Incontrare Gesù Cristo nella liturgia
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L'ANNO DI GESÙ CRISTO
Commissione Liturgica

INCONTRARE GESU' CRISTO NELLA LITURGIA

Corrado Maggioni

Nell'esortare a prepararci al Giubileo dedicando quest'anno «alla riflessione sul mistero di Cristo» e facendo leva «sulla riscoperta del Battesimo» (cf TMA, n. 40-41), Giovanni Paolo II ci orienta sapientemente a coniugare la conoscenza di Cristo: chi è Gesù Cristo?, con l'esperienza viva di Lui: dove-come incontrarlo oggi?

Se al primo interrogativo risponde la catechesi, nelle sue molteplici forme, al secondo risponde la celebrazione liturgica, la quale si presenta con la sua mirabile pienezza cristologica. Realmente presente nella comunità riunita nel suo nome, Cristo parla e opera «qui e ora, per noi»: annunzia il Vangelo e dona a chi l'accoglie con fede la forza di metterlo in pratica; mediante il santo lavacro rende i credenti membra vive del suo Corpo, li consacra con la santa unzione, per loro spezza il Pane della vita ed effonde il suo Sangue nel calice della salvezza... La liturgia ci concede di vivere in-con-per Cristo, nella potenza dello Spirito, a gloria del Padre.

Il nostro impegno in ambito liturgico, verso il Giubileo, si profila dunque in due direzioni: l'una sul versante formativo, ossia l'approfondimento del valore della celebrazione cristiana, e l'altra sul versante celebrativo, ossia la promozione della qualità della preghiera liturgica. Attorno a questi aspetti si è mossa, infatti, la riflessione all'interno della Commissione liturgica del Comitato Centrale che, a complemento del sussidio «Verso il Grande Giubileo dell'anno 2000», ha inviato in data 1° dicembre 1996 una Lettera circolare ai Presidenti dei Comitati Nazionali, a firma del Presidente, Mons. Geraldo M. Agnelo.

Il significativo titolo della Lettera: «Incontrare Gesù Cristo nella liturgia», evidenzia l'appello a far tesoro della via liturgica per essere «toccati» da Cristo, in quanto via maestra, a tutti aperta e a tutti indicata. Lo ricordano i nn. 2 e 3 della Lettera, dove si osserva che «non c'è guida più sicura, tradizionale e insieme pedagogica della liturgia, poiché, come insegna il Concilio Vaticano II, è in essa, massimamente nel divino sacrificio dell'Eucaristia, che "si compie l'opera della nostra redenzione". ... Quando infatti i cristiani si riuniscono, in primo luogo la domenica per celebrare l'Eucaristia, essi s'incontrano con Cristo, presente nella Chiesa che prega e loda, presente nella sua Parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si proclamano le sacre Scritture, presente nella persona del sacerdote, presente in modo del tutto speciale nel sacrificio eucaristico, sotto le specie consacrate del pane e del vino (cf SC, n. 7)».

1. Riflettere sul significato della celebrazione del mistero di Cristo

La preparazione al Giubileo è un'occasione propizia per applicare quanto il Concilio Vaticano II ha richiamato a tutta la Chiesa e a ciascuno (cf TMA, nn. 18-20). In campo liturgico è quindi l'occasione propizia per interiorizzare l'insegnamento della Sacrosanctum Concilium - ripreso nel Catechismo della Chiesa Cattolica per spiegare la liturgia della Chiesa - e per comprendere ed applicare la riforma liturgica che ne è derivata. Se è ormai completato l'impegno di riformare i libri liturgici, resta ancora molto da fare per il loro corretto e fruttuoso uso.

Lavorare in questo senso non significa escogitare novità celebrative o aumentare la quantità delle celebrazioni, quanto innanzitutto valorizzare al meglio la normale economia liturgica della Chiesa, a cominciare dall'itinerario «sacramentale» dell'Anno liturgico, illuminato dallo splendore del Triduo Pasquale e segnato dalla Domenica, giorno in cui mediante l'Eucaristia Cristo «appare» tra i suoi discepoli per spiegare loro il senso delle Scritture e trasfondere, in essi, mediante la partecipazione al suo Corpo e Sangue, la vita divina (cf Lc 24).

La Chiesa pellegrina nel tempo non potrebbe vivere senza celebrare, poiché le verrebbe a mancare quella mirabile trasfusione profluente dal costato del Signore Risorto, che le permette di formare con Lui un solo corpo, irrorato dal medesimo flusso sanguigno iniziato sulla Croce. Così scrive al riguardo il Santo Padre, citando gesti e formule della notte pasquale: «Nella liturgia della Veglia pasquale il celebrante, mentre benedice il cero che simboleggia il Cristo risorto, proclama: "Il Cristo ieri e oggi, Principio e Fine, Alfa e Omega. A lui appartengono il tempo e i secoli. A lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno". Egli pronuncia queste parole incidendo sul cero la cifra dell'anno in corso. Il significato del rito è chiaro: esso mette in evidenza il fatto che Cristo è il Signore del tempo; è il suo principio e il suo compimento; ogni anno, ogni giorno ed ogni momento vengono abbracciati dalla sua Incarnazione e Risurrezione, per ritrovarsi in questo modo nella "pienezza del tempo". Per questo anche la Chiesa vive e celebra la liturgia nello spazio dell'anno. L'anno solare viene così pervaso dall'anno liturgico, che riproduce in un certo senso l'intero mistero dell'incarnazione e della redenzione... Ogni domenica ricorda il giorno della risurrezione del Signore» (TMA, n. 10).

Se dai testi evangelici si giunge a professare che storicamente il Verbo di Dio si è incarnato dalla Vergine, per opera dello Spirito Santo, che è morto ed è risorto per la redenzione del mondo, nel momento della celebrazione liturgica, invece, si incontra sacramentalmente Cristo che ha preso corpo-sangue per essere il «Dio con noi e per noi»: lo si ascolta, lo si loda, lo si ringrazia, lo si accoglie, lasciandosi coinvolgere nella sua logica offertoriale, si fa comunione con Lui per vivere in Lui; si avverte il soffio vitale del suo Santo Spirito; si ringrazia con tutto il cuore il Padre, sorgente del disegno dell'incarnazione redentiva; ci si edifica come Chiesa, umanità riconciliata dal «Dio con noi e per noi». In breve, si entra dentro il mistero, incontrandosi vitalmente con il Verbo di Dio che domanda di prendere dimora in noi, con il Padre nello Spirito Santo, attraverso «i santi segni». La celebrazione liturgica, per la natura che la contraddistingue, perpetua infatti l'accessibilità di Cristo Redentore. San Leone Magno lo ha mirabilmente espresso così: «quanto del nostro Redentore era visibile è passato nei sacramenti» (Tractatus 74, 2: CCL 138 A, 457).

2. Promuovere la qualità delle nostre celebrazioni

La comprensione delle preghiere, dei gesti, dei canti, dei segni liturgici permette di percepire qual è la conoscenza-esperienza che la Chiesa in preghiera ha della compagnia di Cristo. E si sa che la celebrazione non rigenera la Parola tanto per l'udito o il dire teologico, ma la rigenera nella vita degli oranti, rinnovandola. L'evento della Parola che si è fatta corpo-sangue, per opera dello Spirito Santo, nella Vergine credente, rivive nel mistero dell'Eucaristia: dalla mensa della Parola alla mensa del Corpo-Sangue del Signore, affinché, chi vi partecipa, diventi Corpo di Cristo operante nel mondo, prolungandone l'incarnazione redentiva.

Mentre gli oranti ascoltano, cantano, acclamano, lodano, invocano il Cristo Signore, e il Padre per mezzo di Lui, non stanno rappresentando una scena come farebbero degli attori di teatro, ma stanno dicendo, celebrando, vivendo, il loro coinvolgimento in quell'evento: stanno sperimentando il farsi presente del mistero della redenzione, con i suoi frutti, nella loro esistenza, partecipandovi in prima persona.

Risalta così l'importanza della partecipazione interiore alla liturgia, prima di quella esteriore. In tal modo si comprende quanto fallace sia l'insinuarsi del falso convincimento che a un maggior «fare» esteriore durante la celebrazione corrisponda una migliore partecipazione. Viene in luce anche l'importanza della «verità» dei segni: l'altare, segno di Cristo, non può essere trasformato in porta oggetti come fosse una credenza, né il presbiterio, dove agisce «in persona Christi» il sacerdote, confuso con un palcoscenico, né il fonte battesimale ridursi ad una bacinella con un'ampollina, né la consegna della veste bianca semplificarsi nel deporre sul neobattezzato un ritaglio di stoffa non indossabile, né il cero pasquale, segno del Cristo risorto e sempre vivo, esprimersi in una colonna di plastica che non si vede mai consumarsi nel suo far luce più che «la stella del mattino»...

Se la liturgia è incontrare Gesù Cristo, ne consegue che la tematica indicata per questo primo anno del triennio preparatorio al 2000 dev'essere l'occasione per esaminarci sulla qualità delle nostre celebrazioni, verificandone la bellezza, l'incisività, la fruttuosità, potenziando quanto serve e riducendo ciò che disturba la preghiera in tutte le sue dimensioni. E' un compito questo che interpella innanzitutto chi ha delle responsabilità in ordine alla conduzione delle celebrazioni: vescovi, presbiteri, diaconi, lettori, accoliti, cantori, organisti, animatori e gruppi liturgici, sacrestani... Ma non deve sfuggire che la liturgia interpella in prima persona tutti i battezzati, gli adulti e i bambini, gli anziani e i giovani, i sani e i malati. Ciascuno dovrebbe davvero poter esclamare con sant'Ambrogio: «nei tuoi sacramenti, Cristo, io ti incontro faccia a faccia» (De Apologia prophetae David, 12,58; PL 14, 916).

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