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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI AI GIORNALISTI
DELL’ASSOCIAZIONE DELLA STAMPA ESTERA IN ITALIA

Sabato, 28 febbraio 1976

 

Gentili Signori e Signore
dell’Associazione della Stampa Estera in Italia!

Siamo particolarmente felici di accogliere quest’oggi, nelle vostre persone, i qualificati e benemeriti rappresentanti della stampa estera in Roma. Il vostro Sodalizio, infatti, per la lunga esperienza accumulata, per il carattere internazionale dei suoi componenti e più ancora per lo spirito fraterno che lo pervade, costituisce un eloquente esempio di pacifica collaborazione e di emulazione nella vostra alta funzione di informatori del pubblico.

Per noi, poi, quest’incontro è un’occasione propizia per ringraziarvi del contributo che, in vario modo, avete dato allo svolgimento dell’Anno Santo. E poiché siete espressione diretta dell’opinione pubblica, ci piace ora ripetere dinanzi a voi quanto abbiamo detto, a proposito del Giubileo, ai Membri del Corpo Diplomatico, accreditato presso la Santa Sede: l’Anno Santo ha dimostrato che la Chiesa è viva! I milioni di fedeli, accorsi nell’Urbe, non erano soltanto i rappresentanti di quel che si potrebbe chiamare cristianesimo popolare, ma anche della gioventù e dei credenti che cercano di approfondire e di maturare la fede. Tanti laici, uomini e donne, sacerdoti e Vescovi han fatto di Roma, in tutto l’arco del periodo giubilare, quasi la parrocchia della Chiesa universale, rendendo esemplare testimonianza presso le Memorie Apostoliche del loro impegno cristiano e della loro adesione, altresì, ai permanenti e vitali ideali del rinnovamento e della riconciliazione.

Quanto a voi, il fatto di esercitare la vostra professione qui a Roma vi consente di osservare da vicino la vita della Chiesa, nel suo cuore: ciò che sembra facilitare la conoscenza di questa istituzione, mentre, a ben osservare, ciò esige uno sguardo assai più attento alla singolare complessità della Chiesa stessa, e proprio nel suo centro più che altrove, sia in se stessa, che nelle relazioni con la società civile e con i differenti Stati, che hanno con la Chiesa dei rapporti particolari, qualificati e pacifici con alcuni, riservati e non sempre facili con altri.

Solo chi riconosce questa complessità della Chiesa: fatto religioso per eccellenza, che pretende raggiungere in una realtà misteriosa un rapporto vivente e soprannaturale con la Divinità; fatto storico indubbiamente singolare per la sua coerenza interiore, per la sua bimillenaria durata e per la sua tormentata, ma sempre tenace esistenza; fatto umano, che una libera e spontanea, ma estremamente solida organizzazione riveste d’un volto sociale determinato, quello di Popolo di Dio, di società visibile e organizzata, diversa e autonoma, ma convivente, anzi tendenzialmente animatrice della società temporale, può comprendere come sia difficile, e al tempo stesso doveroso e interessante, guardare alla Chiesa nei suoi aspetti simultaneamente complicati e molteplici.

Voi siete degli osservatori, prima d’essere informatori. Noi sappiamo d’essere spesso per voi di difficile comprensione; noi temiamo perciò d’essere giudicati secondo una conoscenza unilaterale e parziale della nostra realtà; ci sentiamo noi stessi rivestiti di mistero, e non possiamo spesso rinunciare, nei riguardi vostri, ad essere meglio conosciuti, non tanto nei nostri fenomeni esteriori, che possono essere talvolta inferiori a ciò ch’essi personificano e rappresentano, ma nella autenticità della nostra investitura spirituale e messianica. Viene allora alle nostre labbra l’antica parola d’uno dei primi apologisti della professione cristiana, Tertulliano, che ne prendeva, da avvocato qual era, le difese con la celebre parola: ne ignorata damnetur, non sia condannata, perché non conosciuta (TERTULLIANI Apologeticum, I: PL 1, 308). Ora, se la vita interna della Chiesa - la quale è una comunione di fede, e non una semplice comunanza di opinioni - richiede per essere pienamente compresa uno sguardo che sia già illuminato dalla fede, essa tuttavia non sfugge all’osservazione ed al giudizio critico del giornalista, che ha il compito di riferirne al pubblico, come fa, del resto, per altre società o per i vari movimenti di pensiero. È naturale, pertanto, che noi vi domandiamo, cari Signori, di avere, nei riguardi della Chiesa e dei suoi membri, nei riguardi di ciò che è veramente essenziale e specifico nelle sue strutture e nel suo insegnamento, un’acuta attenzione, una speciale sensibilità, non mai minore a quell’atteggiamento comprensivo e quello stesso rispetto che viene riservato alle altre società o organismi che hanno diritto di cittadinanza e di parola nel mondo. Il pluralismo, che è tanto esaltato nella società contemporanea, richiede per lo meno la tolleranza ed il rispetto per le opinioni degli altri. Eppure si assiste oggi, qua e là, a manifestazioni di intolleranza, delle quali è talora vittima la Chiesa cattolica, mentre non sempre si leva la protesta dell’opinione pubblica e la voce dei giornalisti, che ne sono gli interpreti e le guide.

Le relazioni della Chiesa con gli Stati e, in senso più generale, i suoi interventi in campo temporale sono anch’essi oggetto di diversa interpretazione. Per alcuni, la Chiesa dovrebbe limitarsi ad annunciare il Vangelo, senza interferire nel settore temporale; per altri, al contrario, la Chiesa dovrebbe mettere tutto il peso della sua autorità morale nella battaglia per la giustizia e nella lotta contro ogni ingiusta oppressione. Si tratta, ovviamente, di due posizioni estreme, mentre il problema è da porre - pensiamo - in maniera diversa: la liberazione dell’uomo è, in realtà, un aspetto inseparabile dalla sua salvezza integrale, operata da Gesù Cristo. Per questa liberazione la Chiesa s’impegna con tutte le sue forze, ma senza mai rinunciare a proclamare direttamente il Vangelo, ch’è lo scopo supremo della sua missione.

È dunque in virtù di un’idea più alta dell’uomo e del suo destino che la Chiesa interviene spontaneamente là dove è in giuoco la felicità o l’infelicità dell’uomo. Questa è la ragione, ad esempio, per cui essa ha accettato con gratitudine l’invito di partecipare alla Conferenza di Helsinki, le cui conclusioni, se saranno applicate lealmente, dovrebbero contribuire effettivamente alla sicurezza e alla pace, mediante la libera circolazione delle persone, il libero scambio delle idee e l’affermazione della libertà religiosa.

Questi ideali di libertà e di salvaguardia dei diritti della persona umana ci sono comuni e ci sono egualmente cari. Pertanto, noi ci permettiamo di rivolgervi qui un appello ed una pressante preghiera:

- Siate attenti a difendere sempre e da per tutto i giusti diritti e la vera libertà delle persone, senza compiere discriminazioni parziali, come, purtroppo, accade a motivo dei regimi politici che sono in causa, o delle scelte personali che ci rendono sensibili unicamente nei confronti delle vittime, di cui condividiamo le idee o le convinzioni.

- Siate i difensori della vita umana, dovunque essa è minacciata, soprattutto di coloro che sono indifesi; o quando il ricorso alla guerra non sembra giustificato da un’assoluta necessità di giustizia.

- Non rimanete muti quando la dignità e l’onore della persona umana sono minacciati dalla violenza, dallo sfruttamento economico, dal rilassamento dei costumi, del quale la nostra società permissiva dà troppo spesso triste spettacolo.

Siate persuasi che se la Chiesa, in tale materia, recentemente ha stimato necessario di ricordare il suo insegnamento di sempre, essa è stata ispirata; ancora una volta, dall’amore per l’uomo e da un’altissima concezione della sua dignità e di quella dell’amore.

E non parliamo del rispetto dovuto al lettore. Partendo da informazioni incomplete e troppo spesso parziali, mediante ragionamenti fallaci, si giunge ad imporre al lettore il proprio giudizio, mettendolo nell’impossibilità di formarsi, almeno in un primo tempo, un’opinione personale.

Questa forma di violenza intellettuale si ritorce, in fin dei conti, contro coloro che la praticano, perché voi sapete per esperienza come i ceti popolari, che costituiscono la massa dei vostri lettori, rimangano sensibili a ciò che è vero, a ciò che è giusto, a ciò che è bello.

L’onore della vostra professione è quello di essere i difensori accreditati della verità, i giustizieri del bene e del male, i formatori della coscienza morale e civica dell’opinione pubblica. La vostra responsabilità di fronte alla società è grande, ma lo è anche davanti alla vostra stessa coscienza e davanti a Colui, di cui essa è la risonanza, più o meno forte, nell’intimo di ciascuno di noi.

Noi preghiamo il Signore di aiutarvi ad affrontare con coraggio questa responsabilità, di cui noi ben valutiamo le difficoltà. Noi imploriamo la sua Benedizione su di voi e sulle vostre famiglie e vi ripetiamo volentieri la nostra fiducia ed il nostro incoraggiamento.

                                



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