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DISCORSO DI PAOLO VI
ALL' ASSOCIAZIONE NAZIONALE
ENTI DI ASSISTENZA (A.N.E.A.)

Sabato, 16 maggio 1964

      

Questa Udienza Ci reca l’onore della visita di persone da Noi altamente stimate, alle quali vogliamo subito esprimere il Nostro ringraziamento e ricambiare il Nostro saluto.

Il motivo poi della loro venuta a questo cordiale incontro raddoppia la Nostra soddisfazione, per averlo reso possibile, e per di più in forma così significativa (non avremmo forse altrimenti potuto ambire di raccogliere intorno a noi persone così ragguardevoli, così rappresentative e provenienti da così numerose e diverse città), e per rendere anche Noi in qualche modo partecipi dello studio delle grandi ed interessanti questioni, a cui s’è dedicata l’attenzione del VII Congresso dell’Associazione Nazionale degli Enti di Assistenza.

Codesta deferenza, ancor più rivolta al Nostro apostolico ufficio, che alla Nostra modesta persona, Ci dice molte cose di cui dobbiamo compiacerci: Ci dice, innanzi tutto, la cortesia dei promotori del Congresso; Ci dice poi la simpatia, la affinità di sentimenti e di opere di quanti si occupano di pubblica assistenza con la Nostra secolare missione di beneficenza e di carità; e Ci dice infine come ancora si attenda per un’attività, che diventa ormai di carattere pubblico e generale, qualche Nostro concorso, qualche Nostra adesione, qualche Nostro incoraggiamento.

Cari ed illustri Signori, vi siamo perciò riconoscenti e vi assicuriamo della Nostra sempre vigile sensibilità per tutti i problemi dell’esistenza e del Nostro proposito di non lasciarvi mancare la Nostra comprensione e la Nostra collaborazione per le varie, sempre nuove e esigenti soluzioni reclamate oggi dalla pubblica assistenza.

Vi diremo, a questo proposito, come Noi comprendiamo essere lo sviluppo della società civile moderna quello che reclama l’intervento dei pubblici poteri nell’organizzazione dell’assistenza stessa. Essa è diventata un dovere della comunità ordinatamente organizzata. Essa diventa istituzione di diritto pubblico, essa diventa costume. Anzi Noi aggiungeremo che siamo felici di osservare come questo progresso rivolto a soccorrere, a prevenire, a risanare sofferenze d’ogni genere, ma specialmente fisiche ed economiche, dei membri. più deboli della società, si inserisca nella mentalità, nei propositi, nei programmi, negli impegni di chiunque rivesta pubbliche responsabilità, e come da tutti, Autorità e privati cittadini, si consideri non meno un dovere, che un vanto, quasi un bisogno, quello di non lasciare scoperta alcuna sofferenza, alcuna indigenza, persuasi come tutti siamo del valore sommo dell’uomo, per la società umana, e del carattere sacro (Dio voglia che sia sempre così, e nessuno mai di ciò si dimentichi!) della vita d’ogni nostro simile, e, diciamo pure, d’ogni nostro fratello. Che la nostra civiltà si svolga in questa direzione Noi saremo i primi a godere.

E perciò sinceramente auguriamo alla vostra attività ogni buon incremento: comprendano i cittadini l’alta missione della pubblica assistenza; vedano in essa il simbolo del buon umanesimo, a cui deve ispirarsi la nostra società; si sentano dai suoi organi e dai suoi buoni programmi onorevolmente rappresentati e guidati alla promozione del pubblico bene; le concedano solidarietà e collaborazione e non le neghino l’ausilio della loro operosità e della loro generosità.

È facile per tutti comprendere le ragioni di questo Nostro sentimento: Noi ravvisiamo in cotesto sforzo assistenziale il riflesso di quella legge suprema di carità, che il Vangelo ha portato nel mondo, e di cui Noi umilmente e autorevolmente siamo tuttora i custodi, i maestri, i promotori; Noi godiamo del bene che voi andate compiendo per la consolazione e per il beneficio che ne traggono molti, moltissimi Nostri figli, e piccoli, e bisognosi, e sofferenti, ai quali Noi stessi vorremmo portare aiuto come portiamo affetto; Noi siamo lieti della lezione, dell’esempio, dell’allenamento di buon civismo, che nasce intorno alle vostre istituzioni, palestre esse stesse di sentimenti alti, nobili, umani; Noi traiamo auspicio di coesione sociale e di pace generale dalla diffusione dell’assistenza pubblica, come quella che viene a lenire le ferite dei conflitti, tuttora sensibili e temibili nella storia presente, e a convincere tutti che non di odio, non di rivoluzioni, non di guerre, non di egoismo ha bisogno il mondo, ma di amore provvido e fraterno.

LasciateCi dire che la vostra attività, ne sia o no consapevole, lo voglia o no, (ma Noi speriamo che ben ne sia cosciente e volente), la vostra attività è cristianesimo in atto, è carità praticata, è testimonianza evidente del gesto umanissimo del buon Samaritano evangelico.

E lasciateCi allora aggiungere a questo incoraggiante encomio, che volentieri vi tributiamo, due considerazioni, per Noi molto importanti, e, vogliamo credere, anche per voi.

La prima sorge proprio dall’accostamento, che Ci è venuto spontaneo, fra la vostra assistenza e quella delle istituzioni derivate o dipendenti dalla Chiesa. In Italia, dove la carità cristiana e la religione cattolica hanno generato un’enorme fioritura di opere benefiche e assistenziali, la questione si pone del confronto e del rapporto fra l’assistenza pubblica da voi organizzata e l’assistenza privata (sebbene questo termine di « privata » non esprima la funzione, pur essa pubblica,. che l’assistenza promossa da enti o da persone, non rivestite di pubblica ed ufficiale autorità, viene svolgendo a vantaggio dell’intera comunità sociale). Ebbene abbia questo confronto, abbia questo rapporto un carattere amico. Perché tale è l’intenzione dell’Autorità ecclesiastica, per quanto la riguarda, e del mondo cattolico sempre desideroso di rendere servizio e di giovare al pubblico bene. E perché tale, Ci sembra, è l’esigenza del vostro mondo assistenziale, il quale, sì, gode dell’autonomia ch’è propria delle pubbliche istituzioni, ma deriva da un paese e da un popolo cattolico la maggiore e migliore parte del suo patrimonio materiale e morale, ed opera per finalità, che tendono da se stesse, come dicevamo, a combaciare con quelle della carità cristiana, e che dalla genuina e religiosa ispirazione di questa regale virtù può trarre instancabile impulso a quell’abnegazione e a quella gentilezza .che rendono l’assistenza un magnifico fenomeno di nobiltà morale e di amoroso servizio umano.

L’altra considerazione riguarda la convenienza che accanto a quella pubblica fiorisca l’assistenza privata, l’opera buona che sgorga dal cuore del buon cittadino, attinge la sua precipua fonte di vita dalla borsa del popolo, liberamente e silenziosamente aperta, e si sostiene per la dedizione volontaria di persone votate al sacrificio proprio e all’amore per gli altri. In una nazione libera e democratica, come voi ben dite, quale vuole essere quella italiana, non mai l’intervento della pubblica Autorità dev’essere a detrimento della capacità dei singoli cittadini, o dei loro onesti raggruppamenti di agire per finalità riconosciute buone ed utili; e tanto meno ciò dovrebbe avvenire nel campo dell’assistenza e della beneficenza, se non si vuole vulnerare alle radici il senso della responsabilità individuale verso i fratelli indigenti e privare alla fine di umana, consolatrice sensibilità l’esercizio dell’assistenza stessa.

Pare a Noi che il principio della sussidiarietà, tanto autorevolmente affermato dal Nostro Predecessore Giovanni XXIII, di venerata memoria, possa e debba esser applicato anche in questo settore: ne avrà tutela la libera e feconda iniziativa di operare a vantaggio, ne avrà ordine, e stimolo e aiuto; e sarà rivendicata nel suo prestigio e nell’indole sua la funzione direttiva! integrativa, propulsiva, non monopolistica, non esclusivista, della pubblica autorità, che potrà, rimanendo normalmente ad un livello più alto che non quello del diretto esercizio dell’assistenza, far giungere a questa, con le provvide sovvenzioni del pubblico erario, l’apporto spontaneo di mezzi e di forze nascenti dal popolo stesso, non solo con saggia economia di strutture e di spese, ma, ciò che più conta, con incomparabile dovizia di virtù morali e di ottimi sentimenti.

Vi dicano, Signori, queste Nostre semplici considerazioni l’interesse che nutriamo per la vostra attività, la stima che tributiamo alle vostre persone e alle vostre benefiche imprese, la fiducia con cui auspichiamo all’assistenza ogni migliore incremento, e la cordialità con cui invochiamo su cotesto vastissimo campo di umani dolori e bisogni e di mirabili provvidenze assistenziali i favori di Dio, dando a voi tutti la Nostra Apostolica Benedizione.

                



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