causa, nella clausura papale dei monasteri di monache che si trovano nella sua diocesi, e permettere, per giusto e grave motivo, che altri siano ammessi nella clausura e che le monache escano da essa, per un tempo strettamente necessario.

35. Dispensare, su domanda del Superiore competente, dall'impedimento di ammissione in un Ordine o Congregazione religiosa coloro che hanno aderito ad una setta acattolica.

36. Dispensare, su domanda del Superiore competente, dall'impedimento di nascita illegittima coloro che vengono ammessi in Religione per essere destinati al sacerdozio, ed anche gli altri qualora le Costituzioni ne proibissero espressamente l'ammissione in Religione. Ma in ambedue i casi non possono essere dispensati gli adulterini o i sacrileghi.

37. Condonare, su domanda del Superiore competente, tutta o in parte la dote che le postulanti devono portare quando vengono ammesse nei monasteri di monache o in un'altra Religione anche di diritto pontificio.

38. Permettere ai membri religiosi il passaggio da una Congregazione di diritto diocesano ad un'altra pure di diritto diocesano.

39. Allontanare dalla diocesi, per gravissima causa urgente, i singoli membri religiosi, se il loro Superiore maggiore, benché avvertito, non abbia preso i dovuti provvedimenti; la cosa tuttavia sia subito portata a conoscenza della Sede Apostolica.

40. Concedere, anche per mezzo di uomini prudenti e capaci, ai singoli loro fedeli il permesso di leggere e conservare, con la garanzia però che non giungano nelle mani di altri, libri e giornali proibiti, non esclusi quelli che propugnano di proposito l'eresia o lo scisma o si sforzano di rovesciare i fondamenti stessi della religione. Tale permesso però può essere dato solo a coloro che devono leggere i libri e i giornali proibiti o per combatterli, o per adempiere bene il loro ufficio, o per compiere convenientemente un programma di studi.

II. PRIVILEGI, OLTRE A QUELLI ELENCATI NEI RISPETTIVI TITOLI DEL CODICE DI DIRITTO CANONICO, CHE COMPETONO A TUTTI I VESCOVI SIA RESIDENZIALI SIA TITOLARI, DAL MOMENTO IN CUI RICEVONO LA NOTIZIA AUTENTICA DELLA PROVVISIONE CANONICA:

1. Predicare ovunque la parola di Dio, a meno che l'Ordinario del luogo lo abbia espressamente proibito.

2. Confessare i fedeli, anche le religiose, ovunque, a meno che l'Ordinario del luogo non lo abbia espressamente proibito.

3. Assolvere ovunque qualsiasi fedele da tutti i peccati riservati, eccettuato tuttavia il peccato di falsa delazione con la quale un sacerdote innocente viene accusato per delitto di sollecitazione presso i giudici ecclesiastici.

4. Assolvere ovunque qualsiasi fedele, nell'atto della confessione sacramentale, da tutte le censure anche riservate, eccetto tuttavia: a) le censure ab homine; b) le censure riservate in modo specialissimo alla Sede Apostolica: c) le censure che sono annesse alla rivelazione del segreto del Sant'Offizio; d) la scomunica da cui sono colpiti i sacerdoti e tutte coloro che presumono contrarre con essi matrimonio anche solo civilmente e nello stesso tempo di fatto convivono.
I Vescovi residenziali possono far uso di questa facoltà anche in foro esterno nei riguardi dei loro sudditi.

5. Conservare l'Eucaristia nella propria cappella privata, purché siano fedelmente osservate le prescrizioni delle leggi liturgiche.

6. Celebrare la Messa, per un giusto motivo, in qualsiasi ora del giorno e distribuire la comunione anche la sera, osservando però le prescrizioni al riguardo.

7. Benedire con un solo segno di croce, ovunque e con tutte le indulgenze solitamente concesse dalla Santa Sede, i rosari e le altre corone di preghiera, le croci, le medaglie, gli scapolari approvati dalla Sede Apostolica, e imporli senza onere di iscrizione.

8. Erigere con un'unica benedizione, nelle chiese e negli oratori anche privati come pure in altri luoghi pii, le stazioni della Via crucis con tutte le indulgenze che sono state concesse a coloro che compiono questo pio esercizio.

Assai volentieri concediamo queste facoltà, questi privilegi ai Nostri Fratelli nell'Episcopato, con quella intenzione e volontà che sopra abbiamo detto, perché in realtà tutte queste cose riguardano il decoro e l'utilità della santissima Chiesa di Cristo, cui dobbiamo Noi stessi e quello che abbiamo.

Nonostante qualunque cosa in contrario, anche degna di speciale menzione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 30 novembre 1963, anno primo del Nostro Pontificato.

 

PAOLO PP. VI


*Cf. tuttavia la dichiarazione annessa a questo Motu proprio:

 

DICHIARAZIONE

Al fine di togliere ogni dubbio sull'interpretazione del n. 23 nel Motu proprio «Pastorale munus», il Sommo Pontefice Paolo VI ha approvato questa nuova formulazione del testo del succitato numero:

«23. Permettere che, per un grave motivo, possa essere interrogato il coniuge infedele prima del battesimo della comparte che si converte alla fede; così pure, per grave motivo, dispensare dalla medesima interrogazione sia prima sia dopo il battesimo della comparte che si converte; purché in questo caso da un processo almeno sommario ed extragiudiziario risulti che l'interrogazione non sia possibile o che sarà inutile».



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