Index   Back Top Print

[ IT ]

DISCORSO DI PAOLO VI
ALL’«OPERA VILLAGGI PER LA GIOVENTÙ» DI FIRENZE

Martedì, 4 novembre 1975 

 

Carissimi giovani,

Siamo lieti di accogliervi in questo familiare colloquio che tanto avete desiderato e che rallegra anche noi, infondendoci grande speranza, più grande certezza. Primo, perché siete giovani, e il Signore ha su ciascuno di voi un piano di collaborazione per il bene della società e della Chiesa; secondo, perché siete pensosi del passato e ne cogliete le lezioni per il presente e per l’avvenire: e per questo avete riflettuto, nei giorni scorsi, sulla vita della Chiesa in mezzo agli uomini, durante i secoli, sull’influsso da essa portato al cammino ascensionale della storia con la sua presenza illuminatrice in tutti i campi, del pensiero e dell’arte, della promozione umana e della carità, dell’eroismo e della santità; terzo, soprattutto, perché avete pregato, e, come sappiamo, volete custodire il gusto della preghiera per rendervi strumenti docili della grazia divina, che appunto nella nostra preghiera trova gli spazi consoni alla sua azione irrompente e segreta, guidata dallo Spirito Santo.

Vi incoraggiamo in questa direzione! Occorre avere una quadratura mentale, nutrita di profonda formazione culturale e religiosa, che deve andare strettamente congiunta con la vita interiore.

I. Da questa pienezza scaturisce la diffusione della verità, in un mondo che ne ha tanto bisogno! Effettivamente, ciò che oggi importa - per chi già si professa cristiano - è «evangelizzare», cioè diffondere la forma di pensiero e di vita, nel connubio di fede e di carità, che caratterizza il cristianesimo. È quanto ha sottolineato il Concilio Vaticano II quando ha espressamente ricordato che «molte occasioni si presentano ai laici di esercitare l’apostolato dell’evangelizzazione e della santificazione» (Apostolicam Actuositatem, 6). È quanto ha rilevato l’ultimo Sinodo dei Vescovi. È quanto noi stessi non ci stanchiamo di dire, e ancor sempre diremo, per chiamare i fedeli al dovere di prendere coscienza di questa responsabilità a loro affidata da Cristo e dalla Chiesa fin dal Battesimo, e solennemente ribadita con la confermazione.

II. Siamo sicuri che voi ne siete convinti e nell’impaziente desiderio di tradurre in pratica le realtà che avete imparato a conoscere come le matrici della nostra identità cristiana, vi chiedete certo quale sia il modo di compiere questa evangelizzazione. Ci fermeremo perciò un istante ancora per cercare insieme con voi il «come» di questa presentazione della fede, a cui siamo impegnati, e che a noi sembra consistere in due momenti essenziali e indivisibili: il contenuto e la forma della evangelizzazione.

1. Circa il contenuto, esso consiste nell’identità essenziale del depositum fidei, come l’ha tradotta in termini limpidissimi, e tuttora moderni, Vincenzo di Lérins nel suo classico Commonitorium, (Commonitorium, 23: PL 50, 668 A; DENZ-SCHÖN. 2802) paragonando la crescita omogenea della tradizione a un organismo vivente che si sviluppa, mantenendo intatta la propria natura pur nell’accrescimento costante delle due forme: nel germe c’è già tutto l’albero con i frutti, nel bambino c’è già l’uomo con tutti i suoi organi e le sue facoltà e capacità ! Occorre essere convinti a fondo dell’importanza e della ragione di questa identità e di questa omogenea trasmissione della Verità rivelata, che, sempre uguale a se stessa, si arricchisce via via nei secoli per l’apporto dello studio, dell’esperienza, della cultura di chi la riceve e la tramanda alle generazioni successive.

2. Quanto, poi, alla forma di esporre questa Verità entriamo nel crogiolo vivo dei vari atteggiamenti di quanti hanno il dovere di presentarla agli altri. E allora: - c’è chi tace sfiduciato, come il «profeta muto» che non osa proclamare alta la Parola di Dio e merita perciò di esser da Lui riprovato!

- c’è chi ripete il deposito nella testualità verbale, senza uno sforzo pedagogico di linguaggio e di esplicazione, mancando perciò di incisività e di forza, e facendo apparire smorto il messaggio del vero;

- c’è chi altera il contenuto del Vangelo, per adattarlo speciosamente alle condizioni della cultura ambientale e alle mode effimere di mentalità e di espressione;

- c’è infine, e questo è il vero apostolo, chi lo annuncia con la parola e, soprattutto, con la vita, dando nella fedeltà quotidiana, che richiede non di rado l’eroismo o l’immolazione - come hanno fatto i Santi e i Beati - un’incarnazione viva e suadente della verità che trasmette, e che diventa così calata nella realtà, imitabile per l’emulazione, trascinatrice per l’esempio.

Così, così guardiamo a voi, giovani carissimi. La Chiesa si riconosce in voi! Come abbiamo scritto nella Esortazione Apostolica Gaudente in Domino, «dall’incontro fra l’essere umano che possiede - per alcuni anni decisivi - la disponibilità della giovinezza, e la Chiesa nella sua permanente giovinezza spirituale, sgorga necessariamente, da una parte e dall’altra, un’intensissima gioia e una promessa di fecondità» (Gaudete in Domino: AAS 67, 1975, p. 314).

A tanto vi invitiamo, in quest’Anno Santo di rinnovamento e di riconciliazione per tutti, ma specialmente per i giovani: e facciamo voti per la vostra crescente maturazione spirituale. Con la nostra Benedizione Apostolica.

                                     



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana