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DISCORSO DI PAOLO VI
AI SOCI ITALIANI DEL «ROTARY CLUB»

Sabato, 20 marzo 1965

 

Una parola, infine, di saluto e di augurio rivolgiamo di cuore ai numerosissimi membri italiani del Rotary Club, che affollano quest’Aula della Benedizione, convenuti a Roma per la celebrazione del Congresso unico dei Distretti d’Italia. Siate anche voi i benvenuti nella Nostra casa, diletti figli e figlie.

Non abbiamo dimenticato l’incontro con i Rotariani di Milano, e la cordialità rispettosa e lieta, con cui essi vollero circondare la Nostra umile persona, quando visitammo la loro sede per portarvi l’annuncio della Missione cittadina. E oggi, che abbiamo l’occasione di ricevere il numero così cospicuo di Rotariani, venuti da tutte le sedi d’Italia, Ci pare che quel Nostro colloquio non si sia dilatato in un orizzonte di più vasta ampiezza e di più sentita cordialità.

Abbiamo allora visto da vicino il quadro delle attività, che sono chiamati a svolgere i soci di un Rotary Club; e ora che, possiamo dire, l’intera Organizzazione italiana viene come a restituirCi con gesto gentile quella Nostra visita, amiamo confermarvi che seguiamo con interesse la vostra molteplice attività nel campo culturale, artistico, scientifico e della beneficenza.

Non possiamo ignorare lo sviluppo che i Rotary Clubs hanno preso nel mondo. Da quando l’avvocato Mr. Paul Harris fondava a Chicago, nel 1905, il Rotary, sono trascorsi sessant’anni; e questo tempo è bastato a che questa istituzione si diffondesse dappertutto, e riuscisse ad interessare ceti di persone non facili a lasciarsi avvicinare in forma continuata e metodica, quali sono gli uomini d’affari, i liberi professionisti, gli esponenti della scienza e del pensiero. È segno che la formula associativa era buona: amicizia e cultura; e buono il metodo: il periodico incontro conviviale, coronato da un discorso rigorosamente informativo su qualche questione d’attualità. Buoni pertanto anche gli scopi: infondere nelle diverse professioni dei soci una esigenza di serietà e di onestà, e favorire il progresso della cultura e delle relazioni amichevoli fra gli uomini e fra le nazioni.

Tutto questo è bello e vi fa onore. La vostra attività contribuisce alla formazione e alla coesione delle classi dirigenti della società; e mentre distingue e qualifica ad un livello superiore al comune i Soci del Rotary, non li separa, non li oppone alle altre classi sociali, sì bene li stimola ad assumere con più avveduta coscienza le funzioni loro proprie e li esorta a mettersi con più generosa dedizione a servizio del bene comune.

Naturalmente codesto, anche se buono e lodevole, non può essere un programma completo per dare alla vita dell’uomo il suo vero e profondo significato. Le esigenze ideali della vita superano il perimetro molto sobrio e discreto degli statuti del Rotary, che, nell’intento di associare uomini di diverse tendenze ideologiche e religiose, si astiene dall’imporre ai suoi Soci qualsiasi professione determinata di pensiero, o di fede. Cotesto aspetto del vostro programma, voi lo sapete, ha incontrato riserve da varie parti, ed anni fa anche dalla Chiesa cattolica; le riserve erano fondate sul timore che la mentalità, nascente dal vostro programma, subisse l’influsso di altre ideologie, ovvero si ponesse come norma sufficiente a guidare la coscienza dell’uomo. Ma fortunatamente voi qui dimostrate che la saggezza del Rotary, proprio perché aperta a varie correnti, conosce i suoi limiti; rispetta perciò il pensiero dei suoi soci, e non rifiuta che talvolta voci autorevoli portino anche nel suo seno le testimonianze della filosofia perenne e del messaggio cristiano.

Noi siamo a ciò molto sensibili; e senza pretendere che i Rotary Clubs abbiano a cambiare il loro stile ed il loro programma, facciamo voti che sempre in essi, come è seria ed alta l’espressione culturale e scientifica, così sia riguardoso il loro atteggiamento verso i valori spirituali e religiosi, e non vi sia in esso del tutto forestiero il Maestro dell’umanità, Cristo Signore.

Nell’auspicare un buon lavoro a tutti voi, il pensiero si rivolge altresì ai vostri consoci di tutto il mondo, con i quali siete legati da vincoli di mutua estimazione; anche questi rapporti di amicizia fra i rappresentanti di diversi popoli, uniti in speciali organizzazioni, possono contribuire meravigliosamente a cementare quell’unione nella concordia e nella pace, che la dottrina sociale della Chiesa e l’insegnamento pontificio inculcano con tanta insistenza e con invitta speranza.

 L’Apostolica Benedizione scenda a confortare i Nostri voti paterni, e attiri su di voi e sui vostri cari i copiosi favori del Cielo.

                                                



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