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Temi del Giubileo -  Ecumenismo

Una Porta che si apre sul cammino dell’ecumenismo
di Eleuterio F. Fortino

Il significato dell’apertura della Porta Santa a San Paolo fuori le mura il 18 gennaio – Rappresentanti delle Chiese cristiane nelle Chiese di Roma

“Tra le suppliche più ardenti di questa ora eccezionale... la Chiesa implora dal Signore che cresca l'unità fra tutti i cristiani delle diverse Confessioni  fino al raggiungimento della piena comunione". Questo orientamento dato da Papa Giovanni Paolo II è stato accolto dal Calendario del Grande Giubileo a Roma.

Il Calendario prevede “celebrazioni ecumeniche nelle basiliche ed in altre chiese, presiedute dai rappresentanti delle confessioni cristiane".

La Porta Santa

Per sottolineare la volontà di dare alle celebrazioni la propria dimensione ecumenica, l'apertura della Porta Santa in S. Paolo fuori le mura, anziché il 25 dicembre, avrà luogo il 18 gennaio in coincidenza dell'inizio della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. A questa celebrazione sono invitati e vi parteciperanno i rappresentanti delle Comunità Cristiane Mondiali. Sarà una celebrazione ecumenica dei vespri. Il rito dell'apertura della Porta Santa come inizio del Giubileo ha un carattere marcatamente cristologico e salvifico. Lo commenta il Papa nella Bolla di indizione del Giubileo (n.8). Dopo aver riportato il detto di Gesù "Io sono la porta" (Gv. 10, 7), Giovanni Paolo II spiega il significato applicato al Giubileo. Gesù fa quell'affermazione per indicare che nessuno può avere accesso al Padre se non per mezzo suo. Questa designazione che Gesù fa di se stesso attesta che egli solo e il Salvatore inviato dal Padre. C'è un solo accesso che spalanca l'ingresso nella vita di comunione con Dio: questo accesso è Gesù Cristo, unica ad assoluta via di salvezza. Solo a lui si può applicare con piena verità la parola del Salmista: E’ questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti (Sal 118 (117), 20). La celebrazione prevede che quel rito sia fatto insieme con i rappresentanti delle altre Chiese. Insieme, per mezzo della fede in Gesù Cristo, si varca la soglia della salvezza. Quel rito quindi assume la forma di una professione di fede in Gesù Cristo Signore e Salvatore, professione che si trova alla base della Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese ed anche nel proemio del decreto del Concilio Vaticano II sull'ecumenismo. All'alba del nuovo millennio i cristiani proclamano insieme la fede in Gesù Cristo. Per il Giubileo che commemora l’Incarnationis  mysterium è un momento espressivo. La celebrazione ha insita anche la preghiera per la piena unità, per superare le divergenze tuttora esistenti alla luce dell'insegnamento di Gesù Cristo. La celebrazione è aperta portando processionalmente l'Evangelo.

La Settimana per l'unità                                                                                                           I

A Roma si è sempre celebrata in vario modo e con diverse intensità: nelle parrocchie, nei movimenti, nelle associazioni, nei gruppi di promozione. La Commissione Ecumenica Diocesana assieme ai responsabili d'altre Comunità cristiane a Roma organizza un incontro di preghiera interconfessionale, una volta in una Chiesa cattolica e l'anno successivo in una Chiesa di un'altra Comunità. E' questa un'iniziativa feconda e spiritualmente densa, anche spesso con quelle tensioni interiori che provocano la constatazione della divisione. Per la settimana di preghiere del gennaio 2000 si è voluto dare un carattere più espressivo e partecipato. Saranno i rappresentanti delle altre Chiese che presiederanno giorno per giorno la preghiera per l'unità in diverse chiese di Roma, cattoliche e non cattoliche, in modo che si abbia ogni giorno un incontro di preghiera ecumenica.

Ovviamente, come ispirazione dì queste preghiere, si adotterà il sussidio, preparato per la preghiera per l’unità nel 2000: “Benedetto sia Dio… che ci ha benedetto in Cristo”.

La redazione di questo sussidio ha avuto un iter ecumenico interessate. La proposta di questo tema per la preghiera ed il primo progetto provengono da un gruppo ecumenico formato da rappresentanti delle quattro “famiglie” (ortodossa, cattolica, antiche Chiese orientali e protestante) che formano il “Consiglio delle Chiese del Medio Oriente". E' sembrato opportuno sollecitare questa iniziativa ai cristiani che vivono nella regione in cui Gesù Cristo è nato e dove ha svolto il suo ministero e da cui il cristianesimo ha incominciato a divulgarsi nel mondo intero. In seguito il progetto è stato rielaborato, per la divulgazione internazionale, dal Comitato Misto Internazionale composto da rappresentanti della Chiesa cattolica e del Consiglio ecumenico delle Chiese. Il testo quindi è sorto da una stretta cooperazione ecumenica a vario livello e ha lo scopo di facilitare preghiere ed eventi comuni fra i cristiani nelle varie parti del mondo.

Come testo base è stato preso l'inno della lettera agli Efesini, un inno di ringraziamento per la salvezza ricevuta in Gesù Cristo (Ef 1, 3 ‑14).

Quest'inno, durante gli otto giorni, sarà esplicitato giorno per giorno e ne saranno tratte anche le motivazioni ecumeniche. Innanzitutto 1’insieme degli otto giorni mette in rilievo le “benedizioni” ricevute in Cristo dai credenti. Tutto dipende dall'economia salvifica di Dio e dall'evento straordinario dell'incarnazione del Verbo di Dio che mise la sua "tenda" tra gli uomini come unico mediatore fra Dio e l'uomo. Il Signore d'Israele ha visitato il suo popolo (primo giorno). Da qui proviene la vocazione del popolo di Dio alla santità, a diventare a Sua immagine e somiglianza., ad esserne figli adottivi (secondo giorno). Come a figli adottivi viene rivelato il piano della volontà divina, che è quello di ricapitolare tutto in Cristo, di radunare in Cristo l’umanità intera attraverso la fede e la conversione e per mezzo del perdono dei peccati che proviene dalla Croce (quarto e quinto giorno). Da qui fiorisce la speranza, quella speranza che non delude perché fondata sullo Spirito di Dio posto nel cuore dei credenti. E la speranza è che la vita dei cristiani, conforme al Vangelo, sia culto vivente a Dio, a sua gloria e a lode (sesto – ottavo giorno).

Implicanze ecumeniche

La dimensione ecumenica del testo si trova nella constatazione che tale vocazione è comune a tutti i cristiani. Come tale è avvertita e professata. Il Decreto del Concilio Vaticano Il sull'ecumenismo ci aveva avvertito che gli altri cristiani si trovano “parecchi e segnalati elementi ... che provengono da Cristo e a Lui conducono” come “1a vita della grazia, la fede, la speranza e la carità” (UR 3).

Questa vocazione comune fondata sulla fede comune e sancita sacramentalmente dall’unico battesimo fa sì che tutti i cristiani, nonostante le perduranti divisioni, possano insieme proclamare nella gioia l'inno della lettera agli Efesini.

Nelle riflessione degli otto giorni emerge più volte la contraddizione fra la vocazione comune dei cristiani e la loro Storica divisione che "è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura" (U.R. 1).

Ciononostante si può costatare con verità che la ricerca dell'unità nell'ultimo secolo è stata feconda. Il Giubileo può richiamare quindi i cristiani a fare insieme una dossologia pure per i progressi del movimento ecumenico. Nell'enciclica sull'impegno ecumenico “Ut unum sint” (nn. 4176) il Santo Padre ha messo in rilievo i frutti del movimento ecumenico.

La sintesi del giudizio del Santo Padre potrebbe essere questa trasparente affermazione: “Frutto prezioso delle relazioni tra i cristiani e del dialogo teologico che essi intrattengono è la crescita di comunione". Lo stesso concetto viene esposto con un'altra più concreta precisazione: “Il Signore ha concesso ai cristiani del nostro tempo di poter ridurre il contenzioso tradizionale” (UUS, 49).

Se questa crescita di comunione giustifica la gioia nei cristiani per poter elevare un sincero ringraziamento a Dio, la concretezza delle divisioni permanenti emerse anche nella stessa preparazione del Giubileo ‑ ricordano alla coscienza cristiana il compito di essere fedeli alla propria vocazione e di tendere a quella unità visibile che il Signore vuole per i suoi discepoli. Questi infatti “anche se in modo diverso, aspirano alla Chiesa di Dio una e visibile, che sia veramente universale e mandata a tutto il mondo perché il mondo si converta al Vangelo e cosi si salvi per la gloria di Dio" (U.R. 1).

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