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Le cronache dell’apertura della Porta Santa  del Grande Giubileo

“Nello stupore della notte santa”

Guido Bossa

Un gesto semplice, quotidiano, come quello di aprire una porta. Quattro parole semplici, pronunciate in latino con voce ferma ed espressione intensa nello sguardo e nel volto. “Aperite mihi portas justitiae”. Tutto come previsto, tutto come già immaginato; eppure quelle parole e quel gesto segnano veramente, oltre ogni retorica, il passaggio di un’epoca. Un gesto e delle parole rispetto alle quali si potrà dire che c’era un prima e c’è un dopo; un gesto e quattro parole che riassumono l’attesa di un’umanità attonita, quasi rapita, come il Papa ha appena detto, “nello stupore della notte santa ”.

Nel giro di pochi minuti, attorno alle 23.25 della notte di Natale, la solenne liturgia dell’apertura della Porta Santa – gesti e parole sperimentati per secoli e significativamente rinnovati in occasione del Grande Giubileo dell’Anno 2000 – ci ha accompagnato verso l’aurora di un giorno di salvezza, nel quale, secondo le parole della Monizione letta dal Santo Padre all’inizio della celebrazione nell’atrio della Basilica vaticana, “ritorna a fiorire la speranza, le spade sono forgiate in vomeri, le lance in falci; le mani fiacche sono irrobustite e rese salde le ginocchia vacillanti ”. E un intero popolo, rinnovato dalla redenzione, avanza verso il nuovo millennio ancorato alla Parola che salva.

Ottomila persone gremivano la basilica di San Pietro che è rimasta immersa nel buio della notte fino al momento in cui il Santo Padre ha aperto la Porta Santa. Un caldo applauso ha salutato la luce improvvisamente accesa quando la figura del Papa, avvolto in un piviale multicolore e accompagnato da due cerimonieri, si è stagliata sulla porta spalancata, sostando per alcuni secondi, lo sguardo fisso in avanti, l’espressione assorta nel viso. Aggrappato al suo pastorale come se temesse di vacillare; eppure saldo e ben deciso a proseguire verso una mèta tanto desiderata. Una figura apparentemente debole, ma al contempo una guida forte per la Chiesa, giunta finalmente all’appuntamento storico del passaggio d’epoca, realizzando dunque la profezia del Cardinale Stefan Wyszynski che il 16 ottobre 1978, al termine del Conclave, gli aveva detto: ”Se Dio ti ha scelto è perché tu porti la Chiesa nel terzo millennio ”.

 Fuori, nel gelo della notte romana, quarantamila persone sedute ai piedi del sagrato ed altre migliaia in piedi attorno al presepe eretto in piazza San Pietro, applaudivano intensamente, quasi soffocando il suono festoso delle campane. Oltre un miliardo di persone, nel mondo, assisteva alla cerimonia in collegamento con 58 stazioni televisive, tra le quali, per la prima volta, quella di Cuba. Lo sventolio delle bandiere nella piazza restituiva un’immagine vivida dell’universalità della Chiesa; i costumi, i colori e gli idiomi dei fedeli assiepati in piazza consentivano di cogliere un aspetto importante del suo futuro, nel quale decentramento, multiculturalità, dislocazione geografica, si coniugheranno naturalmente con la tensione verso Roma, in un moto concentrico del quale il pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli, che resta al centro dell’anno giubilare, è simbolo e realizzazione.

Anche la liturgia della notte santa, opportunamente rinnovata e arricchita di significati simbolici, ha reso evidente l’universalità della salvezza e della missione della Chiesa che a Roma e in tutto il mondo celebra il Giubileo. Le note del “Koto”, una sorta di arpa orizzontale giapponese suonata da due esecutrici, e il suono di tre corni africani, hanno accompagnato l’apertura della porta santa; che poi è stata ornata con fiori e profumata con essenze orientali da uomini e donne provenienti dall’Asia e dall’Oceania, che indossavano i rispettivi costumi tradizionali. Durante la celebrazione, gli idiomi più esotici hanno accompagnato il latino, il greco, l’italiano e le tradizionali lingue europee: il filippino, lo swahili, il samoano e il quechua, oltre al russo e al francese, per la preghiera dei fedeli, che ha ripercorso i temi dei rispettivi documenti post-sinodali. Dal Burkina Faso, dall’India, dalle Filippine, dalla Colombia, dalla Polonia, dal Giappone e dalla Corea provenivano i bambini che hanno presentato le offerte al Santo Padre, accolti con un sorriso, una benedizione e un segno di croce sulla fronte. Giovanni Paolo II ha concelebrato la Santa Messa con 38 Cardinali, tra i quali il Segretario di Stato Angelo Sodano, e il Presidente del Comitato Centrale del Grande Giubileo Roger Etchegaray. Tra i Vescovi, in abito corale, che hanno assistito alla cerimonia di apertura della Porta Santa nell’atrio della Basilica, anche Mons. Crescenzio Sepe, Segretario Generale del Grande Giubileo. E poi autorità civili, il presidente della Repubblica italiana Ciampi con la consorte, il corpo diplomatico, trecento invitati; ma soprattutto, in san Pietro e nella piazza, una folta avanguardia  dell’intera umanità, accorsa a celebrare la centralità di Cristo, Parola del Dio vivente, nella storia del mondo; e desiderosa di passare, attraverso la Porta Santa, dal peccato alla grazia. E il Santo Padre, che ha iniziato il suo Pontificato con il grido: “Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo ”, ha ripetuto l’ ”annuncio gioioso ” della Chiesa all’intera umanità: “Ecco la verità che in questa notte la Chiesa vuole trasmettere al terzo millennio. E voi tutti, che verrete dopo di noi, vogliate accogliere questa verità, che ha mutato totalmente la storia. Dalla notte di Betlemme, l’umanità è consapevole che Dio si è fatto Uomo: si è fatto Uomo per rendere l’uomo partecipe della sua natura divina ”.

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