Gesù Cristo unico Signore di tutti i cristiani
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L'ANNO DI GESÙ CRISTO
Commissione Ecumenica

GESÙ CRISTO UNICO SIGNORE DI TUTTI I CRISITANI

Eleuterio F. Fortino

La celebrazione del Grande Giubileo avrà per scopo la glorificazione della Trinità per la sua economia di salvezza. Commemorando l'incarnazione del Verbo di Dio, di cui propriamente ricorre il Giubileo, la celebrazione avrà un carattere spiccatamente cristologico così come indica il tema generale: «Gesù Cristo, unico Salvatore del Mondo, ieri, oggi e sempre» (cfr Ebr 13,8). In realtà la struttura ideale del triennio di preparazione (1997-1999) non può che essere teologica, cioè trinitaria (TMA, 39), anche se centrata su Cristo, Figlio di Dio fatto uomo. La scelta di riflessione, anno per anno, su una delle Persone della Trinità, non è una qualche frammentazione della Trinità, ma semplicemente un opzione catechetica, che si concentrano su una delle tre Persone, ma sempre nella visione trinitaria della fede cristiana. Altrettanto si deve dire dell'inizio della preparazione partendo dal secondo articolo del Credo e non dal primo su Dio Padre.

Pertanto questo primo anno della preparazione è «dedicato alla riflessione su Cristo, Verbo del Padre, fattosi uomo per opera dello Spirito Santo» (TMA, 39). Questa impostazione del Giubileo sulla centralità di Gesù Cristo e sulla glorificazione della Trinità ha una piattaforma ecumenica di fondamentale importanza.

La Lettera Apostolica Tertio Millennio Adveniente lo mette in evidente risalto: «Proprio sotto il profilo ecumenico, questo sarà un anno molto importante, per volgere insieme lo sguardo a Cristo unico Signore, nell'impegno di diventare in lui una cosa sola, secondo la sua preghiera al Padre. La sottolineatura della centralità di Cristo, della Parola di Dio e della fede non dovrebbe mancare di suscitare nei cristiani di altre Confessioni, interesse e favorevole accoglienza».

Nell'impostazione teologica della tematica del Giubileo proposta dal Santo Padre si riscontrano gli elementi che fondano la parziale, ma vera, comunione esistente fra i cristiani. Due testi, di diversa provenienza, ma fra loro coerenti e convergenti, possono illustrare questa affermazione.

Affermazione del Concilio Vaticano II

Da parte della Chiesa cattolica il Concilio Vaticano II indicando la base della ricerca della piena unità fra i cristiani ha affermato: «A questo movimento per l'unità, chiamato ecumenico, partecipano tutti coloro che invocano la Trinità e professano la fede in Gesù Cristo, Signore e Salvatore, e non solo singole persone, ma anche riunite in Comunità» (UR 1). A base della ricerca ecumenica si trova quindi la professione di fede in Gesù Cristo e nella Santa Trinità. Se questa è la base comune, gli elementi di comunione sono molti altri e differenziati fra le varie Chiese e Comunità ecclesiali come specifica la Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, la quale afferma che con gli altri cristiani "la Chiesa sa di essere congiunta per più ragioni" (LG 15). Il Concilio, oltre alla fede in Gesù Cristo e nella Trinità annovera, altri elementi di comunione. E afferma che gli altri cristiani hanno in onore la Sacra Scrittura come norma di fede, sono segnati dal battesimo con cui vengono congiunti con Cristo, riconoscono altri sacramenti. Molti fra loro hanno anche l'episcopato, celebrano la Sacra Eucaristia e coltivano la devozione a Maria.

Affermazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese

Il secondo testo proviene dalle altre Chiese e Comunità ecclesiali. La Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) così definisce la sua base: «Il Consiglio Ecumenico delle Chiese è una comunione di Chiese che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore secondo le Scritture e che quindi cercano di compiere insieme la loro comune vocazione a gloria dell'unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo» (Costituzioni del CEC, art.1). Questa organizzazione di promozione ecumenica, costituita nel 1948, comprende oggi 324 Chiese membri. La chiesa cattolica non ne fa parte, ma collabora fin dal Concilio in diversi settori e in regolare consultazione attraverso il Gruppo misto di Lavoro creato già nel 1965. La base quindi della Costituzione del CEC, base che devono accettare tutte le Chiese che domandano l'adesione, è la confessione di fede in Gesù Cristo e nella Trinità. Come si è visto è questa anche la prospettiva della celebrazione del Giubileo. E' una base che abbraccia tutti i cristiani.

Battesimo legame sacramentale

Tra gli elementi di comunione tra i cristiani un ruolo decisivo lo ha il battesimo. La Lettera apostolica TMA invita quest'anno 1997 alla "Riscoperta del battesimo come fondamento dell'esistenza cristiana" (n.40). Questo studio proposto dal Papa conduce anche a considerare la rilevanza del battesimo nel rapporto con gli altri cristiani. Il Concilio è esplicito quando dichiara che gli altri cristiani "giustificati dal battesimo nella fede, sono incorporati a Cristo, e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani e dai figli della Chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti quali fratelli nel Signore".

L'incorporazione in Cristo di ogni battezzato nel nome della Santa Trinità costituisce l'unico Corpo di Cristo, una realtà misteriosa di grazia che nessuna divergenza sopraggiunta può cancellare o far ignorare. Il Direttorio per l'applicazione dei principi delle norme sull'ecumenismo (1993) raccogliendo l'orientamento conciliare e il senso delle realizzazioni post-conciliari fa questa sintesi: «Per mezzo del sacramento del battesimo una persona è veramente incorporata a Cristo e alla sua Chiesa e viene rigenerata per partecipare alla vita divina. Il battesimo costituisce quindi il vincolo sacramentale dell'unità tra tutti quelli che, per suo mezzo, sono rinati» (n.92). Ed è proprio sul sacramento del battesimo che il Direttorio fonda la "comunione di vita e di attività spirituale tra i battezzati" (n.92-160).

La Fede in Gesù Cristo, unico Salvatore

La fede in Gesù Cristo, Signore e Salvatore, e nella Trinità, nel vincolo sacramentale del battesimo, che si riceve dopo la professione di fede, costituisce la comunione fondamentale esistente tra i cristiani. Le prime divisioni di cui restano espressioni tuttora sono avvenute dopo il terzo e quarto concilio ecumenico (Efeso 431, Calcedonia 451). Il simbolo niceno costantinopolitano è stato formulato e proclamato dai primi due concili ecumenici (Nicea 325 e Costantinopoli 381). Per questo il Catechismo della Chiesa Cattolica può affermare che questo simbolo «è tuttora comune a tutte le grandi Chiese dell'Oriente e dell'Occidente» (n.196). Negli anni scorsi questo simbolo è stato studiato dalla commissione dottrinale "Fede e Costituzione" del Consiglio Ecumenico delle Chiese, che ne ha fatto una spiegazione ecumenica. In essa si espene il comune della professione di fede, ma si indicano anche i problemi che restano aperti. Lo scopo del progetto è di "aiutare le Chiese a tendere verso la confessione comune della fede apostolica". È particolarmente interessante perché si è presa come base della spiegazione la "fede apostolica così come essa è confessata nel simbolo di Nicea-Costantinopoli, 381".

Con alcune antiche Chiese d'oriente (Chiesa assira, e quelle Chiese dette precalcedonesi perché non accettavano le formulazioni cristologiche del concilio ecumenico di Calcedonia, 451) e cioè: la Chiesa copta, la Chiesa etiopica, la Chiesa sira, la Chiesa armena) rimaneva un contenzioso cristologico su come intendere la persona e le due nature, divina e umana, di Gesù Cristo. Con le nuove relazioni stabilite fra la Chiesa cattolica e queste Chiese, quel contenzioso è stato chiarito. Diverse dichiarazioni comuni fra il Santo Padre e i Patriarchi di quelle Chiese hanno proclamato che oggi insieme confessiamo che Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, una persona in due nature. Questa chiarificazione libera gli spiriti da una reticenza e da un sospetto reciproci che rendevano tutte le relazioni titubanti. E' un evento importante nelle relazioni ecumeniche. La chiarezza nella professione di fede in Gesù Cristo rafforza la comunione fra i cristiani.

Le più recenti dichiarazioni comuni in questo senso sono state quelle con i due Catholicos armeni (di Etchmiadzine e di Antelias), nel mese di dicembre 1996 e di gennaio 1997. Con il Catholicos di Etchmiadzine, Patriarca supremo di tutti gli armeni, il Santo Padre ha potuto dichiarare che Gesù Cristo è «Dio perfetto nella sua divinità, uomo perfetto nella sua umanità; la sua divinità è unità alla sua umanità nella Persona dell'Unigenito Figlio di Dio, in una unione che è reale, perfetta, senza confusione, senza alterazione, senza divisione, senza forma di separazione alcuna» (14 dicembre 1996). Negli anni passati dichiarazioni simili erano state fatte con il Patriarca copto S.S.Shenouda III, con il patriarca siro S.S.Zakkha Iwas. Nel novembre 1994 un'altra Dichiarazione comune era stata fatta con il Patriarca della Chiesa Assira Mar Dimkha IV. Nell'enciclica Ut unum sint, il Santo Padre ha fatto questa positiva sintesi: «Per le tradizionali controversie sulla cristologia, i contatti ecumenici hanno reso dunque possibile chiarimenti essenziali tanto da permetterci di confessare insieme quella fede che ci è comune"» (n.63). Più recentemente, durante la settimana di preghiera per l'Unità dei cristiani (23 gennaio 1997), il Santo Padre ribadiva: «Incomprensioni teologiche, difficoltà linguistiche, diversità culturali avevano per tutti questi secoli, impedito un vero dialogo. Il Signore ci ha concesso, con nostra profonda gioia, di professare finalmente insieme la stessa fede in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo». Le Chiese e le Comunità ecclesiali si affacciano quindi verso il nuovo millennio con la volontà di annunciare alle nuove generazioni la fede comune in Gesù Cristo Signore e Salvatore.

Strumenti di salvezza

L'incorporazione a Cristo conferisce anche alle altre Chiese e Comunità ecclesiali un mistero di salvezza tra gli uomini, predicando l'evangelo e celebrando il battesimo, convocando nuove generazioni e popoli che non conoscono Gesù Cristo in comunità che confessano Gesù Cristo Signore e Salvatore.

Il Concilio Vaticano II, nei confronti di queste Chiese e Comunità ecclesiali in relazione alla realizzazione della salvezza, ha dichiarato: «Quantunque crediamo che hanno delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Perché lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come strumenti di salvezza, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità, che è stata affidata alla Chiesa Cattolica» (UR 3). Lo spirito di Cristo opera quindi nelle altre Chiese e Comunità ecclesiali e attraverso di esse, opera la salvezza e la santificazione. Il Santo Padre considerando i testimoni della fede Cristiana di questo secolo, sotto le persecuzioni naziste e comuniste ed altre, ha potuto dire: «In una visione teocentrica noi cristiani abbiamo già un martirologio comune»(Ut unum sint n.84). Inoltre egli ha esplicato il senso con queste parole: «questi santi vengono da tutte le Chiese e Comunità ecclesiali, che hanno aperto loro l'ingresso nella comunione della salvezza» (ibidem).

Già il Concilio Vaticano II aveva sottolineato l'esigenza di apprezzare l'opera di Cristo attraverso le altre Chiese e Comunità ecclesiali. «Riconoscere le ricchezze di Cristo e le opere virtuose degli altri, i quali rendono testimonianza a Cristo, talora fino all'effusione del sangue, è cosa giusta e salutare: perché Dio è sempre mirabile e sublime nelle sue opere» (UR 4). Nella catechesi dell'anno preparatorio in corso del Giubileo di Gesù Cristo non si può assolutamente ignorare quest'aspetto della sua opera. Altrimenti non soltanto si fa una catechesi monca, ma si limita l'azione di Cristo. Riconoscerlo, tra l'altro, è fonte di gioia cristiana.

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