Jubilee 2000 Search
back
riga

In cammino verso il Padre

"JHWH Dio dei nostri padri"
Gianfranco Ravasi

«Â…“Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto”. Questo splendido versetto, il 10 del Salmo 27, che abbiamo già avuto occasione di citare, potrebbe essere quasi la sigla della fiducia in Dio Padre così come ce la presenta il Salterio, la seconda tappa della nostra ricerca per illustrare il rapporto d’amore paterno-filiale tra JHWH e il giusto. L’orante intuisce che gli stessi archetipi universali dell’amore, quelli paterni e materni, sono superati dall’amore infinito di Dio. Infatti, non si dichiara semplicemente la paternità o la maternità di Dio, ma si proclama la superiorità divina rispetto a questi due legami fondamentali. E’ interessante notare che questa intuizione affiorava già nell’antico Vicino Oriente.

Abbiamo già evocato il re mesopotamico Gudea di Lagash (2150-2130 a.C.) che si rivolgeva così alla sua divinità: “Io non ho madre, tu mi sei madre; io non ho padre, tu mi sei padre”. Anche nell’archivio egiziano di Tell-el-Amarna è emersa una lettera del re cananeo di Gerusalemme Abdiheba che affermava: “Né mio padre né mia madre mi hanno messo in questo posto”, riconoscendo implicitamente l’azione divina nel proprio destino.

E’ facile, però, passare ad altri testi biblici che esaltano la superiorità dell’amore divino rispetto a quello materno, pur considerato supremo: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne ti dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Isaia 49, 15); “Sii come un padre per gli orfani e come un marito per la loro madre, e sarai come un figlio dell’Altissimo ed egli ti amerà più di tua madre” (Siracide 4, 10). Significativa è anche una bella strofa dell’Inno IX di Qumran: “Fino alla canizie tu mi sosterrai, perché mio Padre non mi conobbe e mia madre mi abbandonò a te; giacché tu sei Padre per tutti i figli della tua verità, gioisci su di essi come una madre sul suo lattante e come una madre su colui che tiene sul grembo”.

Un altro Salmo che potremmo considerare come emblematico per illustrare la paternità divina nel Salterio è il 103, che sembra quasi un’anticipazione del giovanneo “Dio è amore”. Amato dal giudaismo, che l’ha inserito nella liturgia del Kippur, la solennità dell’Espiazione, a causa del tema del perdono, rielaborato poeticamente da Tommaseo e da Claudel, integrato da Péguy nel suo Portico del mistero della seconda virtù, caro a Rosmini, questa perla del Salterio è contemporaneamente benedizione, inno, ringraziamento, meditazione sulla fragilità umana. Ma al centro ha il volto del Signore tratteggiato come padre tenero e misericordioso...».

top