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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE 
DEL GIUBILEO DEI LAVORATORI
 
(1° MAGGIO 2000)

14 Aprile 2000

 

Intervento del Card. Roger Etchegaray

Intervento di S.E. Mons. Crescenzio Sepe

Intervento di S.E. Mons. Fernando Charrier

Intervento di Mons. Giampaolo Crepaldi

Intervento di Mons. Mario Operti

 


INTERVENTO DEL CARD. ROGER ETCHEGARAY

Secondo il proprio calendario, civile o religioso, ciascuno ha la sua maniera di celebrare questa data. Ma i veri "praticanti"della festa -dopo la sua istituzione a seguito del sangue versato nelle lotte operaie della fine del 19º secolo- sono i lavoratori, sospinti da un "movimento operaio" nato con l’era industriale e sviluppatosi, spesso, ai margini della Chiesa. Giovanni Paolo II, dopo Leone XIII, ha spiegato nella sua enciclica "Laborem exercens" (1981) il senso di questa "solidarietà dei lavoratori"che reagiva "contro il degrado dell’uomo come soggetto del lavoro e contro l’inaudito sfruttamento che lo accompagna." (n.8).

All’alba del terzo millennio, in tutt’altro contesto culturale, il "primo maggio" è più attuale che mai e il Papa ha voluto dargli un rilievo particolare facendone uno dei grandi eventi dell’Anno giubilare, a Tor Vergata. Ringrazio il Comitato per la Preparazione che interviene a questa conferenza stampa e ci offre un ottimo documento di riflessione per cogliere, nella sua complessità, la situazione mondiale dell’economia e del lavoro.

Oggi, più della condizione dell’uomo al lavoro, è la condizione dell’uomo senza lavoro che è preoccupante, poiché fa di lui un uomo amputato nella sua stessa personalità, e assai numerosi sono questi "feriti" dell’economia moderna. La crisi dell’impiego è diventata un fatto strutturale e non solo congiunturale, ciò che ci obbliga a ripensare il significato del lavoro e il suo rapporto rispetto all’uomo. Si tratta non più di riuscire nella vita ma di realizzare la vita in tutte le sue dimensioni. Troppi esclusi ci sollecitano per poter essere attivi e inventivi, perché ciascuno possa esercitare un lavoro, portatore di fecondità sociale. La società, per essere umana, dovrà essere solidale o continuerà a non rispettare la dignità di tutti.

In tal senso, il prossimo "primo maggio" con la partecipazione di un papa, "uscito dalle cave di pietra di Zakrzowek e dalle fornaci di Solvay a Borek Falecki, poi a Nowa Huta... dove imparò di nuovo il Vangelo" (Mogila, 9 giugno 1979), assumerà una dimensione giubilare per la Chiesa e l’umanità tutta: il "cammino di solidarietà e di giustizia" verrà ampliato.

 

INTERVENTO DI S.E. MONS. CRESCENZIO SEPE

Permettetemi di iniziare questo incontro con una osservazione preliminare che riguarda, peraltro, da vicino il ruolo dei media: in modo sempre più evidente si riscontra nell’opinione pubblica, un atteggiamento largamente positivo nei confronti del Giubileo. La natura religiosa e spirituale dell’evento, sottolineata più volte – anche di recente – dal Santo Padre sta emergendo in una dimensione chiara e consapevole. Di questo non possiamo che prendere atto con soddisfazione, pur riconoscendo che il cammino che ci attende è ancora lungo e che è nostro compito tenere sempre in vista gli obiettivi fondamentali.

Così, mentre respiriamo sempre più il clima di intensa spiritualità della Settimana Santa – alla quale ci ha introdotti in un certo senso lo straordinario pellegrinaggio del Papa in Terra Santa – rivolgiamo ora la nostra attenzione su uno degli appuntamenti più significativi di questa prima parte del calendario giubilare: il Giubileo del mondo del lavoro. Si tratta, è quasi inutile sottolinearlo, di uno degli eventi più attesi e coinvolgenti, sia per la grande partecipazione, sia per l’importanza e la vastità dei temi che ad esso si richiamano.

Il Giubileo, come stiamo sperimentando un po’ tutti attraverso l’impatto di folla dei diversi pellegrinaggi, ha di per sé un’anima profondamente popolare; non è quindi lontano dalla concreta vita sociale degli uomini, e particolarmente dal mondo del lavoro, con tutti i suoi traguardi ed i suoi drammi, le sue speranze e le sue preoccupazioni.

Al lavoro, come sapete, sono dedicate ben tre giornate giubilari: quella degli Artigiani, del 19 marzo, già trascorsa, e i due prossimi importanti appuntamenti del 1° maggio, per il Giubileo dei Lavoratori, e del 12 novembre, Giubileo del Mondo Agricolo e festa del Ringraziamento. Questo perché il Giubileo è nato nel segno del sociale - pensiamo al Giubileo dell'Antico Testamento con la liberazione degli schiavi e al riposo sabbatico della terra - e si è sviluppato, nel Nuovo, all'insegna di una carità operosa che si è tradotta in gesti concreti e realizzazioni in favore del prossimo, non soltanto qui a Roma, ma in tutto il mondo cristiano.

Se ciò è vero per la storia degli Anni Santi nel suo insieme, diventa ancora più vero guardando al Grande Giubileo del 2000, che il Santo Padre sin dal suo annuncio, nella Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente, poi nella Bolla d'indizione Incarnationis mysterium e più volte nel suo magistero di questi ultimi anni, ha voluto indirizzare sulla via della giustizia, della solidarietà, della pace, della tutela della dignità e dei diritti della persona, e specialmente dei lavoratori.

Da qui - sono sempre parole di Giovanni Paolo II - la volontà di ribadire, nel Giubileo, "l'opzione preferenziale della Chiesa per i poveri e gli emarginati", nella convinzione che "l'impegno per la giustizia e per la pace in un mondo come il nostro, segnato da tanti conflitti e da intollerabili disuguaglianze sociali ed economiche, è un aspetto qualificante della preparazione e della celebrazione del Giubileo" (TMA n.51).

Il Giubileo quindi spinge i credenti ad impegnarsi al loro interno con maggiore ardore, intensificando la testimonianza cristiana in ogni settore della società moderna, facendosi creatori di "una nuova cultura di solidarietà e cooperazione internazionali, in cui tutti - specialmente i Paesi ricchi ed il settore privato - assumano la loro responsabilità per un nuovo modello di economia al servizio di ogni persona. Non deve essere ulteriormente dilazionato il tempo in cui anche il povero Lazzaro potrà sedersi accanto al ricco per condividerne lo stesso banchetto e non essere più costretto a nutrirsi con quanto cade dalla mensa" (IM n.12).

È questo il significato sociale del Giubileo. A questo richiama il Giubileo dei Lavoratori, ricordandoci ancora una volta che la conversione del cuore è frutto di un cambiamento di vita e che i beni della terra, che Dio ci ha affidato, non devono essere assolutizzati, sfruttati o sprecati soltanto da pochi, ma impiegati con giustizia, secondo la volontà del Signore e per il bene di tutti.

L’incontro con il mondo del lavoro è certamente una delle tracce più significative per entrare nella sintonia più piena con il pontificato di Giovanni Paolo II, che ha dedicato tre importanti Encicliche al mondo del lavoro, sviluppando una completa "dottrina sociale della Chiesa", ed è stato egli stesso protagonista attivo, come semplice operaio, sui banchi di lavoro.

In questo 1° maggio giubilare si realizza, tuttavia, un dialogo ancora più pieno e significativo che pone in campo tradizioni e valori che, da una parte e dall’altra, confluiscono verso l’obiettivo di una più consapevole umanizzazione del lavoro, in tutti i suoi aspetti.

Non può passare inosservata, d’altro canto, la circostanza che il Giubileo dei Lavoratori inaugurerà l’area dei Grandi Eventi a Tor Vergata.

Attraverso questo importante appuntamento, che ha chiamato in causa, fin dal primo momento, risorse organizzative ad ampio raggio (e, per questo, desidero ringraziare, in particolare, le Autorità civili che hanno dato un particolare aiuto e sostegno), il Giubileo entra, si può dire, in una dimensione più impegnativa dal punto di vista strettamente organizzativo.

Ma anche verso questi impegni ci poniamo con animo sereno, pur consapevoli della particolarità e della complessità di un evento che, forse più di ogni altro, anche per il periodo di tempo in cui si svolge, richiede apporti, collaborazioni, direi vere e proprie mobilitazioni, a tutto campo. Sono certo che la preparazione fin qui svolta porterà i suoi frutti spirituali e sociali per una festa che è di tutti.

 

INTERVENTO DI S.E. MONS. FERNANDO CHARRIER

Il Giubileo dei lavoratori, che si celebrerà in occasione della Festa del lavoro il 1° Maggio e che sarà preparato da una Veglia di preghiera il 30 aprile sera nella Basilica di S. Giovanni in Laterano, segue i criteri comuni ai tre appuntamenti del S. Padre con il mondo del lavoro: è un incontro di tutti i lavoratori per un momento comune di festa attorno al Papa, stimato una sicura autorità morale nei vari ambiti del lavoro; al tempo stesso offre a tutti la possibilità di una riflessione sulla situazione del lavoro oggi nel mondo con le sue luci e sue ombre. Ed è, infine, un momento di fede in Dio e di fiducia nell’uomo, alle cui mani Dio stesso ha affidato lo sviluppo e la costruzione, attraverso il lavoro, di una società fraterna, giusta e ben ordinata.

All’incontro del 1° Maggio, che ha per tema: "Lavoro per tutti: cammino di solidarietà e di giustizia", saranno presenti nella spianata di Tor Vergata cinque categorie di lavoratori: gli imprenditori e dirigenti, i lavoratori dipendenti, i cooperatori, gli operatori della finanza e del commercio. Associa queste diverse espressioni del mondo del lavoro la volontà di operare perché l’autentica cultura del lavoro, vale a dire "il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro", sia il fondamento del rapporto con l’uomo e la società. S’intende, così, manifestare, anche solo con la presenza di molti uomini del lavoro, che la dignità del lavoro ha origine dalla persona umana che lo compie, e non viceversa.

È prevista una presenza di lavoratori da tutto il mondo; questa circostanza porrà all’attenzione le diverse condizioni di lavoro nell’intero pianeta, e spronerà ad una solidarietà efficace per il riscatto "da ogni stato di cose oppressivo" (3° Sinodo dei Vescovi, La giustizia nel mondo).

La dimensione religiosa del Giubileo, che ha il suo momento nella Concelebrazione Eucaristica, presieduta dal S. Padre, aprirà gli animi al Signore Gesù, Lui pure lavoratore nella bottega di Giuseppe di Nazareth. La dimensione di festa, inizierà con un saluto al Santo Padre da due esponenti del mondo del lavoro e un omaggio musicale dell’Orchestra di S. Cecilia con il tenore Andrea Bocelli, e proseguirà nel tardo pomeriggio con il tradizionale concerto della Festa dei lavoratori.

Saranno presenti oltre 200.000 lavoratori, e, con essi, uomini e donne che coprono posti autorevoli a livello nazionale, europeo e mondiale nei diversi ambiti del mondo del lavoro e delle categorie dell’imprenditoria, dei sindacati, dell’associazionismo dei lavoratori, della finanza, della cooperazione e del commercio.

Il Giubileo intende, di conseguenza, essere un’occasione di reciproco incontro e di vicendevole dialogo, "con l’obiettivo di giungere a delle indicazioni per l’impegno personale, sociale ed ecclesiale", al fine di unire le competenze e le forze e agevolare la soluzione dei diversi problemi che gravano sul lavoro in questi tempi di rapidi cambiamenti.

Il conseguimento di questo obiettivo sollecita tutti a rivolgere un’attenzione appassionata alle problematiche del lavoro, per ricercare nuove modalità di lavoro comune tra imprenditori, lavoratori dipendenti, uomini della cooperazione e della finanza, e commercianti per aiutare ogni uomo ad avere "il proprio banco di lavoro" e poter guardare con fiducia al futuro. Ci ricorderanno le difficoltà di lavoro i disoccupati e gli "inoccupati", giovani, uomini e donne, che saranno presenti alla celebrazione del Giubileo a Tor Vergata.

Il Magistero del S. Padre aiuterà a superare le incertezze che oggi tutti vivono di fronte ai nuovi problemi della globalizzazione, dell’inserimento nel processo produttivo di tecnologie sempre più avanzate e dell’informatica.

Nel suo messaggio, certamente, il Papa, come già ha fatto in passato, indicherà i principi e i valori che debbono essere sempre tenuti presenti per governare, in nome dell’uomo, tutti i cambiamenti che sono in atto e che si intuiscono per il futuro nell’ambito del lavoro umano.

 

INTERVENTO DI MONS. GIAMPAOLO CREPALDI

Nella tradizione dell'Antico Testamento l'anno giubilare doveva servire a restituire l'uguaglianza tra tutti i figli d'Israele e a ripristinare la giustizia sociale (TMA 13).

È in questa prospettiva della giustizia - e più particolarmente della giustizia che si esprime nella protezione dei più deboli (TMA 13) - che Giovanni Paolo II, reclamando l'impegno concreto dei cristiani, propone, nella lettera apostolica Tertio millennio adveniente, il "Giubileo come tempo opportuno per pensare ad una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale che pesa sul destino di molte Nazioni" (TMA 51).

Certo, una via tanto complessa quanto quella della soluzione della questione debitoria come mezzo atto al ripristino della giustizia sembra molto tortuosa rispetto alla via indicata dal Vangelo, dove si legge che per rientrare fra i "giusti", nel giudizio finale, i cristiani dovranno aver sfamato gli affamati, dissetato gli assetati, ospitato i pellegrini, vestito gli ignudi, visitato gli ammalati e i carcerati (cfr. Mt 25). Ma la complessità della via proposta da Giovanni Paolo II è imposta dalla realtà di un mondo sempre più interdipendente in cui tutto diventa globale, in cui tutto diventa più complesso e più tecnico.

È vero anche, però, che tanta complessità e tanta tecnicità non devono far perdere di vista l'essenziale, cioè il legame che si instaura fra debito e povertà, o addirittura miseria, quando i sacrifici che gli Stati devono affrontare - cioè che i cittadini degli Stati devono fare - per ripagare i loro debiti, originati da differenti cause, sono diventati eccessivi rispetto alle risorse di cui gli Stati dispongono (materie prime o conoscenze dei cittadini stessi).

Il problema del debito internazionale è sul tappeto da circa trent'anni ed è diventato più acuto in questo ultimo scorcio di secolo per vari motivi, ma soprattutto per le ricadute negative in termini di povertà, di disparità economica e di diseguaglianze che il fenomeno della globalizzazione comporta.

Se, passando attraverso i due choc petroliferi del 1973 e del 1975, la crisi debitoria è emersa in modo palese nel 1982, le prime avvisaglie della crisi vengono da lontano e la Chiesa le ha avvertite fin dagli inizi. Paolo VI, infatti, la evocava già con preoccupazione, nel 1967, al n. 54 della Populorum progressio.

Da allora, la Chiesa, a tutti i livelli, non ha cessato di richiamare l'attenzione sulla gravità della questione. È del 1986 il documento della Pontificia Commissione Iustitia et Pax, intitolato "Al servizio della comunità umana. Un approccio etico al debito internazionale" che affrontava compiutamente l'argomento. Poi, in un crescendo di interventi, il Papa, i Vescovi, individualmente o collegialmente, le Chiese locali attraverso i loro organismi propri, i religiosi e le religiose, le Organizzazioni ed Associazioni cattoliche ne hanno fatto un impegno prioritario di fine millennio.

Si può affermare con soddisfazione che tale impegno non è rimasto infruttuoso se, appena qualche giorno fa, Michel Camdessus, ricevendo la laurea honoris causa dall'Università Cattolica del S. Cuore, ha riconosciuto l'importanza dell'ispirazione ricevuta dal documento della Pontificia Commissione Iustitia et Pax e del dialogo avuto negli anni con i responsabili di questo Dicastero della Santa Sede, per lo svolgimento della sua attività, conclusa il 15 febbraio di quest'anno, di Direttore del Fondo Monetario Internazionale.

Questa "ispirazione" ha certamente contribuito allo studio dell'iniziativa avviata dalle Istituzioni Finanziarie Internazionali che va sotto il nome di "HIPC Initiative" (Heavily Indebted Poor Countries). Prima iniziativa di questo genere, a carattere multilaterale, essa ha lo scopo di mettere in grado i paesi poveri più fortemente indebitati (circa 40) di portare, nel giro di sei anni, il peso del loro debito ad un livello "sostenibile". È intorno al miglioramento dei complicati meccanismi di tale iniziativa per permettere al maggior numero possibile di paesi di beneficiarne al più presto, che in un clima di maggiore consapevolezza dell'opinione pubblica in generale e della società civile tanto dei paesi creditori quanto dei paesi debitori, che si devono ora concentrare gli sforzi.

Tutto questo, senza dimenticare, però, che la soluzione della questione del debito estero, se è propedeutica e ineludibile, non è tutto per la lotta alla povertà che è l'obiettivo ultimo da raggiungere: se non saranno migliorate le condizioni di vita delle popolazioni povere, se non si rafforzeranno le loro economie nazionali, il fenomeno si riproporrà.

 

INTERVENTO DI MONS. MARIO OPERTI

L’evento giubilare inizierà con una Veglia di preghiera nella basilica di San Giovanni in Laterano, presieduta dal Card. Camillo Ruini. In quella basilica sono custodite le spoglie mortali di papa Leone XIII, che diede avvio, con la Rerum novarum, alla moderna riflessione della Chiesa sulle grandi questioni sociali e del lavoro.

Al centro della riflessione della Veglia sarà la Risurrezione di Cristo che, come afferma Giovanni Paolo II, "è la vera novità che supera ogni attesa dell'umanità e tale rimarrà per sempre, attraverso il succedersi delle epoche storiche".

Ripercorrendo i valori fondamentali del lavoro, quali la responsabilità nei confronti del creato, la solidarietà, l’imprenditorialità, la cooperazione, l’accoglienza, la socialità, la giustizia, l’attenzione ai poveri - letti alla luce della Parola di Dio e della dottrina sociale della Chiesa - si intende celebrare insieme le realizzazioni e le fatiche degli uomini per rendere più autenticamente umana la loro esistenza e al contempo riscoprire il significato della festa come giorno della gratuità e del dono che rivela il senso pieno del lavoro.

Infatti il Giubileo intende ribadire, oltre alla necessità dell’impegno degli uomini di buona volontà per consentire la realizzazione di un "lavoro per tutti come cammino di solidarietà e di giustizia", che l’esperienza lavorativa dell’uomo, se è fine a se stessa, non giova a nulla, anzi rischia di essere fonte di divisioni e discordie.

Il programma del primo maggio si articola in alcuni momenti. Con inizio alle ore 7.30 verrà organizzato un tempo di accoglienza dei pellegrini e di preparazione alla Celebrazione, scandito da riflessioni, canti, filmati e interviste con l’obiettivo di presentare e illustrare le varie esperienze e modalità del lavoro umano.

Alle 10.30 è prevista la solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta dal Santo Padre, durante la quale verranno presentati al Papa oltre al dono del pane e del vino anche alcuni segni dell’impegno delle varie associazioni e sindacati di categoria delle varie parti del mondo per umanizzare il lavoro. In particolare: le offerte raccolte per la Campagna ecclesiale di riduzione del debito durante la Giornata giubilare; il dono di un casco da lavoro che ricorderà l’impegno per la tutela della vita e della salute sul posto di lavoro; l’offerta di un computer portatile come impegno a mettere le nuove tecnologie a servizio dell’uomo e di uno sviluppo integrale ed armonico di tutta l’umanità; il dono di un bonsai per esprimere la progettazione di uno sviluppo rispettoso della natura e responsabile nei confronti del creato; il dono di un quadro rappresentante Gesù lavoratore, disegnato da un giovane delle Filippine, significherà l’impegno dei credenti a testimoniare la loro fede liberatrice anche sul posto di lavoro; un tappeto orientale vorrà esprimere la volontà di cogliere i valori profondi e spirituali del lavoro stesso.

Al termine della Messa il Santo Padre sosterà ancora per un certo tempo con i lavoratori delle varie categorie presenti a Tor Vergata per un incontro filiale.

Il momento prevede un saluto al S. Padre da parte del dott. Juan Somavia, direttore generale del B.I.T., in rappresentanza di tutto il mondo del lavoro e della dott.sa Paola Bignardi, Presidente dell’Azione Cattolica Italiana, in rappresentanza di tutte le donne lavoratrici. Seguirà un omaggio musicale di Andrea Bocelli che eseguirà l’Inno del Giubileo e alcune arie sacre con l’accompagnamento del Coro e dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia diretti dal Maestro Myung-Whun-Chung.

Il Santo Padre rivolgerà un breve messaggio al mondo del lavoro e riceverà un saluto da una delegazione di persone rappresentanti delle varie tipologie del lavoro nel mondo. L’incontro terminerà con l’esecuzione del canto: "Life is beautiful" da parte degli altri artisti presenti.

Nel primo pomeriggio, durante gli ultimi allestimenti tecnici per il concerto, verrà animato un tempo di festa e di incontro tra i lavoratori presenti come segno di una solidarietà e accoglienza reciproca.

Alle 17.30 inizierà il Concerto che avrà come tema portante l’impegno dei singoli e dei vari gruppi sociali per la remissione del debito estero dei Paesi più poveri della terra. Questo concerto risponde al triplice obiettivo di sostenere un impegno educativo, di promuovere un’azione di pressione politica nei confronti dei governi dei Paesi ricchi e di incoraggiare l’assunzione di segni di responsabilità personale e collettiva.

Per quanto riguarda il cast degli artisti la Network, organizzatrice del concerto per conto del Comitato Centrale del Giubileo, fornirà le opportune informazioni, come pure i Responsabili del Comune di Roma sono a disposizione per offrire le indicazioni necessarie per un più agevole accesso all’area di Tor Vergata.

Questo Giubileo è stato significativo già nel modo con cui è stato organizzato, in quanto ha visto i rappresentanti di diverse realtà lavorative e di differenti organizzazioni ed associazioni collaborare insieme nell’intento di realizzare un autentico evento giubilare che sia segno della volontà di rinnovamento sociale in una prospettiva di solidarietà e al contempo momento comune di festa espressione di valori condivisi e di obiettivi comuni da perseguire per il bene di tutti.

Ritrovandosi a Tor Vergata, le varie categorie di lavoratori, provenienti da diverse parti del mondo, saranno invitate a sostare un attimo dalle preoccupazioni quotidiane, non per dimenticare le difficoltà presenti e i rischi incombenti, né per fare del facile "buonismo" che finge di risolvere i problemi, ma per prendere pienamente coscienza "che non si devono assolutizzare né i beni della terra, perché essi non sono Dio, né il dominio o la pretesa di dominio dell’uomo, perché la terra appartiene a Dio e solo a Lui: ‘La terra è mia e voi siete presso di me come forestieri ed inquilini’ (Lv 25,23)" (Incarnationis mysterium, 12).

 

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