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Una Quaresima di attesa nel pellegrinaggio verso la Porta Santa
Crescenzio Sepe

Non esiste forse un tempo più propizio della Quaresima per cogliere il senso e il significato più autentico del Grande Giubileo del 2000.

Viviamo il tempo dell'annuncio e dell'attesa della Pasqua di Resurrezione.

Siamo nel pieno di una vigilia che prorompe essa stessa di spiritualità e nella quale riecheggia con forza l'appello dell'apostolo Paolo: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2 Cor. 5, 20).

E' l'appello che il Santo Padre ha riproposto all'Angelus di domenica 14 febbraio, tutto centrato sul rapporto tra Quaresima e Giubileo e sul misterioso legame  di una gioia chiamata a farsi largo tra i percorsi difficili  e ineffabili della conversione e della penitenza.

La Quaresima,  cammino - un necessario cammino - verso la Pasqua di Resurrezione, è paradigma di un'altra attesa, segnata dall'anno dedicato a Dio Padre, di un pellegrinaggio - un necessario pellegrinaggio - già in atto verso la Porta Santa dell'anno 2000.

L'attesa e il cammino sono termini che più di ogni altro identificano il Grande Giubileo: c'è il profilo sempre più nitido della Porta Santa, come meta già presente ai primi passi del pellegrinaggio; e la ricchezza dei passi già compiuti che non potranno andare dispersi.

Il viatico dei quaranta giorni che precedono la Pasqua, e il cammino - il pellegrinaggio - verso il Grande Giubileo, se sono autentici, lasciano infatti le inconfondibili orme di una spiritualità vissuta e incarnata nella vita e nella realtà di ogni giorno. Una spiritualità che fa vedere più a fondo anche nelle cose concrete, che rende più ampi, allo stesso modo, obiettivi ed orizzonti.

E' sempre da questo versante che va inquadrato ogni discorso sulle cose concrete che ruotano intorno al Grande Giubileo.

Man  mano che ci si avvicina alla Porta Santa si fa certo più pressante anche l'impegno organizzativo. Non è un aspetto da trascurare. Invitiamo i pellegrini a nome del Santo Padre, e abbiamo il dovere di accogliere degnamente ogni nostro fratello. Far vivere  fino in fondo, e nelle migliori condizioni possibili, lo spirito dell'Anno Santo non è soltanto un impegno della sfera organizzativa.

Eppure - è questo che mi preme affermare, e non c'è tempo più indicato per farlo se non la Quaresima - il successo del Giubileo non potrà mai essere misurato attraverso il metro dell'efficienza organizzativa.

Non stiamo preparando una grande manifestazione. Ci stiamo preparando, invece, ad un grande evento che non riguarda solo i cristiani. Duemila anni fa Cristo è venuto ad abitare in mezzo a noi.

Duemila anni dopo siamo chiamati a rinnovare per tutto il mondo lo stupore e il grazie di quella venuta e a testimoniare la perenne attualità di quell'annuncio. Il Grande Giubileo è questo.

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