Samizdat: il risveglio della coscienza
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SAMIZDAT: IL RISVEGLIO DELLA COSCIENZA

Pia Vincenti Guzzi

Improvvisamente nacque il samizdat. Nessuno sa come sia incominciato, nessuno sa come funzioni, eppure c'é, esiste e risponde alle reali esigenze del lettore... alla fine c'é sempre qualcuno che ritorna in sé e si scuote di dosso la maledizione del letargo. (Nadezda Mandel'stam)

Dopo la morte di Stalin, con il disgelo, tra gli anni cinquanta e sessanta, prende avvio in Unione Sovietica un movimento di intensa rinascita spirituale e morale che si esprime attraverso il samizdat, l'autoeditoria o editoria indipendente, polemicamente contrapposta al gosizdat, l'editoria di Stato, permeata dell'ideologia egemonica e altisonante del regime.

Come alternativa al rigido dogmatismo della cultura ufficiale, il samizdat - libera letteratura del sottosuolo - non è solo uno dei più interessanti fenomeni artistici, filosofici ed intellettuali di questo secolo, ma è innanzi tutto un evento spirituale di ampio respiro, di eterno valore, destinato ad investire e a trasformare dal profondo ogni fibra della vita politico-sociale sia dell'Oriente che dell'Occidente. Esso manifesta in modo limpido e forte l'esigenza di superare la paura, la menzogna, l'indifferenza, di creare o riplasmare la coscienza, di risvegliare il senso di responsabilità, di riconfermare gli ideali soffocati dall'ateocrazia di Stato, di stabilire nuove relazioni interpersonali fondate sul valore supremo dello spirito che è presente in ognuno e che, più intimo all'uomo di quanto sia egli a se stesso, è l'unico a consacrarne la vera dignità.

Radicale e provocatorio è il messaggio veicolato dal samizdat: muovendosi nell'esclusiva sfera della realtà superiore e trascendente, esso si rivela antitetico sia al materialismo scientifico su cui è eretto il sistema sovietico, sia a quello consumistico, frutto del capitalismo borghese. Di fronte a questi due materialismi, diversi nella loro concezione e formulazione, ma parimenti alienanti, il samizdat propone un suo nuovo umanesimo, percorre un suo originale "rinascimento", attuando un rivolgimento antropologico senza precedenti, teso a promuovere l'anima e l'interiorità inviolabili dell'uomo, a ribadire il primato dell'uomo sulla società, a valorizzare al centro dell'universo un uomo emancipato dall'obbligatorietà e dal conformismo degli slogan collettivistici, un uomo finalmente restituito a se stesso, tornato a essere persona, individuo, creatura fatta ad immagine e somiglianza del suo Dio.

Sfidando la miope opposizione e la feroce repressione del governo, la censura mortificante e il rozzo dirigismo del partito, squarciando le tenebre dell'apatia e dell'acquiescenza, è per quest'uomo nuovo che il samizdat chiede autonomia e libertà - proprio quella libertà che proviene dallo Spirito - , è per lui che invoca la speranza della rigenerazione e del riscatto.

Sin dagli inizi, con la nascita a Mosca e a Leningrado delle prime riviste clandestine, il samizdat avanza e si propaga come un fiume in piena, inarrestabile. Dal suo alveo sotterraneo innalza un grido, che è la voce di milioni di esseri violentati e offesi, uomini e donne - i più rimasti senza volto e senza nome - scomparsi nei "crematori bianchi" del Nord o inghiottiti dal sistema concentrazionario dei gulag. Ciò che essi hanno comunicato con la vita e con la morte viene scrupolosamente raccolto e registrato e, diviene "verbo", testimonianza, denuncia, atto d'accusa, professione di fede, testamento spirituale per l'umanità intera. Tutte le voci, "fuori dal coro", dissenzienti e perciò imbrigliate dall'apparato di regime, trovano sfogo e libera espressione - dalla poesia al racconto, dal saggio al memoriale, dalla lettera alla petizione - nei fogli delle edizioni clandestine del samizdat. L'autoproduzione del sottosuolo è destinata poi alla auto-riproduzione e alla autodistribuzione. Questa singolare catena editoriale, costituita sul principio morale assoluto del rispetto e della difesa dell'uomo e dei suoi diritti, continua ad allargarsi: fotocopiato, dattiloscritto, o addirittura ricopiato a mano in decine, centinaia di esemplari, il materiale "proibito" circola, moltiplicandosi in proporzione geometrica, diffondendosi a raggio sempre più ampio da un confine all'altro dell'URSS, e talora riuscendo persino a varcare la Cortina di Ferro e a filtrare in Occidente.

All'interno del samizdat, nel coagulo di istanze di contestazione, rinnovamento e sfida che esso mobilita, vanno individuate sostanzialmente tre correnti dottrinali: quella marxista-leninista, quella liberale e quella cristiana. E' su quest'ultima che ci si vuole qui soffermare. Il samizdat religioso prodotto negli ambienti cristiani testimonia inconfutabilmente la vitalità della fede e lo spirito di resistenza dei credenti delle varie confessioni, al di là di qualsiasi tentativo di manipolazione, pressione compromesso o ingerenza da parte del regime. Per il socialismo sovietico non è stato sufficiente, negare Dio, esso ha cercato in tutti i modi di cancellarlo dalle anime, di enuclearlo dalle coscienze, strutturando una società intrisa di laicismo, nella quale ogni elemento sovrannaturale venisse non solo costretto e soffocato in uno spazio sempre più angusto, ma, condotto attraverso un'insidiosa campagna ateistica ad una dimensione di totale rarità ed estraneità, dovesse anche esaurirsi ed estinguersi. Sconfinata è stata la sofferenza di chi non ha accettato di esautorare Dio, implacabile la macchina repressiva messa in moto dal regime, però in fondo ad ogni patimento e morte affrontati per la fede, in fondo ad ogni agonia consumata per Cristo, c'è sempre vita nuova e luce, luce per le vittime e i carnefici, per i perseguitati e i persecutori, luce per quella terra d'Oriente così martoriata ma anche per quest'Occidente "risparmiato" e colpevole di avere troppe volte elevato un muro di silenzio e di indifferenza attorno al dramma dei fratelli dell'Est.

Nelle prigioni e negli ospedali psichiatrici, nei lager e nelle località di confino, i cristiani hanno reso una testimonianza corale, accomunati in un'offerta sacrificale che ha fatto emergere fra di loro la vera unità radicata nel martirio, anche di questa "follia della croce" che ha ricapitolato tutti in Gesù, è stata portavoce la letteratura del samizdat.

«Mio caro figliolo, ricordati ciò che fu detto a Maria, Madre di Gesù: " E anche a te una spada trafiggerà l'anima." Insieme con te trascorro in trepidazione ogni giorno della prigionia. Prendo il cibo, dono di dio, sospirando; tu ne sei privato eppure è stato elargito dalla generosa mano del Creatore ai buoni come ai malvagi, a sufficienza. Come te sopporto l'affanno della nuova deportazione e me ne cruccio; dove ti hanno condotto e perché? Dove sei, adesso? Quale rozza mano, quale cuore indurito infligge alla tua giovane anima ancora nuove ferite?

... Ho visto volti contorti dalla crudeltà assumere lineamenti umani solo per una buona parola. Quale grande compito risvegliare i caduti, uomini diventati simili a bestie selvagge. So tutto figlio mio, so quanto sia duro farlo adesso, perciò il mio cuore è profondamente angustiato e sento come Dio, che ha creato gli uomini a sua immagine e somiglianza, ne soffra ancor di più.

... Come per tutta la vita ho creduto nel trionfo del bene, così anche ora vi credo. Spero sempre nel risveglio dell'umanità e della giustizia. In ciascuno vedo un uomo e non posso ammettere il pensiero che il male vinca... Credi anche tu negli uomini, credi che sotto la dura scorza dei cattivi sentimenti, profondamente nascosta, si trova pure la raffigurazione della vera origine divina...». ( da due lettere del 1967 di Lidija Vins, credente evangelico-battista ucraina)

«In manicomio ho riflettuto a lungo sul fatto che nel mondo tutto avviene secondo la volontà di Dio. Essa è tanto meravigliosa da mantenere integra la libertà dell'uomo e contemporaneamente da condurre l'uomo e l'umanità intera per le sue vie misteriose...

Dei criminali hanno rinchiuso in manicomio un individuo inoffensivo, come io sono, pensando così di spaventarmi e di farmi smettere di annunciare il Vangelo... Viene naturale chiedersi: non saranno forse onnipotenti?... Sembrerebbe di si... ma non sono riusciti ad incutermi paura, anzi, ancora una volta si sono coperti di vergogna davanti a chi legge queste mie memorie.

Forse sarò nuovamente internato, ma il risultato non cambierà. Se verrò ucciso, faranno di me un santo e non per i miei meriti - non li ho - ma per il loro delitto. Ancora non si sa che cosa sia peggio per loro: eliminarmi, rinchiudermi o lasciarmi in pace ... Dove sta la loro onnipotenza?...

Questo piccolo esempio non può spiegare esaurientemente il mistero che sovrasta il tutto, ma mi offre un indicazione chiara sulla relazione che c'è fra la libertà dell'uomo e la Grande Onnipotenza. Ogni azione genera una misteriosa reazione che possiamo anche non comprendere, non cogliere; è essa, comunque, che riequilibra e ristabilisce il senso delle cose. Il risultato è che tutto si muove nell'arcana direzione che Dio ha disposto». ( da Memorie dalla casa rossa , 1969, di Gennadij Simanov, credente ortodosso russo)

«... Ringrazio Dio di poter pregare. In modo particolare mi conforta la Via Crucis, perché con il mio piccolo sacrificio posso associarmi al Sacrificio salvifico del Cristo. Nel convoglio dei prigionieri e in cella sono l'unico detenuto per motivi di coscienza. Ho incontrato esseri privi di umanità e ho avuto modo di parlare un po' di Dio.

Se coloro che, da noi, fanno professione di ateismo potessero vedere questo mondo, si renderebbero conto del baratro in cui le loro ideologie sospingono la gente: non soltanto portano via all'uomo l'eternità, ma lo spogliano anche di ogni umanità.

Sono tranquillo, sereno. In questo momento sto meditando sul sacerdozio di Cristo e quotidianamente rinnovo al Signore il mio fiat. Per quanto sono riuscito ho lavorato per la gloria di Dio, per il bene della Chiesa e della mia nazione. Non ho rimpianti; temo soltanto che il Signore possa accusarmi di aver fatto troppo poco.

Pregate per me, perché sappia sempre comportarmi da sacerdote nei confronti dei nemici di Dio e della Chiesa» (da una lettera del 1983 di Alfonsas Svarinskas, sacerdote cattolico lituano).

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