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I temi del Giubileo - L’ecumenismo 

IL PADRE NOSTRO PREGHIERA COMUNE DI TUTTI I CRISTIANI

Eleuterio F. Fortino 

"Si può giustamente affermare che il Padre Nostro è componente essenziale del patrimonio comune di tutta la cristianità".  Questa affermazione del sussidio per l’anno 1999 della Commissione Ecumenica del Comitato Centrale del Grande Giubileo introduce nella prospettiva ecumenica del giubileo dell'incarnazione del Verbo di Dio.  I cristiani, figli adottivi, redenti, riconciliati con il Padre, possono nello Spirito Santo rivolgersi a Dio invocandolo "Abbà-Padre" (Gal 4,6-7). Non solo.  Possono rivolgersi a Lui come al Padre Nostro.  Possono rivolgersi a Lui insieme come figli.  Questa preghiera, insegnata ai suoi discepoli da Gesù stesso, sin dall'inizio è stata vista come preghiera comunitaria dell'assemblea cristiana.  Il soggetto che prega è al plurale - "noi" - mentre ci si indirizza ad un solo Dio, ad un solo Padre che è dichiarato "nostro".  La domanda poi è rivolta per il bene di tutti (dacci, rimetti a noi ... non ci indurre in tentazione).  Sin dall'inizio è stata messa in rilievo questa dimensione comunitaria.  S. Cipriano afferma: "Il Padre Nostro è per noi una preghiera pubblica e comune e, quando preghiamo, non preghiamo per uno soltanto, ma per tutto il popolo, perché tutto il popolo è uno" (De Oratione Dominica, 8).

Anche nel movimento ecumenico il Padre Nostro è stata la preghiera che inizialmente ha radunato i cristiani a potersi rivolgere insieme a Dio.  All'inizio gli animi erano titubanti, alcuni reticenti, altri opposti.  La mancanza di piena unità nella fede rendeva problematica la preghiera comune.  Per i cattolici soltanto nel 20 dicembre del 1949 è stata aperta questa possibilità e proprio con la recita della preghiera insegnataci da Gesù.  L'Istruzione del S. Offizio all'episcopato cattolico sul “movimento ecumenico” affermava: "Benché in tutte queste riunioni e conferenze si debba evitare qualsiasi communicatio in sacris, però non è proibita la recita comune del Padre Nostro, o di una preghiera approvata dalla Chiesa cattolica con cui le stesse riunioni vengono aperte e chiuse" (AAS, 1950, 142ss).  In realtà questa preghiera fatta insieme sin dagli inizi del movimento ecumenico faceva percepire la comune appartenenza e la gioia della comunione che si andava ritrovando. Il messaggio della Conferenza mondiale del "Movimento per il cristianesimo pratico" (Life and Work) a Stoccolma (1925) si legge: "Quando noi ripetevamo insieme la preghiera del Padre Nostro, ognuno nella lingua che aveva appreso dalla propria madre, riacquistavamo la consapevolezza della nostra fede comune" (The Stockholm Conference, edited by G.K.A. Bell, London, 1926, 711).

Il sussidio della Commissione Ecumenica è strutturato nel suo commento ecumenico del Padre Nostro in due parti.  La prima raccoglie le prime tre domande che si riferiscono al Padre e sono tra loro intimamente connesse: "Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra". Questo aspetto dossologico e questa invocazione escatologica fatta insieme da cristiani in ricerca della piena comunione esprimono il riconoscimento della signoria di Dio sulle vicissitudini della storia ed il suo compimento definitivo.  In realtà manifestano il fondamento comune della loro fede, nonostante le reali divergenze, e l'orientamento definitivo comune.  Ma laddove la divisione fra i cristiani perdura, il nome di Dio non è pienamente santificato, l'avvento del regno è intralciato.  "Il Padre Nostro - afferma il sussidio - chiama ad un più approfondito impegno affinché nella comunione dei credenti sia sempre più visibile la loro unità nell'adorazione, nel servizio e nella missione".

Nella seconda parte del Padre Nostro i fedeli rivolgono al Padre tre domande che li riguardano: il nutrimento necessario, la remissione dei peccati e la liberazione dal male che minaccia la loro salvezza.  Si tratta della preghiera di impetrazione per il bene personale e comunitario dell’assemblea orante.

Ciascuna di queste domande ha forti implicazioni ecumeniche.  Innanzitutto questa preghiera esprime la nostra dipendenza da Dio che ci procura il sostentamento materiale e spirituale anche a perseverare nel cammino ecumenico. Il pane che chiediamo per oggi è sovrasostanziale (epioùsion).

Il sussidio rileva che la domanda del pane "non è orientata soltanto a considerare il nutrimento materiale".  L'uomo infatti non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Mt 4,4).  Il pane quotidiano è collegato "alla Parola di Dio, più particolarmente al pane eucaristico in quanto l'una e l'altra realizzano la comunione con Lui".  Si intravede qui il dramma spirituale della divisione dei cristiani: l'attuale impossibilità di celebrare insieme, a causa della divisione, l'unico sacrificio di Cristo.  Il sussidio commenta: "Quando il cristiano si rivolge al Padre per chiedergli il pane quotidiano, egli non può non essere addolorato nel constatare che gli è impossibile condividere l'eucaristia con tutti i suoi fratelli.  Tale constatazione deve indurlo a pregare e ad agire per realizzare la piena comunione, anche alla mensa del Signore".

La seconda invocazione si riferisce al perdono dei peccati e ad una intrinseca connessione del perdono ricevuto da Dio a quello che l'uomo deve dare al suo fratello: "Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori".  Il perdono è essenziale nella visione cristiana della vita. E’ anche una dimensione indispensabile della ricerca della piena unità.  L'astio tra i cristiani - per grazia di Dio ora sostituito da una crescente fraternità - è un serio problema spirituale posto dall'Evangelo stesso: "Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va prima a riconciliarti con lui e poi torna ad offrire il suo dono" (Mt 5, 23-24).  In questa prospettiva evangelica di riconciliazione tanto Paolo VI quanto Giovanni Paolo II hanno trovato l'occasione per chiedere perdono agli altri cristiani e per assicurare il perdono da parte dei cattolici per ogni eventuale offesa arrecata nel passato.  Il sussidio commenta: "Conversione e perdono sono il fulcro dell'idea biblica del Giubileo e trovano applicazione nella purificazione della memoria storica, la quale fa sì che i cristiani siano pronti a perdonarsi a vicenda e a riconciliarsi, riconsiderando insieme il loro passato doloroso, nella consapevolezza che il peccato è una realtà di ieri, di oggi e di domani, ma che la misericordia di Dio è eterna".

L'ultima domanda chiede la liberazione dal male e soprattutto dalla prova "con cui il maligno cerca di sottrarre il popolo ed i credenti dalla salvezza per trascinarli nella perdizione e nell'apostasia".  Alcuni fenomeni segnalati dalla lettera Tertio Millennio  adveniente come secolarismo, relativismo etico, consumismo materialista, mostrano attuale questa invocazione.  Nella stessa prospettiva, anche il popolo cristiano, che cerca di ristabilire la comunione ecclesiale, "chiede protezione da ogni tentazione che potrebbe deviare l'opera di riconciliazione, offendere la santità del nome di Dio, offuscare la ricerca del Regno e impedire la realizzazione della volontà divina". Il sussidio si conclude con questa considerazione: "Il Padre Nostro è la preghiera della comunità già unita nel riconoscimento del Padre comune nel culto e nel servizio e, allo stesso tempo, in cammino verso una comunione sempre più salda, traguardo anche di ogni azione ecumenica, prefigurazione della comunione piena e definitiva nella Gerusalemme celeste, la Città in cui saremo sempre con il Dio dell'amore e della pace".

Il sussidio riporta una questione inquietante posta, sebbene in un contesto diverso ma con molte similitudini, da S. Agostino.  Tutti i cristiani - anche i Donatisti, egli osserva - pregano lo stesso Padre Nostro.  "Tu dici come me - egli aggiunge - "Padre Nostro che sei nei cieli.  Diciamo la stessa cosa: perché non siamo uniti?".

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