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La consacrazione religiosa

Testimonianza di conversione e di rinnovamento

+ Piergiorgio Silvano Nesti Segretario CIVCSVA

E’ giunto il grande Giubileo del 2000, dopo tre anni di intensa preparazione, in cui il Santo Padre, con la Lettera Apostolica “Tertium Millennium Adveniente”, ci ha accompagnato proponendoci il mistero della Trinità, fondamento dell’identità cristiana, come tema di riflessione, di rinnovamento interiore e di comunione ecclesiale. E’ evidente che le prime ad essere impegnate in un radicale rinnovamento, in un cammino serio verso la più alta perfezione cristiana, sono le persone consacrate. Esse devono testimoniare nella nostra società le “meraviglie di Dio” e rendere visibile il Suo volto paterno, con una vita trasfigurata, in Cristo Gesù. Così, con tutta verità, possiamo affermare che la vita consacrata è un grande dono del Padre alla Chiesa e al mondo. Per manifestare questo dono riverberato nella vita consacrata è necessario collegarci al Battesimo, ove siamo divenuti figli di Dio, nel Figlio prediletto. Nella tradizione della Chiesa infatti la consacrazione religiosa è considerata come un fecondo e singolare approfondimento della consacrazione battesimale - non per questo però conseguenza necessaria!-. “A questa chiamata corrisponde uno speciale dono dello Spirito Santo, perché  la persona consacrata possa corrispondere alla sua vocazione e alla sua missione”, afferma l’Esortazione Apostolica “Vita Consecrata”(30c). La vita consacrata attraverso i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza,  pone al mondo le sfide fondamentali  che - in modo diverso - coinvolgono ogni persona nella propria vocazione. E’ il triplice aspetto della liberazione  dalla schiavitù delle passioni (castità), delle cose (povertà), dell’orgoglio (obbedienza). La scelta ‘radicale’ che la persona compie nella vita consacrata,  per molti è incomprensibile. In realtà essa è dono dello Spirito Santo e non si può comprendere se si riduce tutto a scelta unicamente umana. Quando la persona consacrata si impegna “nella pratica gioiosa della castità perfetta quale testimonianza della potenza dell’amore di Dio nella fragilità della condizione umana”(VC 88a), risponde efficacemente alla provocazione di una cultura edonistica  “che svincola la sessualità da ogni norma morale” e la rende schiava “di una sorta di idolatria dell’istinto”. Il motivo fondamentale della sua scelta però è la contemplazione dell’amore trinitario che Cristo ci rivela. In forza di questa esperienza “si sente capace di un amore radicale e universale che le dà la padronanza di sè e della disciplina necessaria per non cadere nella schiavitù dei sensi e degli istinti. La castità consacrata appare così come esperienza di gioia e di libertà” (VC 88b), che apre  il cuore  ai fratelli in un servizio animato dalla Carità. “Allo stesso modo la professione della povertà evangelica, vissuta in forme diverse e spesso accompagnata da  un attivo impegno nella promozione della solidarietà e della carità” (VC 89a), è risposta e provocazione “al materialismo avido di possesso, disattento verso le esigenze e le sofferenze dei più deboli e privo di ogni considerazione per lo stesso equilibrio delle risorse naturali” (VC 89a). “Il suo primo significato è testimoniare Dio come vera ricchezza del cuore umano. Ma proprio per questo contesta con forza l’idolatria di mammona, proponendosi come appello profetico nei confronti di una società che, in tanta parte del mondo benestante, rischia di perdere il senso della misura e il significato stesso delle cose” (VC 90a). “Tale testimonianza si accompagna, naturalmente, all’amore preferenziale per i poveri  e si manifesta in modo speciale nella condivisione delle condizioni di vita dei più diseredati” (VC 90b). Evidentemente, “ attraverso queste forme, diverse e complementari, la vita consacrata partecipa all’estrema povertà abbracciata dal Signore e vive il suo specifico ruolo nel mistero salvifico della sua incarnazione e della sua morte redentrice” (VC 90c). Poiché la libertà è un autentico valore, intimamente connesso con l’identità della persona, è comprensibile che l’obbedienza, se non è considerata nella luce liberante dello Spirito Santo, sia considerata un’insidia alla maturità della persona e alla sua creativa libertà. Oggi poi la difesa della propria pseudolibertà continuamente condizionata dal sovrapporsi delle emozioni e dalla debolezza del pensiero, scambia grossolanamente il concetto di libertà con il “fare quello che io ho voglia di fare!”, in un continuo agire da schiavi per passione, per debolezza, per ignoranza, per sete di vita facile, per dipendenza consapevole o inconscia. Bisogna risolversi a guardare Cristo nel suo mistero di morte e di risurrezione per intuire quale libertà l’obbedienza ci offre: “L’atteggiamento del Figlio svela il mistero della libertà umana come cammino di obbedienza alla volontà del Padre - che altro non vuole che la realizzazione piena delle sue creature -  e il cammino dell’obbedienza come progressiva conquista della vera libertà” (VC 91b). Chi si consacra a Dio, nella consapevolezza del suo rapporto filiale con il Padre, sceglie di accogliere la sua volontà come “cibo quotidiano, come sua roccia, sua letizia, come scudo e baluardo” (VC 91b) . La sua vita si fonda e si alimenta sulla Verità che Dio gli offre continuamente attraverso la sua Parola e le mediazioni che la sua situazione di vita comporta. Egli sa che “la vita fraterna è il luogo privilegiato per discernere e accogliere il volere di Dio e camminare insieme in unione di mente e di cuore” (VC 92a) per compiere la sua volontà. E’ la comunità il terreno dove fiorisce con grande realismo la verifica dell’amor di Dio. Non c’è altra strada. Per questo è sempre vigilante l’impegno di perfezionare nella carità la ‘vita comune’ così che diventi ‘comunità fraterna’. Nella comunità avviene “l’iniziazione alla fatica e alla gioia del vivere insieme. Nella fraternità ciascuno impara a vivere con colui che Dio gli ha posto accanto, accettandone le caratteristiche positive e, insieme, le diversità e i limiti. In particolare egli impara a condividere i doni ricevuti per l’edificazione di tutti poiché ‘ a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune’(1 Cor 12,7)”. Non si deve dimenticare, quindi che la comunità fraterna - che con i consigli evangelici è il secondo elemento fondante della vita consacrata - si costruisce partendo dalla preghiera personale e comunitaria che conferma nello spirito di fede.

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