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Interiorità, solidarietà, pellegrinaggio

Tre domande per riflettere

Enrico del Covolo

Conversione, penitenza, Riconciliazione... sono parole, che esprimono il significato profondo del Giubileo. Direttamente da esse dipende l’indulgenza. Si può vedere al riguardo la Bolla di Indizione ai n. 9-10-11.“L’Anno Santo, scrive il Papa al n. 11, è per sua natura un momento di chiamata alla conversione... L’esame di coscienza è uno dei momenti più qualificanti dell’esistenza personale... L’abbraccio che il Padre riserva a chi, pentito, gli va incontro sarà la giusta ricompensa per l’umile riconoscimento delle colpe. Si veda anche la Tertio Millennio Adveniente, al n. 31: “La gioia di ogni Giubileo è in particolare modo una gioia per la remissione delle colpe, la gioia della conversione”; e al n. 50: “L’annuncio della conversione come imprescindibile esigenza dell’amore cristiano è particolarmente importante nella società attuale, in cui spesso sembrano smarriti gli stessi fondamenti di una visione etica dell’esistenza umana”. In questa prospettiva di conversione scelgo tre parole, che in modo particolare si addicono al carisma della vita consacrata. Esse evocano la dimensione verticale (interiorità) e la dimenzione orizzontale (solidarietà) che devono caratterizzare in modo tutto speciale il pellegrinaggio della vita consacrata. Queste parole - a mio parere straordinariamente feconde di significato spirituale - sono appunto interiorità, solidarietà, pellegrinaggio. Parliamo anzitutto dell’interiorità ovvero dell’ambito specifico, del nostro personale, intimo rapporto con, il Signore. Che cosa significa, nel contesto giubilare l’invito all’interiorità? Significa non perdersi nelle cose esteriori; significa curare la vita interiore, in particolare il nostro rapporto d’amore con Dio. Il rischio a cui siamo esposti ogni giorno è quello della “schizofrenia tra la preghiera e la vita, tra la contemplazione di Dio e il servizio del prossimo. Per mettere ordine nella nostra vita, e raggiungere una sintesi equilibrata, occorre mettere al primo posto l’ascolto della Parola, che è “la parte migliore” anzi “l’unica necessaria”: leggi Luca 10,38-42. Maria seduta ai piedi di Gesù, è l’icona del discepolo fedele, che ascoltando la Parola supera il rischio di Marta, cioè il rischio di chi perde di vista il vero fine dell’agire. Interroghiamoci: sono costante nella lettura della Parola di Dio?  Com’è la qualità della mia frequenza ai Sacramenti? M’impegno a santificare il quotidiano attraverso le preghiere della giornata? E ancora: come gestisco nella mia esistenza il rapporto tra contemplazione e servizio, tra Parola pregata e ubbidienza concreta al Padre, tra Eucarestia e solidarietà con i fratelli, tra Riconciliazione e vita orientata alla conversione...? Parliamo poi della solidarietà, ovvero del nostro rapporto con gli altri. Possiamo rileggere a questo riguardo - sempre da Luca - la parabola dei buon Samaritano (10,25-37), facendo attenzione in modo particolare al secondo e al terzo momento della parabola. Questi due momenti rappresentano una domanda ineludibile, in linea con il radicalismo evangelico: tu, da che parte stai? Sei uno dal cuore duro, che “passa oltre” rispetto alle attese del prossimo, o sei uno dal cuore misericordioso? Non c’è una terza via. Le tue scelte, il tuo comportamento ti giudicano. 0 sei come il sacerdote e il levita, o sei come il samaritano. La cosa è tanto più inquietante, se si pensa che il sacerdote e il levita possono anche aver avuto i loro buoni motivi per non fermarsi: forse erano in viaggio per un ministero urgente. Ma il semplice fatto di “passare oltre” li giudica e li condanna. Hanno il cuore duro, non conoscono le “viscere dì misericordia” del loro Dio. Interroghiamoci: come si configura, di fatto, il mio rapporto con gli altri, sulla linea del sacerdote e del levita, o sulla linea dei Samaritano? Quali resistenze o difficoltà incontro per realizzare il progetto del buon Samaritano nella mia vita? Parliamo infine dei pellegrinaggi, ovvero del cammino della vita. C’è un brano, sempre di Luca, nel quale Gesù stesso si fa pellegrino con due viandanti (24,13-35). Non è difficile rintracciare le tappe fondamentali di questo pellegrinaggio. All’inizio viene rappresentata una situazione di sconforto e di delusione. Segue un incontro che suscita la discussione, provoca dei segni, e finalmente accendo la speranza. Poi la vita continua, ma ormai ha “cambiato segno” , è una vita nuova, una vita che si fa annuncio di speranza. L’episodio di Emmaus consente di confrontare le nostre relazioni con quelle di Gesù. Dalle pagine dei Vangeli egli appare raramente solo. Attorno a lui c’è quasi sempre la folla; ci sono gli ammalati, i curiosi, i discepoli. Ma al di là del numero degli incontri, quello che qui ci interessa è la qualità delle relazioni del Signore. Nessuno gli è indifferente. Tutta la sua persona è attenta all’altro. Gesù guarda, ascolta, dialoga. I suoi sensi, e soprattutto il suo cuore, sono aperti verso i veri interlocutori. Sia che si tratti di fedeli o di antagonisti, di donne o di uomini, di bambini o di adulti, la sua attenzione é totale, e gli fa intuire anche le domande inespresse. Gesù si manifesta così “il modello del  pellegrino”. Proviamo a descrivere più in dettaglio questo comportamento di Gesù (pensiamo al suo sguardo, al suo ascolto, al suo modo di dialogare ...), e confrontiamo il nostro atteggiamento con il suo. Dinanzi al Giubileo, l’atteggiamento più giusto dei consacrati è quello dei Magnificat. E’ insomma l’atteggiamento di stupore e di lode della Vergine Maria. “Donna del silenzio e dell’ascolto, docile nelle mani dei Padre, la Vergine Maria è invocata da tutte le generazioni come “beata”, perché ha saputo riconoscere le meraviglie compiute in lei dallo Spirito Santo”. Preghiamo dunque con le parole stesse che concludono la Bolla di indizione del Grande Giubileo, perché Maria “voglia intercedere con particolare intensità durante i prossimi mesi per il popolo cristiano, perché ottenga l’abbondanza della grazia e della misericordia, mentre gioisce per i duemila anni trascorsi dalla nascita del suo Salvatore. A Dio Padre nello Spirito Santo vada la lode della Chiesa per il dono della salvezza in Cristo Signore, adesso e nei secoli a venire (n.14).

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