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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PAOLO VI
AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
DELLA REPUBBLICA POPOLARE
DI UNGHERIA, S.E. GYÖGY LAZAR*

Giovedì 13 novembre 1975

 

Signor presidente del Consiglio dei ministri, ci sentiamo onorati di accogliere qui Vostra Eccellenza, insieme con le illustri personalità che l’accompagnano. La sua visita suscita nel nostro animo particolari emozioni e riflessioni.

Pensiamo anzitutto, con rispetto e stima affettuosa, al Paese che Vostra Eccellenza rappresenta ed al suo popolo, a noi per tanti titoli carissimo, e ricordiamo la ventura che avemmo di visitare la bella capitale dell’Ungheria nella solenne circostanza di un avvenimento religioso di rilevanza internazionale. Fra questi titoli, e primo tra tutti, ci è gradito menzionare la fede cristiana, che da un millennio illumina il popolo ungherese, e che ha dato alla sua storia tante grandi e nobili figure di testimoni e di santi; e desideriamo inoltre ricordare gli speciali vincoli, spirituali e culturali, che hanno stretto durante secoli, e tuttora stringono la nazione ungherese a questa sede apostolica. Dal profondo del nostro cuore sgorga fervido il voto che tali vincoli siano sempre più proficui per il benessere ed il progresso del vostro nobile popolo.

Noi siamo profondamente convinti che una leale armonia tra la Chiesa e lo Stato, basata sul solido fondamento del sincero rispetto della rispettiva individualità e dei diritti dell’una e dell’altro, è giovevole alla Chiesa e, allo stesso tempo e non meno, anche alla società civile. E ciò, sia perché la pace religiosa è già di per sé un prezioso apporto alla serena armonia nella vita nazionale ed alla mutua cooperazione di tutti al maggior bene di tutti, sia per il contributo che la Chiesa è, in tal modo, in grado di dare con ancora maggiore efficacia alla formazione anche umana dei cittadini, e in particolare della gioventù. Questa formazione, oltre all’amore alla patria e alla solidarietà sociale, riguarda anche lo spirito della comprensione e della fraterna collaborazione fra popoli e nazioni, base di quella pace che è nei voti non meno della Santa Sede che di tutti gli uomini di Stato consapevoli delle gravissime responsabilità che incombono sulla presente generazione, posta quasi ad un bivio, di progresso o di distruzione, per il futuro della umanità, e più in particolare – rivolgendosi il nostro discorso al rappresentante di un nobilissimo popolo di Europa – per questo antico continente, crogiolo di stirpi e di civiltà.

La Chiesa per se stessa non chiede se non la libertà di svolgere il proprio ministero spirituale e di offrire il proprio leale servizio all’uomo – individuo e società – conformemente alla sua missione religiosa e morale.

Sotto il segno dell’aspirazione ad una reciproca, leale e più completa intesa, ad una pace rispettosa e onesta, ci è gradito esprimerle, signor presidente del Consiglio dei ministri, i nostri voti che volentieri estendiamo a quanti l’accompagnano e al carissimo popolo ungherese sul quale invochiamo di gran cuore la protezione e la benedizione di Dio.


*La Civiltà Cattolica, 1975, IV p.504-505.



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